Aristocrazia dello spirito e lo schiavo robot

mercoledì 15 novembre 2023


La civiltà greca, la civiltà classica, mondiale ed europea, sta alla base della nostra civiltà. Lotte delle principali città, Atene, Sparta, Tebe, i loro alleati, per la supremazia e con altri paesi, la Persia e dopo la Macedonia e poi Roma: la Grecia decade. La civiltà greca si attenua, significa dire che quanto viene nei secoli successivi al periodo classico pervade comunque l’Occidente, sempre, anche quando il cristianesimo si diffuse. Al finire del IV secolo a.C. la Grecia è sottomessa ai macedoni, e avviene un evento collaterale: Alessandro, il macedone, Alessandro Magno diffonde la cultura greca in Oriente, nello stesso tempo diffonde l’Oriente nella cultura greca. Per noi è rilevante l’apporto orientale nella Grecia classica, perché ne abbiamo conservato le risultanze.

Non sparisce la cultura classica ma riceve apporti, dicevo, orientali. Si perde la solennità del mondo classico, un mondo sacrale, possente, quasi privo di movimento, statuario, devoto al bello sereno, fermato, forse o di certo la più colma civiltà che l’umanità abbia manifestato, all’insegna del nobile, del superiore, del supremo. Il mondo ellenistico che ne deriva, l’epoca alessandrina, non che rinunci alla classicità ma è più agile, leggera, mossa, meno solenne, non immobilizzata nella sacralità, i corpi fanno qualcosa di specifico, tuttavia di elevatissima qualità rappresentativa. Il mondo classico greco non raffigurava particolari nel campo ad esempio della scultura, la figura era se non rigida al modo egiziano, ferma, non in un particolare atteggiamento, o quando accadeva era come incisa nella fissità, non un dettaglio ma l’essenza, universale e personale ebbero allora inscindibilità, la soggettività era connotativa e totale.

Nessun’altra epoca in nessun luogo compendiò il singolo con la pienezza umana come i greci dell’epoca classica. La soggettività limitata al soggetto, la soggettività del singolo e solo del singolo è fermento ellenistico, sia detto con cautela, non vi è una spaccatura, ma vi è una separazione tra classicità ed ellenismo, è una delle grandi modificazioni, il movimento, il particolare. Quanto annotato, da considerare cautamente ripeto, però il mondo ellenistico è pieghettato, legato ad eventi specifici, dico nella scultura, nelle raffigurazioni, si perde l’epica, si perde la tragedia, sfioriscono i miti, ma esiste tale mutamento di epoca. L’uomo greco perde l’idea di rappresentare l’uomo essenziale, la soggettività umana totalizzata in sé, il singolo e il tutto umano. Una scomposizione che non tornerà neanche nel Rinascimento, il paradiso perduto, il rimpianto inconsolato dell’Occidente, tutti i supremi uomini del nostro continente si volgeranno al mondo classico come il bambino al sorriso materno. Una scultura greca di quel tempo è l’eternità in un singolo, la totalità umana in un soggetto, mai più avverrà questa unità, con l’ellenismo e dopo l’ellenismo entriamo nella soggettività come individuazione singolare del singolo.

Leonardo da Vinci nella Gioconda volle ricomporre il singolare con l’universale, quella donna con la donna, anche Michelangelo tentò con il David, quel giovane ed il giovane, e la Pietà Rondanini, quella madre e la madre, e fu imitazione dei greci, appunto, Leonardo fece di suo, la Gioconda è veramente soggettiva ed universale femminile, per questo “segreto” non cosciente dai molti però esistente, trae. Però al cospetto dei greci, l’epoca della pienezza umana, il singolo totale, il singolo come essenza dell’uomo umano restando singolo! Mai più!

Nella civiltà classica imperava lo spirito aristocratico ed il culto degli eroi. La ricchezza era un mezzo, chi lo proponeva come fine, spregiatissimo. Non che in passato ci fossero più eroi epoche venture, ma l’eroe veniva esaltato a scopo della società, non società quale ammasso, insiemi. Un ceto risicatissimo suscitava la civiltà e la imponeva a livelli adeguati a sé. Tali uomini diventano spesso personaggi, eroici in guerra, in campo politico, artistico, e se provenivano dal “popolo” dovevano elevarsi, nessuna condiscendenza, non dall’alto al basso, ma dal basso all’alto.

