martedì 9 gennaio 2024
Dorotea ha vissuto a Bologna dal 1390 e muore il 1430. Altre fonti ipotizzano un periodo fra il 1360 e il 1436. È conosciuta anche come Dorotea Bocchi. Nel 1390 subentra al padre Giovanni di Bocchino Bocchi, residente nella cappella di San Niccolò degli Albari. Costui ha insegnato medicina, prevalentemente pratica, nello Studio felsineo. Alcune ricerche storiche identificano questo incarico come “cattedra di medicina”. Rimane certo che il subentro ne fa la prima donna in Europa con un simile incarico. Insegna per quaranta anni, o anche quarantasei secondo altre fonti, presso l’ateneo bolognese di medicina. La durata dell’incarico evidenzia il vasto gradimento per il suo insegnamento.
Sappiamo che è stata un’insegnante autorevole ma quasi nulla si conosce della sua vita. Esiste una sua citazione nel libro “Donne illustri” Giovanni Boccaccio. Per motivi cronologici si tratta di un’aggiunta apocrifa fra le molte effettuata da Giuseppe Betussi, curatore dell’opera tradotta dal latino in volgare.
Esistono tracce biografiche di suo padre da parte di un certo Francesco Serdonati che lo ricorda come Giovanni Bucco, bolognese, famoso come filosofo e insegnante. Egli “risulterebbe addottorato nel 1390 in un seicentesco catalogo di doctores di medicina e filosofia. Secondo la ricerca di Tommaso Duranti, Università di Bologna, Dipartimento di Storia Culture Civiltà, per periodi precedenti, è da considerare con estrema cautela. In questo caso riporta una data verosimile, poiché nel 1395 lo stesso Giovanni è attestato per la prima volta come membro del Collegio dottorale di medicina almeno dal 1398” (Duranti, “Il collegio dei dottori di medicina di Bologna: università, professioni e ruolo sociale in un organismo oligarchico della fine del medioevo.” Annali di storia delle università italiane XXI: 151-77. DOI: 10.17396/88312. 2017, 175).
Sempre secondo il ricercatore Duranti, la traccia che certifica l’attività di Dorotea, “è il breve medaglione che, nel 1596, le dedicò il fiorentino Francesco Serdonati, docente di grammatica e poligrafo (Benucci 2017, 79), nella sua addizione alla versione in volgare dell’opera di Boccaccio. Essendo la prima testimonianza nota, merita riportarla per esteso: “Dorotea Bucca bolognese. Giovanni Bucco Bolognese Filosofo, e Medico di gran fama hebbe una figliuola nomata Dorotea, la quale s’esercitò parimente nelle lettere, e fece tal profitto, che ancor essa meritò di conseguire l’insegne del Dottorato nello studio di Bologna nella scienza di Filosofia, e poco appresso hebbe una pubblica lettura in quel nobilissimo studio l’anno 1436, come ancora oggi appare nella camera di Bologna al campione de lettori stipendiati, ed esercitò molti anni tale uficio con suo grande onore, e con sodisfazione di tutta la Città, e a udir lei concorreano molti scolari d’ogni nazione, cosa veramente rara, e degna d’esser notata, e ammirata (Serdonati 1596, 578)”.
Il padre incoraggia la figlia a studiare avendone intuito le capacità. Con la lettura di una sua relazione Dorotea ottiene un grande successo personale che le consentirà di succedere alla cattedra del padre come “lettrice stipendiata” per la somma di cento lire, altissima per l’epoca. Una pubblicazione del Senato della Repubblica “Storie di ingegno”, a pagina dieci individua Bettisia Gozzadini come (forse) prima docente universitaria al mondo, con tanto di cattedra ottenuta dopo un certo tempo dal suo insegnamento in casa propria. Ma Dorotea ha comunque il merito di aver per prima aperto in Europa alle donne il campo di studi scientifici.
È ascoltata da numerosi scolari che vengono da tutta l’Europa. Riceve il rispetto dei colleghi e degli allievi. La sua crescita intellettuale e professionale si realizza in un ambiente favorevole dove non sono presenti tracce di conflittualità con gli uomini né persecuzioni o condanne, come è accaduto per molte donne prima di lei.
Muore quasi ottantenne con la totale benevolenza degli studenti e della cittadinanza.
di Manlio Lo Presti