martedì 28 novembre 2023
Il pensiero è la capacità di espressione di un individuo correlato alla sua appartenenza ambientale, è una elaborazione direzionata di input sensibili e dialogici che permette la comprensione. È la ragione per cui un essere viene definito tale. Si pensi a Cartesio e al suo cogito ergo sum, che esplica come dal pensiero si possa inferire la stessa essenza, il fatto di esistere. La mente, invece, è la culla del pensiero, è la sorgente primigenia da cui derivano tutti i pensieri, sorgente produttiva di moltitudini di forme, immagini e parole che permettono all’individuo di muoversi attraverso sé stesso e il mondo. Non è un caso che sia oggetto di studio da sempre, e che il logos permei la metafisica e a volte l’esoterismo. La fonte fisica del pensiero è il cervello, computer biochimico.
Tutt’altra ragione di analisi sono la psiche, la coscienza. Cosa è veramente la coscienza? La coscienza in quanto presenza e spazio mentale preesistente a ogni forma di pensiero è oggetto attuale di studi. Lo è sempre stata, dalla scienza ma anche dalle moltitudini di religioni rivelate che hanno provato a darne un senso in chiave di appartenenza al divino, ragioni d’esistenza altre rispetto alla normale osservazione, che è il moto conduttore della scienza da Galileo in poi. Attualmente, alcuni autori di grosso rilievo nel panorama scientifico stanno provando a dare corpo a uno studio reale e metodico della coscienza. Da Roger Penrose a Federico Faggin (che da fisico visionario vola da Isola Vicentina a Palo Alto per progettare il primo microprocessore commerciale), la risposta sembrerebbe trovarsi nei reami della fisica quantistica, dove le variabili causali che governano il mondo fisico cessano di esistere come tali. Nel mondo quantistico le possibilità aumentano di gran lunga; non è un caso, se si vuole stabilire la possibilità di libero arbitrio, o almeno una porzione. La coscienza potrebbe non essere fisica, ma bensì un campo e secondo Federico Faggin, come spiega nel suo libro Irriducibile, questo campo permea l’universo come variabile fondamentale, da cui si formano le coscienze relative che non sono altro che punti d’osservazione diversi, unità che derivano e appartengono a un’unica fonte originale.
Dall’uno, le moltitudini. È una metafora dell’universo: dal Big bang, un unico evento, si genera un universo in cui le entità e oggetti sono praticamente infinite, da quelli osservabili a quelli non. In pratica, l’universo stesso ha coscienza e questa coscienza siamo noi. L’universo ha una mente che osserva sé stessa, fa introspezione, si comprende e assume consapevolezza delle sue strutture e del suo funzionamento. Ad oggi, non ci sono definitive teorie accreditate dalla comunità scientifica sulla coscienza in quanto tale, ma la strada sembra essere oramai delineata. Una scienza della coscienza, la risposta definitiva a chi siamo veramente.
di Simone Fragasso