lunedì 6 novembre 2023
C’è anche l’Arlecchino, postino sfortunato! Ma c’è anche molto altro, in questa riscoperta di un Carlo Goldoni “off-the-table” che, per come è costruito lo strato primordiale del racconto, assomiglia a certe invenzioni pirandelliane del “Chi la fa l’aspetti”, come Il berretto a sonagli, per cui vallo a sapere chi è il vero pazzo tra i due coniugi traditi. Anche qui: lo spettacolo Un curioso accidente, che ha aperto la stagione del Teatro Argentina di Roma per la regia e l’interpretazione di Gabriele Lavia (un “affabuloso” Monsieur Filiberto), in scena fino al 19 novembre, si presenta con i mille volti e rovesci di un Destino votato all’ambiguità. Se gli eserciti perdono e i loro fantaccini e ufficiali con le uniformi lacere chiedono ospitalità in Patrie neutre, è pur vero che altri nell’ombra guadagnano denari abbondanti e sonanti, facendo crediti ai governi perché approntino le loro macellerie. Così, anche stavolta, nella così detta “Guerra dei 7 anni”, combattuta tra il 1756 e 1763 che oppose in buona sostanza l’Impero inglese e quello francese, la sconfitta toccò a quest’ultimo, onde per cui il tenente da la Coterie (Simone Toni) e il suo attendente Guascogna (Lorenzo Terenzi) trovano ospitalità e rifugio presso la lussuosa dimora del mercante olandese, Monsieur Filiberto.
E si dà il caso che quest’ultimo abbia a maritare una figlia, Madamigella Giannina (Federica Di Martino), come pure, ma il padrone lo saprà con ritardo, la sua fedele domestica Marianna (Giorgia Salari). Ovviamente l’incrocio nasce bell’e fatto: Giannina-da la Cotterie; Marianna-Guascogna, sicché l’esercito in rotta rimane unito sotto le gonne accomodanti delle proprie donne. Fosse così facile, però. C’è sempre un terzo che rompe le uova nel paniere. Anzi, due terzi in questo caso: la bella Madamigella Costanza, innamorata del bel tenente francese, e il padre di lei, un irascibile usuraio apparentemente senza pietà, Monsieur Riccardo (Andrea Nicolini). La scelta scenografica di Lavia ricorda l’attrezzaggio pirandelliano della follia: nella parete di sinistra, e in primo piano verso lo spettatore, campeggiano addossati alla parete ben due pianoforti (in cui uno dei due pianisti ha il doppio ruolo di esecutore e di Monsieur Riccardo), mentre sul fondo della parete si stagliano alte tende rosse del fuori scena e alcune file di poltrone con spettatori veri. E dove c’è un piano c’è il coro di tutti i giovani attori, con la partecipazione straordinaria del loro regista, Gabriele Lavia, amante del cantatelle romantiche.
Sul fronte, troneggia una serie di monumentali casse grigiastre verticali e orizzontali, con alcune utilizzate come grandi bauli per la partenza di chi non vorrebbe partire mai, preferendo il calore dell’amore a quello dei tratturi gelati. La parete di destra, invece, si presenta come un angolo del camerino d’attore, con un grande specchio centrale e lampadine non tutte funzionanti, che corrono lungo la spessa cornice a portico per mettere in risalto il trucco. Sul segmento più esterno, orientato verso lo spettatore, troneggia una grande poltrona sulla quale nei momenti topici sprofonda molto volentieri Monsieur Filiberto. La Quarta Parete, come in molti altri spettacoli di Lavia, è però quella che gioca un ruolo ben più dinamico, rispetto alle figure che si muovono ristrette sul palcoscenico. E persino il Maestro Gabriele lo si vede impegnato come un giovine atleta in corse e camminate sfrenate lungo i corridoi di platea, per inseguire ombre e i cristiani con esse, come tante uscite ed entrate dal fondo della sala dei vari attori protagonisti, per incastrare i tanti fuori scena che compongono la rappresentazione.
Già: ma di che cosa si parla? Di suonatori (uno solo, per la verità) che andarono per suonare e furono suonati. Nel senso che, volendo Filiberto procurare rovina morale e reputazionale al suo rivale in affari, Riccardo, ordisce ai suoi danni una piccola congiura, per far maritare Costanza con da la Coterie, volendo togliersi di mezzo quell’incomodo francese, figlio cadetto e squattrinato di una famiglia nobile decaduta. Così, il mercante indottrina l’ufficiale su come forzare la mano per costringere un padre riottoso e contrario a cedere infine alla realtà della cosa (o della frittata) già fatta, sposandone la figlia con il consenso della sola zia, sorella del padre. Solo che, anche nel teatro la simmetria può colpire a morte, sicché de la Coterie scambia abilmente Giannina con Costanza, con drammone finale di un padre ingannatore-ingannato. Ma, trattandosi di Goldoni, aspettatevi il lieto fine.
di Maurizio Bonanni