“Genius: MLK/X”, la serie che racconta uno storico confronto

giovedì 14 marzo 2024


L’incontro tra Martin Luther King Jr. e Malcolm X è avvenuto a Washington, il 26 marzo 1964. È l’unico, breve, confronto tra i due attivisti. Una manciata di minuti, una stretta di mano, un breve dialogo tra i due grandi leader afroamericani, accerchiati dai flash e dai taccuini dei giornalisti. Si trovano entrambi al Senato per ascoltare il dibattito sulla legge per i diritti civili proposta da John Fitzgerald Kennedy, poi sostenuta dal suo successore alla Casa Bianca, Lyndon Johnson. Prende il via da questo evento storico la serie Genius: Mlk/X, disponibile da ieri su Disney+. La nuova stagione della serie antologica prodotta da National Geographic (le prime tre erano dedicate ad Albert Einstein, Pablo Picasso e Aretha Franklin) torna poi indietro, per ripercorrere gli anni della loro formazione, tra padri forti e discriminazioni sistemiche.

Interpretati da Kelvin Harrison Jr. (12 anni schiavo, Il processo ai Chicago 7) e dal britannico Aaron Pierre (La ferrovia sotterranea), i due leader vengono raccontati in parallelo non solo come figure pubbliche, ma anche come figli, amici, mariti, padri e fratelli. Aiutano ad andare a fondo anche le mogli, portate sullo schermo da Weruche Opia nel ruolo di Coretta Scott King e da Jayme Lawson in quello di Betty Shabazz. I due uomini, il pastore King Jr. e il leader della Nazione dell’Islam, pur così diversi e distanti nell’ideologia, si rivelano in otto puntate potenti e commoventi, proprio come hanno parlato ai giovani attori che li interpretano.

“Quando mi hanno proposto di interpretare Martin Luther King Jr. – ammette Harrison – ho avuto paura. Ho letto il primo episodio e non riuscivo a smettere di piangere. Era come se fosse la prima volta che mi avvicinavo tanto a lui. Lo veneravo, lo rispettavo da sempre. Ma non mi ero mai seduto a tavola con lui. Vederlo da un punto di vista così intimo mi ha sovraccaricato di emozione. Ho chiamato i produttori dicendo: Non ce la faccio, è troppo. È proprio questa emozione che cerchiamo – mi hanno risposto – non vogliamo mettere in scena il leader, ma il percorso che lo ha portato a essere un leader”. Pierre concorda: “È stato lo stesso per me. In fin dei conti, questo è il senso della serie: anche se non sei affatto sicuro di arrivare fino in fondo, mettiti a camminare nella direzione che consideri giusta. È quello che hanno fatto loro sessant’anni fa. Dobbiamo continuare a farlo anche noi”.

(*) Foto di Richard DuCree (National Geographic).


di Eugenio De Bartolis