“L’Estate di Cléo”: figli esotici

venerdì 15 marzo 2024


Che ci fa una bambina piccola in mezzo al mare? A volte, si è diversamente profughi, nel senso che si va con il timone orientato al contrario verso un orizzonte lontano, a partire da un luogo fisico e sicuro di nascita, perché laggiù brilla l’affetto grande di una madre esotica, surrogato profondo e vero di quella naturale. Proprio di tutto questo parla l’interessante film (con una componente autobiografica) L’Estate di Cléo, che sarà nelle sale italiane dal 21 marzo, diretto dalla regista francese Marie Amachoukeli-Barsacq. Interpreti principali sono Ilça Moreno Zego (Gloria, la tata capoverdiana), Louise Mauroy-Panzani (una straordinaria Cléo), Abnara Gomes Varela (Fernanda, la figlia maggiore di Gloria), Fredy Gomes Tavares (César, il figlio minore e ribelle di Gloria) e Arnaud Rebotini, il padre di Cléo, rimasto precocemente vedovo con una bambina piccola da accudire. Ed è proprio Arnaud a scegliere come tuttofare Gloria, per occuparsi della gestione della casa e seguire da vicino sua figlia, una deliziosa bambina miope di sei anni con i dentini in ricrescita. La regia gioca costantemente, quasi con esasperazione, i primi piani magnificati fino ai minimi dettagli dei volti e dei corpi, per descrivere i momenti di grande tenerezza dell’accudimento amorevole e disinteressato di Gloria verso la bambina, che sente “diversamente” figlia. In questo caso, l’intensità dei suoi gesti di tata è sempre carica di emozioni e nostalgia, avendo Gloria dovuto cercare lavoro all’estero molti anni prima (come accade in Francia e nel resto d’Europa per la maggior parte degli immigrati), e lasciare così a Capo Verde i suoi due figli piccoli, Nanda e Cèsar, affidandoli alle cure dell’anziana madre. Il tutto per realizzare i suoi sogni di espatriata pro-tempore, ovvero di mettere da parte denaro sufficiente a realizzare il suo progetto capoverdiano di costruire un piccolo albergo per turisti.

Abituata a crescere nel berceau caldo e accogliente del seno generoso di Gloria, sempre pronta ad abbracciare e consolare la sua bambina, Cléo deve all’improvviso confrontarsi con il dramma dell’immigrazione a tempo. Questo perché, a seguito della morte improvvisa della propria anziana madre, Gloria viene inesorabilmente chiamata a fare ritorno definitivo a Capo Verde, sua terra natale, per dare sepoltura rituale alla madre e, finalmente, a occuparsi a tempo pieno dei suoi due figli, con Nanda che sta per avere un bambino. Nelle fasi topiche, il film sovrabbonda di inserti animati, ispirati ai disegni dei bambini e alla loro ingenua descrizione di piccoli e grandi drammi e traumi interiori. Questi ultimi, esaltati da una musica di accompagnamento generosa nelle note alte, sono sempre descritti da ampi campi di colore intenso, estremamente mobili e fluttuanti, ora come immense onde marine, ora come terribili fiamme generate dall’eruzione di un vulcano, mentre le immagini antromorfiche restano costantemente faceless. Su proposta della stessa Gloria, che intuisce benissimo il dramma dell’inaccettabile distacco vissuto dalla bambina perennemente in lacrime, già rimasta precocemente orfana di madre per un tumore, Arnaud accetta di inviarle Cléo a Capo Verde, per vivere un’estate di vacanze con lei, che si suppone assolutamente eccezionale.

E così avviene, in effetti, in situazioni che miscelano con grande sapienza le due correnti linguistiche, per parlarsi con la semplice mediazione dei toni, dei gesti e delle posture. Con altrettanti traumi aggiuntivi, però. Il primo, piuttosto essenziale, è quello di dover fronteggiare l’impatto psicologico, da parte di una bambina così piccola, dell’ostilità aperta che César mostra nei suoi confronti, ritenendo da un lato la piccola intrusa come vera usurpatrice dell’affetto materno che a lui è stato a lungo negato, mentre dall’altro la costringe ad assistere sgomenta ai suoi atteggiamenti sprezzanti, derivati dal suo astio verso la propria madre, Gloria, colpevole di averlo abbandonato alle cure della sorella maggiore e della nonna. Senza i genitori, infatti, César ha avuto modo di esaltare la sua natura selvaggia da isolano, esercitandosi quotidianamente con un gruppo di pari, per sfide fisiche come gettarsi in mare da un’alta scogliera per una gara a chi approda prima a riva sui grandi massi scivolosi; o giocare interminabili sfide a pallone nel caldo torrido delle stagioni ventose. L’altra componente di fortissima attrazione, è il rapporto malsano che a sua volta gioca la gelosia di Cléo, simmetrica rispetto a quella di César verso la sua piccola ospite sgradita, nei confronti del nipotino appena nato di Gloria, malgrado la grande dolcezza di Fernanda e di sua madre, che accudiscono entrambe la bambina con l’affetto ineguagliabile e impagabile delle donne adulte. E sarà proprio la bimba, con un gesto di sfida prematura e incosciente alla morte, a far virare nel senso giusto tutti i rapporti umani e affettivi che la riguardano da vicino. Un bel film, insomma.

Voto: 8/10


di Maurizio Bonanni