mercoledì 13 marzo 2024
Sono tante le opere letterarie e filosofiche con cui è stata delineata e colta la differenza tra l’Occidente cristiano e l’Oriente islamico. Appartiene al novero di queste opere il libro di cui è autore il grande scrittore turco Premio Nobel per la letteratura nel 2006, Orhan Pamuk, intitolato Il mio nome è Rosso (titolo originale Benim Adım Kırmızı), da poco riproposto all’attenzione dei lettori dalla casa editrice Einaudi. In un suo saggio, Pietro Citati ha definito questo libro una superba costruzione intellettuale e letteraria, che deriva dai testi persiani di Firdusi, autore del Libro dei re, e dal libro intitolato Quintetto di cui è autore Nizami. La narrazione si apre con l’immagine di un uomo, un miniaturista di nome Raffinato Effendi, che è stato ucciso. Con il corpo precipitato in fondo a un pozzo, la vittima si interroga su come l’anima si distacca dal suo corpo e dalla sua sporcizia. Raffinato Effendi, che stava lavorando con altri miniaturisti alla illustrazione di un libro segreto, voluto dal sultano, si chiede per quale motivo sia stato ucciso. Nero ritorna a Istanbul. Dopo oltre dodici anni ha percorso le strade e le montagne della Persia, innevate dalla neve, per consegnare lettere e riscuotere tributi.
Non ha mai dimenticato la donna di cui si è innamorato da giovane, la bella ed affascinante Seküre. Nero, adesso, ha il compito di reclutare i maestri della miniatura per illustrare i nuovi libri, che avevano abbandonato Istanbul a causa delle guerre e di altri vicissitudini. Ad Istanbul, in questo periodo di amoralità e di crisi economica, in cui si commettevano furti ed omicidi, era divenuto celebre un predicatore, il cui nome era Nusret, che teneva i suoi sermoni nella Moschea di Beyazit, esortando i fedeli a non allontanarsi dagli insegnamenti e dalle prescrizioni del profeta Maometto. Nel libro, la narrazione è singolare poiché Pamuk, seguendo la regola dei punti di vista, propria del genere del romanzo, affida ai vari personaggi la versione di fatti e degli accadimenti al centro della sua avvincente narrazione. L’assassino di Raffnato Effendi, ammette le sue responsabilità e dichiara di avere dovuto uccidere il miniaturista, per impedire che le calunnie minacciassero e mettessero in pericolo tutta la comunità dei miniaturisti. A notte fonda Nero viene colpito dalla luce meravigliosa che illumina i vicoli di Istanbul e cala in modo sorprendente sulle cupole delle moschee e rende possibile la visione del Corno d’oro, un paesaggio magico pervaso da una atmosfera di mistero.
Behzat, un maestro della miniatura, ha disegnato Sirin che si innamora di Cosroe, vedendone appeso il ritratto ad un ramo di un albero. Quando da una finestra, dopo molti anni, Nero rivede il volto dolcissimo di Seküre, vive e prova la stessa emozione sperimentata da Sirin. Questo dimostra che per duecento cinquanta anni, a Kazvin, e grazie ai maestri persiani di Herat, la decorazione di libri, la calligrafia, e la miniatura erano le arti più stimate ed amate. Nero è tormentato a causa della sua passione per Seküre, che durante la sua assenza si era sposata, aveva avuto due figli, ed era rimasta lontano dal marito, non ritornato a Istanbul dopo avere partecipato ad una guerra. Per il suo compito, Nero si reca a casa di Zio Effendi, il maestro miniaturista a cui il sultano ha affidato il compito di illustrare e decorare il libro segreto. Zio Effendi, per le sue attività diplomatiche, in passato aveva potuto contemplare ed osservare i ritratti a Venezia, realizzati dai maestri europei, cogliendo il valore della prospettiva e la capacità di ritrarre dal vero i personaggi al centro di questi dipinti.