L’incapacità non era giustificazione, nessuna idea di uguaglianza nel mondo antico, anzi disprezzo per chi non valeva. Certo, spesso chi non valeva non è che non valesse ma stava in condizioni di non poter valere. Questo il limite della civiltà classica, l’impossibilità di valere per molti, moltissimi: schiavi, poveri, ceti ghettizzati (caste). Pochi disponevano di molti, ne usavano il lavoro manuale, si volgevano al lavoro intellettuale. La scissione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale è il sale dell’antichità.

Schiavi, servi della glebe, paria hanno dato il piedistallo agli artisti, ai filosofi. Considerata il fulcro della derelizione da Karl Marx, il gioiello della civiltà da Nietzsche la spaccatura tra lavoro mentale e lavoro manuale decide la civiltà, per Marx con la ricomposizione, per Nietzsche con l’estrema divaricazione. Marx ritiene che con il volgere delle tecnologie all’automazione l’uomo si libererà dal lavoro manuale e avrà tempo per sé e la cultura, Nietzsche è inorridito da questa possibilità, dopo un momento iniziale di accoglimento, ragiona: se tutti o il maggior numero invadono la cultura, la degraderanno a loro misura eguagliatrice, e perviene alla rischiavizzazione delle caste.

Stiamo discorrendo della società antica? Affatto! Sto tracciando il futuro prossimo, accostato. Scarsi decenni, i robot intelligenti sostituiranno il lavoro materiale, si inoltreranno nel lavoro mentale, gli uomini avranno fin troppo tempo libero. Ipotizziamo. Useranno il tempo libero per lo “spirito”, la ricomposizione del lavoro manuale con il lavoro intellettuale, prevalenza dell’attività intellettuale (Marx); un gruppo di uomini serrerà gli argini impedendo che le masse entrino nei territori dell’arte e della cultura giacché la esigerebbe a loro infingardo livello (Nietzsche): un gruppo di uomini sterminano gran parte dell’umanità e usano robot intelligenti per i loro spassi; le società precipitano nel marasma in quanto le persone non sanno utilizzare il tempo libero e noia, alcolismo, droga sarebbero diversivi occupazionali, anche guerre intrasociali; l’umanità colonizza altri pianeti, i deserti e vive la felicità di viaggi spaziali, magari incontrerà qualche abitatore celeste, inventerà modi di parlare con gli animali, estenderà la quantità della vita...

Incredibile: siamo al limite della nostra civiltà, ritornando alla schiavitù, ma dei robot non degli esseri umani. Stiamo al momento, non più di decenni, della soppressione del lavoro manuale nei sistemi produttivi. Al tempo antico chi si dedicava esclusivamente all’attività mentale diede la civiltà annotata, ma esisteva l’aristocrazia dello spirito. Qualche tempo passato mi ponevo la domanda: chi sarà il soggetto che guiderà la società del robot intelligente, lo schiavo risorto, ed a qual fine? Non il proletariato, non mostra capacità , per me fu e resta la delusione. La borghesia? Ma dovrebbe rendersi aristocrazia dello spirito altrimenti afferma il dominio della ricchezza antiumana o senza l’uomo. Pensatori umanisti? Ma ne hanno il potere? Allora? Lotteremo la vera guerra: tra disumanesimo ed risumanesimo. Le altre guerre, se non sono risumanizzanti, sono guerre perdute.

La catastrofe è il disumanesimo, pochi sovrani serviti dai robot intelligenti, l’impero del transgenico antinaturale e sistemi produttivi senza umani. E invece avremmo tutti i mezzi per la civiltà. I mezzi, ma non i fini. Se ripensiamo la civiltà classica e sostituiamo gli schiavi con i robot intelligenti coglieremmo una possibilità suggestiva. Aristocrazia dello spirito, disuguaglianza, far salire, democrazia selettiva, apprezzare ma anche disprezzare, considerarsi nulla ma con tendenza al fare, ammirare le meraviglie della natura e dell’umanità, accrescerle, e il tempo libero avrà scopo. E diverrà tempo vissuto, tempo vivente. Schiavizzare i robot, non schiavi dei robot.


di Antonio Saccà