David di Donatello 2024: proteste, gaffe e uno show da ripensare

martedì 7 maggio 2024


La serata di premiazione dei David di Donatello è uno spettacolo da ripensare. Radicalmente. Lo conferma l’esito della 69ª edizione. La “notte degli Oscar italiani” condotta su Rai 1 da Carlo Conti e Alessia Marcuzzi è stata un disastro televisivo. Al Teatro 5 di Cinecittà, tempio del grande Federico Fellini, è andata in scena un’idea d’intrattenimento scritta e strutturata male. A partire dal famigerato “red carpet” governato dalle domande sconcertanti di Fabrizio Biggio. Il presunto comico ha dato il via a uno stacchetto animato da un gruppo di ballerini vestiti da David di Donatello che hanno danzato attorno a ogni artista della cinquina candidata al Premio per il Miglior film. Il risultato ha lasciato i registi e gli attori visibilmente imbarazzati. È andata peggio alle categorie cosiddette “tecniche”: scenografi, arredatori, costumisti, autori della fotografia, montatori, tecnici del suono, effetti visivi, truccatori e acconciatori. A differenza degli altri, i loro premi sono stati consegnati in un luogo diverso dalla sala centrale, gremita di artisti e addetti ai lavori.

In particolare, ha destato sconcerto il Premio per i Migliori costumi assegnato sotto una scala. Una scelta che ha infastidito il vincitore, Sergio Ballo, che insieme a Daria Calvelli ha ricevuto il David di Donatello per Rapito, il bellissimo film di Marco Bellocchio. Dopo l’esultanza iniziale, Ballo ha gettato per terra il soprabito e ha preso la parola, andando ben oltre i 45 secondi concessi. “Questa statuetta la taglieremo in due”, ha ironizzato. “Che tirchieria, potevate darcene due visto che siamo in due a vincere. Sono molto arrabbiato. Ci avete messo qua sulle scale come Wanda Osiris, mentre avremmo preferito condividere la sala con i colleghi. Purtroppo”, ha aggiunto, “il nostro lavoro viene visto come il lavoro delle vetriniste e delle domestiche”. Dopo l’intervento, la replica di Carlo Conti è parsa una difesa d’ufficio: “Aver portato alcune categorie in alcuni spazi speciali ci sembrava una ricchezza, non una diminutio”. Ma le polemiche non si sono placate. Infatti, in una nota congiunta i presidenti delle associazioni di scenografi, arredatori, costumisti, autori della fotografia, montatori, tecnici del suono, effetti visivi, truccatori e acconciatori si sono detti “rammaricati all’indomani della cerimonia di premiazione della 69ª edizione dei David di Donatello. Quella che avrebbe dovuto essere come sempre una festa per tutto il mondo del cinema, trasmessa in diretta su Rai 1 dal glorioso Teatro 5 di Cinecittà, è stata infatti compromessa dall’infausta decisione di premiare le categorie cosiddette tecniche nel Teatro 14 e nel Teatro 18. Ci siamo sempre sentiti supportati e valorizzati dall’Accademia del cinema italiano, attenta come è stata a venire incontro alle specificità delle nostre professioni, tra le più premiate a livello internazionale anche grazie all’impegno costantemente profuso dai David per far conoscere le nostre competenze in Italia e all’estero”.

Lo show televisivo va ripensato totalmente. Se l’idea di fondo è quella di scimmiottare gli Oscar, allora va perseguita. Pedissequamente. Il copione deve essere ferreo. I registi incaricati dall’Academy Award non ammettono lungaggini e domande inutili dei conduttori. Perché i premiati sono sacri e vanno rispettati. Non mortificati. Oltretutto, solo così possono essere evitate penose gaffe come quella in cui è incorsa Alessia Marcuzzi. Infatti, nel corso dell’assegnazione del Premio alla carriera alla straordinaria Milena Vukotic, la conduttrice ha detto di avere letto che un regista, agli inizi della sua carriera, le disse: “Per fare l’attrice bisogna essere belle come Gina Lollobrigida e carismatiche come Anna Magnani e lei non è né l’una, né l’altra. Quindi non farà mai questo lavoro”. Marcuzzi ha preferito non fare il nome del regista. Ma Milena Vukotic ha esclamato: “E questo regista era Renato Castellani. Quando mi ha invitato a fare una bellissima parte nel suo film sulla vita di Verdi, non gliel’ho ricordato”. Da qui, la gaffe di Alessia Marcuzzi: “Glielo abbiamo ricordato adesso”. Renato Castellani è morto nel 1985.


di Eugenio De Bartolis