Per Zio Effendi, il disegno è la fioritura a colori della storia. Zio Effendi, che rappresenta una scuola di miniaturisti attenti alle innovazioni dei maestri Europei, ed è l’avversario di Maestro Osman, custode della ortodossia dell’arte della miniatura tradizionale, conversando con Nero nota che il disegno deve con la immagine sublime della bellezza evocare il miracolo della vita, il mistero dell’amore, il rispetto per i colori dell’universo creato da Allah, la forza del pensiero interiore e della fede. Per Zio Effendi, non è importante la firma della miniatura realizzata, poiché lo stile è un difetto, e bisogna disegnare il mondo come è stato visto e creato da Allah. Il disegno è poesia, e non vi è alcuna differenza tra la parola poetica e l’immagine creata dall’artista. Zio Effendi è consapevole del risentimento che maestro Osman nutre nei suoi riguardi, visto che il sultano gli ha affidato il compito di realizzare il libro segreto, che dovrà consistere in una serie di disegni al centro dei quali vi sia il ritratto del sultano, realizzato secondo i metodi dei maestri europei.
Questa differenza di impostazione tra Zio Effendi e Maestro Osman, dimostra come il primo è sensibile all’arte occidentale, mentre il secondo, temendo la fine della miniatura tradizionale, è ad essa ostile ed avverso. Esther è la donna che vende corredi e tiene i rapporti tra Nero e la bella Seküre. Nero scrive lettere in cui confessa con immagini poetiche, belle e profonde, il suo sentimento a Seküre. Zio Effendi, per completare il libro segreto, nel suo studio riceve i maestri miniaturisti. Uno di questi, la cui identità rimane ignota, con lui ha un dialogo aspro, nel corso del quale accusa Zio Effendi di stare componendo un libro che si fa beffe del nostro sultano, incoraggia l’ateismo, è palesemente contro la religione e imita in modo sfacciato i metodi dei maestri europei. Zio Effendi, che guarda con favore alla nuova pittura europea basata sul ritratto e sulla prospettiva, senza scomporsi dichiara che la miniatura prediletta da maestro Osman, ed ispirata agli antichi maestri di Herat, non ha futuro. Zio Effendi, prima di essere ucciso, apprende chi è l’autore dell’assassino di Raffinato Effendi.
Dopo il delitto, Seküre, in preda alla disperazione inconsolabile, scopre il padre privo di vita nel suo studio. Seküre nasconde l’assassinio di suo padre e chiede a Nero di rivolgersi al Cadì, il magistrato che si occupava di queste questioni nella antica Istanbul, per ottenere l’annullamento del suo precedente matrimonio, visto che il suo precedente marito era scomparso da oltre quattro anni. Il cognato di Seküre, Hasan, che è innamorato di lei, non vuole e si oppone al fatto che possa sposare un altro uomo. Nel libro, la cerimonia del matrimonio, e quella del funerale di Zio Effendi, sono descritte in modo magistrale e mostrano i riti religiosi osservati nella antica Istanbul. Il sultano, visto che l’assassino si è impossessato dell’ultimo disegno del libro segreto, vuole che sia individuato il responsabile dei due delitti. Per questo fa prima torturare Nero, ed inseguito consente a lui e a Maestro Osman l’ingresso nel suo tesoro privato, perché attraverso la visione dei libri custoditi in esso, riescano a risalire alla identità di chi aveva disegnato l’immagine del cavallo presente nei disegni che Zio Effendi stava raccogliendo per la composizione del libro segreto.
In una parte del libro, e questo è un capitolo di grande letteratura, Satana in persona racconta di non aver voluto genuflettersi di fronte all’uomo, perché è stato creato dal fango. Si chiede come mai l’uomo, che pure ha ricevuto il dono della coscienza, non riesca a evitare di commettere il male. Nero, con i maestri miniaturisti, come farfalla e cicogna, i soprannomi con cui erano designati, in un convento derviscio scoprirà il responsabile dei due delitti. Il libro è straordinario, poiché è insieme un giallo, un romanzo storico, e contiene una meditazione intellettuale intorno al rapporto tra l’antica arte della miniatura, di cui furono maestri gli artisti di Herat, e la pittura rinascimentale. Un capolavoro letterario, che conferma che Orhan Pamuk è una figura centrale della cultura del nostro tempo.
(*) Il mio nome è Rosso di Orhan Pamuk, Einaudi 2014, 456 pagine, 15 euro
di Giuseppe Talarico