Visioni. Festa del cinema, presentata la serie tivù “Il camorrista” di Tornatore

venerdì 27 ottobre 2023


Giuseppe Tornatore ha presentato la serie tivù del Camorrista. Il regista Premio Oscar, tra gli ospiti d’eccezione della Festa del cinema di Roma, ha raccontato la genesi di un progetto nato nel 1985, parallelamente al film, e mai andato in onda. Prodotta da Titanus Production e Rti - Mediaset, la serie in cinque puntate, rivisitata, asciugata e corretta (dal sonoro al colore) dal regista, è ancora in attesa di una sua collocazione, anche se, con ogni probabilità, approderà su Mediaset. Il film e la serie sono interpretati da interpretata da Ben Gazzara, Laura del Sol, Leo Gullotta, Lino Troisi, Nicola Di Pinto. La bellissima colonna sonora è firmata da un altro Premio Oscar, Nicola Piovani. “Curioso destino – dice Tornatore – quello del mio primo film, Il camorrista. Pur di farlo, il produttore Goffredo Lombardo della Titanus mi propose di realizzarne anche una versione a puntate per la tivù. Un azzardo in anticipo sui tempi, eravamo nel 1985, la febbre della serialità era ancora lontana, ma grazie alla lungimiranza di Lombardo disponemmo del budget utile alla realizzazione del progetto. Girai dunque contemporaneamente sia il film destinato allo sfruttamento cinematografico tradizionale che le cinque puntate di un’ora ciascuna per la televisione. Purtroppo, il film non ebbe vita facile a causa dei temi scottanti che trattava e sparì dalla circolazione poche settimane dopo l’uscita nelle sale. Scoraggiati, i distributori non mandarono mai in onda la serie televisiva, e i cinque episodi andarono smarriti nei magazzini dei materiali in 35mm”.

Come sono nati film e serie? “Lavoravo nella sede Rai di Palermo e lì ho conosciuto Giuseppe Marrazzo dal cui romanzo sono tratti sia film che serie, a sua volta ispirati alla figura del boss della camorra Raffaele Cutolo (nel film mai citato). Quando lessi il suo romanzo finito mi colpì molto. Fino ad allora si erano visti pochi lavori sulla camorra a parte il processo alla città di Luigi Zampa, La sfida di Francesco Rosi, qualche cosa fatta da Pasquale Squitieri e Mario Merola, ma in quest’ultimo caso più che di camorra si trattava di musicarelli”. Continua poi Tornatore: “Allora si sapeva poco sulle organizzazioni criminali e finivano così per apparire infallibili. È vero, c’era stato Il padrino, ma in quel film non c’erano la nascita e l’evoluzione delle cose che raccontava invece in tutti i particolari Marrazzo”. Che successe al film? “Quando uscì le critiche furono anche positive, ma poi arrivarono le querele. La prima fu di Enzo Tortora, perché disse che in un personaggio si alludeva a lui, poi, a querelare fu lo stesso Cutolo e, infine, fu la volta dell’assessore Ciro Cirillo. Dopo nove anni, fummo assolti da ogni accusa, ma nel frattempo il film, poco dopo l’uscita, fu ritirato”. Comunque, nessuna volontà di esaltare la camorra? “Certo che no, ma nessuno si può poi sentire in colpa se Messina Denaro aveva in casa il ritratto di Corleone”. Oggi si misurerebbe in una serie? “Certo, ci sono andato molte volte vicino, nessun pregiudizio verso le serie. Ad esempio, mi sono piaciute molto True detective e La regina degli scacchi”. Al film, uscito nel 1986 e con protagonista Ben Gazzara non mancò neppure il divieto? “Fu considerato violento e la commissione censura stabilì il divieto a quattordici anni se non avessi fatto dei tagli, io preferii il divieto”. A cosa sta lavorando? “Ho quasi finito di scrivere un film: sono troppo scaramantico però per parlarne”.

GIANFRANCO ROSI, ETICA ED ESTETICA DEL DOCUMENTARIO
Gianfranco Rosi alla Festa del cinema racconta il suo metodo di lavoro. Una sorta di “pedinamento zavattiniano” dell’oggetto del racconto che coniuga etica-estetica del documentario. Il regista, premiato con il Leone d’oro a Venezia nel 2013 per Sacro Gra, è stato al centro di un incontro in cui ha parlato della lavorazione del suo primissimo lungometraggio, Boatman, viaggio sul Gange. Un viaggio straordinario attraverso le acque sacre del fiume indiano. Rosi è noto per la sua capacità di catturare la bellezza e la realtà dei luoghi che indaga. L’incontro con il pubblico offre una rara opportunità di ascoltare direttamente dalla fonte la storia di come questo documentario è stato realizzato e di conoscere l’evoluzione del regista nel corso degli anni. “Ho cercato di rompere la barriera tra documentario e cinema di finzione”, ha detto il regista.


di Andrea Di Falco