La realtà in un ritratto

giovedì 1 febbraio 2024


Quando ho saputo della mostra di Giovan Battista Moroni allestita presso le Gallerie d’Italia a Milano, ho istintivamente pensato alla mia docente di storia dell’arte nell’ultimo anno di maturità. Stavamo studiando i pittori impressionisti e solo in una o due paginette si poteva vedere qualche dipinto di Silvestro Lega e altri macchiaioli (così in modo dispregiativo venivano indicati alcuni pittori realisti italiani); io rimanevo incantato da quelle scene di animali, contadini, soldati e dissi alla mia professoressa che, a mio parere, si trattava di capolavori, ma rimasi deluso dalla sua risposta perentoria: erano solo minori. Oggi, correttamente i macchiaioli si considerano grandi maestri, come si ritiene un grande maestro il Moroni, anche lui poco noto almeno fino a qualche anno fa. Il mio primo incontro con le magnifiche tele di questo pittore lombardo del Sedicesimo secolo, precisamente di Albino (Bergamo) e dalla vita discreta e tranquilla, risale ai lontani anni Ottanta, quando, visitando la bella città di Bergamo, ho potuto ammirare l’Accademia Carrara, una ricca pinacoteca con dipinti che dal periodo medievale arrivano al Novecento. Sono esposte magnifiche tele della scuola lombarda del Cinquecento e un’intera sala è dedicata proprio al Moroni.

Mi ricordo che già allora rimasi colpito profondamente da stupendi ritratti di gentiluomini e gentildonne; l’abbigliamento, lo sguardo, le pose ben studiate, evidenziano la provenienza economica, sociale e culturale dei soggetti dipinti; si può affermare che si può quasi intrecciare un dialogo con loro e si riesce quasi a cogliere il carattere di queste donne e uomini che non provengono esclusivamente da ambienti nobiliari o religiosi, ma dalla borghesia produttiva con il culto del lavoro come mezzo di realizzazione nella vita. Queste figure ci comunicano molto del carattere dei lombardi, della loro compostezza e della loro operosità, in ultima analisi del loro modo di vivere, basato sulla concretezza, sul decoro, sull’essenzialità. Tutti questi elementi si ritrovano in particolare ne Il sarto, vero e proprio capolavoro della ritrattistica internazionale; a immagine intera, quasi uno scatto fotografico, il personaggio per un momento, forse attirato dal pittore, pare che interrompa le operazioni di taglio di un drappo. È un artigiano, ma è ritratto come un aristocratico del tempo. Nella minuziosa descrizione, il suo viso, la naturalezza dei gesti e la sua espressività, denotano equilibrio, dignità, autenticità. Molto interessante, poi, la presenza di tele del suo maestro e di altri pittori coevi all’interno della mostra, che evidenziano il percorso artistico del grande maestro. Questa mostra vale proprio un viaggio a Milano (fino al primo aprile).


di Antonino Di Natale