martedì 13 febbraio 2024
C’era una volta l’università gremita di studenti, aule assalite da giovani universitari pronti ad ascoltare e far propri gli insegnamenti dei professori. Università dove la frequentazione e la diretta partecipazione ai singoli corsi rappresentava un quid plus per la preparazione allo studio dell’esame. Ma oggigiorno qual è il modello di università che si predilige? Non può negarsi come l’era digitale abbia inciso anche nel settore universitario grazie alla proliferazione di atenei telematici, dove la formazione a distanza assume un ruolo centrale. La digitalizzazione ha, infatti, mutato le prospettive del mondo universitario e in Italia, come confermato dai dati raccolti nel rapporto dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario (Anvur), i laureati crescono anche grazie alle università telematiche. Università che in dieci anni hanno visto quadruplicare le immatricolazioni, passando dai 40mila studenti iscritti nel 2012 ai 300mila negli ultimi anni, favorendo la riduzione delle diseguaglianze sociali.
All’accesso all’istruzione superiore è, con tale modalità, possibile senza che il singolo studente e la sua famiglia debba preoccuparsi del costo degli affitti, degli spostamenti e delle difficoltà legate ad eventuali impegni lavorativi. Ma le università digitali in parola devono osservare le medesime regolare degli atenei per così dire tradizionali? Sembrerebbe proprio di sì. Il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha espresso parere negativo all’emendamento presentato dalla Lega di Matteo Salvini al Milleproroghe, con il quale era stato richiesto di concedere un anno in più agli atenei telematici per uniformarsi agli standard di qualità sul rapporto studenti-docenti. Uno stop che accoglie le recenti istanze della Conferenza dei rettori che ha evidenziato la necessità di aumentare i docenti a tempo indeterminato nelle università telematiche in ragione della crescita esponenziale degli studenti iscritti (384,8 studenti per docente).
Un adeguamento che spaventa, come chiaramente espresso dal gruppo Multiversity, la società guidata dall’ad Fabio Vaccarono alla quale fanno capo Pegaso, San Raffaele e Universitas Mercatorum, le principali università leader nel mondo dell’istruzione telematica. Tuttavia, benché i più siano restii quando si parla di università telematiche, c’è chi ne apprezza i vantaggi. Il professor Alfonso Celotto, ad esempio, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre, vede nelle università telematiche “il futuro dell’istruzione terziaria”, e riconosce alle stesse – solo per il momento – un ruolo complementare rispetto alla formazione in presenza. Aggiungendo, inoltre, che appare illusorio “pensare che nelle università telematiche si debba avere lo stesso rapporto docenti-studenti che esiste in quelle convenzionali, essendo geneticamente diverse”. Il Governo, tuttavia, appare deciso e richiede proprio per garantire e tutelare una didattica di qualità il possesso in capo alle università telematiche di determinanti requisiti per loro l’accreditamento.
di Ilaria Cartigiano