I cinquant’anni di “Happy Days”

lunedì 15 gennaio 2024


Una sitcom iconica. Happy Days oggi festeggia i cinquant’anni dal debutto. È martedì 15 gennaio 1974, quando sul network statunitense Abc va in onda il progetto televisivo di Garry Marshall. Un viaggio indietro nel tempo durato 11 stagioni (dal gennaio 1974 al 24 settembre 1984, per 255 puntate). Un universo perfetto, filtrato da humour, buoni sentimenti, colori pastello e dalla nostalgia di una Milwaukee anni Cinquanta. Il cast diventa memorabile: Ron Howard (poi regista e produttore da Oscar), interprete del bravo ragazzo protagonista Richie Cunningham; Henry Winkler (Artur “Fonzie” Fonzarelli), un ribelle in giacca di pelle, con ciuffo alla Elvis, simpatico e rassicurante, diventato un idolo popolare con il suo fascino cool e i suoi “Hey” a pollici alzati; uno stuolo di amici allegri e fedeli guidato da Donny Most (Ralph Malph), e Anson Williams (Potsie Weber), che si riuniscono nel mitico locale Arnold’s; incontri sorprendenti, come quello con un irresistibile alieno, Mork (Robin Williams, che conquista tanto il pubblico da ottenere una serie ad hoc, Mork & Mindy). E poi, i familiari di Richie: Marion Ross (Marion Cunningham), Tom Bosley (Howard Cunningham) ed Erin Moran (Joanie Cunningham). Infine: Pat Morita (Arnold), Al Molinaro (Al Delvecchio), Scott Baio (Chachi Arcola), Lynda Goodfriend (Lori Beth Allen), Cathy Silvers (Jenny Piccalo), Ted McGinley (Roger Phillips), Linda Purl (Ashley Pfister). Al centro delle storie (sbarcate in Italia solo nel dicembre 1977 su Rai 1), una famiglia serena e unita, i Cunningham, dove i contrasti durano il tempo di una puntata.

Dopo una falsa partenza con un primo pilot nel 1972 (allora Marshall pensa di chiamare la serie Cool) che non convince la Abc, quella del 1974 è la volta giusta. Il successo c’è da subito e non fa che crescere in modo esponenziale, fino a portare la sitcom a diventare un fenomeno mondiale, da poco celebrato anche dall’uscita in Italia del primo libro enciclopedico E la nostra storia – Tutto il mondo di Happy Days (Edizioni Minerva), firmato da Emilio Targia e Giuseppe Ganelli. “Happy Days è stato per me la quintessenza del successo televisivo” ha raccontato nella sua autobiografia, Garry Marshall, attore autore, regista e produttore, scomparso nel 2016, autore anche di spin-off da Happy Days come Mork e Mindy, Laverne e Shirley e Jenny e Chachi, oltre che firma di pregio di commedie e dramedy, da Pretty Woman a Paura d’amare. Con quella serie tivù “volevo raccontare storie di giovani, ma il nostro Paese era ancora in guerra. Come potevo creare una commedia sugli adolescenti con il Vietnam come sfondo? Decisi di andare in una direzione completamente diversa. Sono tornato agli anni Cinquanta, un’epoca che, almeno nella mia vita e nella mia mente, era molto meno complicata e politicamente più disimpegnata”. Il fatto che Happy Days “aiutasse a viaggiare in un’altra epoca ha catturato immediatamente l’attenzione della gente. C’è però anche chi con l’immagine ferma nel tempo di Happy Days si è riconciliato, come Ron Howard: “C’è stato un periodo – ha spiegato recentemente il regista a The Guardian – in cui me ne sono sentito un po’ minacciato. Ma, negli ultimi anni, ho imparato ad apprezzare il mio posto unico nella cultura pop”.


di Redazione