venerdì 23 febbraio 2024
Pochi mesi fa – settembre 2023 – il calendario segna i 30 anni dall’uscita di In Utero, terza e ultima fatica in studio dei Nirvana. Ovvero un lavoro che arriva dopo il successo di Nevermind, ma soprattutto un album dove il suono grezzo non fa altro che dichiarare al mondo l’essenza originaria della band (Kurt Cobain, voce e chitarra; Dave Grohl, batteria; Krist Novoselic, basso e fisarmonica; Pat Smear, chitarra e cori). Il 5 aprile 2024 sarà un altro trentennale, quello della morte di Cobain (originario di Aberdeen, nello Stato di Washington e deceduto nel 1994 a Seattle, a 27 anni; il cadavere rinvenuto in casa, gli esami autoptici parleranno di un colpo di fucile alla testa; l’ipotesi seguita sarà quella del gesto volontario. Un mese prima, a Roma, il coma dopo un mix di champagne e Roipnol). La città di Manchester, per l’occasione, ricorderà il frontman – icona della Generazione X – con un murale.
Ma chi era Kurt Cobain? Probabilmente uno dei simboli a cavallo tra fine anni Ottanta e inizi anni Novanta. La dipartita in un’età maledetta per il rock (nel novero degli artisti scomparsi appena 27enni ci sono, per esempio, Jim Morrison, Janice Joplin, Jimi Hendrix, per citarne alcuni) ne delinea il mito. Sicuramente Cobain, nonostante una vita breve e maledetta, è molto più di un poster affisso in cameretta. In lui si mescolano poliedricità, dolore, voglia di trovare un posto nel mondo, sensibilità. Nei testi delle canzoni dei Nirvana c’è il malessere interno di Kurt Cobain. Così come nei Diari (Oscar bestsellers Mondadori, traduzione di Nina Cannizzaro e Giuseppe Strazzeri, 288 pagine, 15 euro), dove il musicista – uno dei massimi esponenti del periodo grunge – sputa fuori i suoi tormenti. Il risultato è un’immagine sincera e al tempo stesso lacerante. Come questo passaggio: “Che lo si voglia ammettere o no, l’uso della droga è una fuga. Una persona può aver passato mesi, anni a cercare aiuto, ma il tempo che passi a cercare l’aiuto giusto non è nulla a confronto del numero di anni necessario a uscire completamente dalla droga. Tutti i tossicodipendenti che ho conosciuto hanno lottato per almeno 5 anni, e la maggior parte ci combatte per altre 15-25, finché non accetta di diventare schiavo di un’altra droga che è poi quasi una religione, ossia il programma di riabilitazione dei 12 passi. Se per te funziona, fallo. Se il tuo ego è troppo grande, parti dall’inizio e cerca aiuto psicologico. In entrambi i casi hai davanti a te circa 5-10 anni di guerra dura”.
Nelle 288 pagine c’è anche molto altro. Dove tutto è il contrario tutto. O forse è solo una cristallina lucidità che, chi si ferma alla sola superficie, non può vedere: “Non leggere il mio diario, quando non ci sono. Ok, adesso vado a lavorare. Quando ti svegli stamattina, leggi pure il mio diario. Fruga tra le mie cose e scopri come sono fatto”. Mentre intorno piove, “tutto fondamentalmente va bene” ed è “una gran noia”. Ma anche “aspettative talmente alte… aspirazioni talmente alte” eppure “l’infinito non esiste”, con i “barbiturici” e l’eroina che “ti fanno il solletico”.
Scrive Cobain: “I primi sette anni della mia vita sono stati straordinari, incredibili, realistici e di una gioia assolutamente colma di gratitudine. Essere positivi sempre è ignorare tutto ciò che è importante, sacro o di valore. Essere negativi sempre è essere minacciati dal proprio senso del ridicolo e dall’istantanea inaffidabilità. Tradurre le opinioni è una ricerca ovvia per la prova dell’intelligenza. L’abuso di parole descrittive ma oscure riflette la volontà disperata e sincera, per quanto idiota, di esprimersi”. Amen.
di Claudio Bellumori