Visioni. “The Killer”, il racconto di un uomo senza qualità

venerdì 15 dicembre 2023


The Killer, il dodicesimo film di David Fincher, è il racconto ossessivo di un assassino per vocazione e per mestiere. Il sicario, che nel lungometraggio targato Netflix ha il volto scavato e magnetico di Michael Fassbender, è un uomo metodico, fedele ai propri rituali. Ripete a sé stesso, ossessivamente, di “attenersi al piano”. E ancora: “Anticipa, non improvvisare. Non fidarti di nessuno. Non cedere mai un vantaggio. Combatti solo le battaglie per cui sei pagato”. Il 46enne attore irlandese, con cittadinanza tedesca, aderisce pienamente al personaggio nato dall’adattamento dell’omonima graphic novel di Alexis Nolent e Luc Jacamon. L’interprete offre una prova mimetica di furore glaciale, riuscendo a raccontarci, con distacco, la paura del suo personaggio. Un terrore assoluto per l’imprevisto, l’errore, l’eccezione. Dopo aver raccontato i serial killer nei film Seven, Zodiac e nella serie tivù Mindhunter, Fincher decide di assumere completamente il punto di vista del sicario. The Killer, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, segna il ritorno del regista statunitense al racconto criminale. Fincher, dopo la parentesi sul mondo del cinema di Mank, mostra una nuova prospettiva sulla freddezza della morte.

Il sicario interpretato da Fassbender non deve dipanare una matassa narrativa intricata, piena di suspense e colpi di scena. Il dramma, filosofico, è tutto interno al personaggio. La storia è molto lineare. Quasi ordinaria, per non dire banale. Un killer deve uccidere un uomo su commissione. Ma la sua meticolosa preparazione al delitto non gli consente di sfuggire al fallimento. L’errore è inevitabilmente foriero di conseguenze. Così, l’uomo dal colpo infallibile si trova a sfidare i propri committenti. In un racconto di vendetta. Perché il cliente, come gesto di ritorsione, è responsabile della quasi uccisone della compagna del killer. Un fatto che agisce da detonatore della storia. Il film si trasforma in una caccia all’uomo il cui esito appare solo in apparenza scontato. Fincher prova a raccontare un uomo lontano dai luoghi comuni, concentrandosi sui pensieri e i gesti del sicario. L’assassino senza nome è anche un uomo senza qualità che prova a restare invisibile e anonimo. Che segue, con attenzione, ogni movimento: l’attività fisica, l’acquisto del cibo, la distruzione di numerosi telefoni, il riposo. Ogni azione è programmata, pianificata, definita nel dettaglio. Fincher, con The Killer opera sulla dicotomia tra realtà e soggettività. Tuttavia, la voce fuori campo del protagonista, un’evidente eredità della graphic novel, appesantisce la prima parte del racconto. La rende tediosa. A tratti, insostenibilmente verbosa. Quando il sicario fallisce l’obiettivo la narrazione trova una sua catarsi. Un’esplosione che si trasforma il racconto in movimento. Azione. Fatto. Ma è troppo tardi. La narrazione ha perso smalto.


di Andrea Di Falco