Visioni. Festa di Roma, “The End We Start From” un film distopico sulla maternità

venerdì 20 ottobre 2023


Un esordio convincente. The End We Start From segna il debutto dietro la macchina da presa della regista inglese Mahalia Belo. La cineasta gira un bel film sulla maternità in un contesto distopico. Un racconto che mostra la forza e la vulnerabilità femminili. Una storia di rinascita che narra l’ineluttabilità di un futuro sostenibile e condiviso. Una giovane donna (l’intensa Jodie Comer) è alle prese con la prima gravidanza. Si ritrova, da sola in casa, nel corso di un’epocale inondazione. Le incessanti piogge che cadono sul Regno Unito sommergono, letteralmente, Londra. Le conseguenze sono catastrofiche. Intere famiglie vengono spezzate. Viene proclamato lo stato d’emergenza. La donna e il compagno (un evanescente Joel Fry) si mettono in viaggio, con Zeb, il loro bambino appena nato. Arrivano in una casa di campagna, a nord della Capitale, abitata dai genitori dell’uomo (Mark Strong e Nina Sosanya). Ma i viveri finiscono presto e la disperazione prende il sopravvento. L’umanità è diventata feroce e debole (come nel caso del compagno). Nel suo lungo e travagliato peregrinare, la donna incontra un’unica figura solidale, quella di un’altra giovane madre (una magnifica Katherine Waterston). Prodotto da Benedict Cumberbatch (che appare anche tra i migliori interpreti), per SunnyMarch, Hera Pictures, Anton, Bbc Film, Bfi, C2 Motion Picture Group, il film, presentato in anteprima al Toronto International Film Festival lo scorso 10 settembre, figura tra i lungometraggi che concorrono al Premio miglior opera prima Bnl Bnp Paribas della 18ª Festa del cinema di Roma

Il copione, firmato da Alice Birch, è un adattamento per il grande schermo del romanzo visionario di Megan Hunter (edito in Italia da Guanda, nel 2017, con il titolo La fine da cui partiamo). La desolazione ambientale e le atmosfere livide omaggiano il film I figli degli uomini (Children of Men), il capolavoro britannico del regista messicano Alfonso Cuarón, due volte Premio Oscar (per Gravity, nel 2014; e Roma, nel 2019). The End We Start From, dalla prima all’ultima scena, è permeato da un’insopprimibile paura della morte. Una dolorosa incertezza generale sul futuro che influenza le scelte della protagonista. Eppure, è anche un inno alla vita. Un apologo sulla condizione della maternità nell’attuale periodo storico. Come i grandi registi, Mahalia Belo non pronuncia proclami, ma condivide dubbi, non urla convinzioni, ma pone quesiti. Essere madri, più che essere padri, rappresenta una gioia assoluta, anche se, a volte, si può tradurre in una continua lotta per la sopravvivenza. Così la normalità è solo un ricordo e i problemi diventano sofferenze quotidiane. La cineasta britannica mette in scena l’odissea di una donna che, nonostante inaudite difficoltà, sa prendere la decisione migliore per la salute del neonato. Suzie Lavelle, con la sua fotografia plumbea, esalta i colori grigi dell’Apocalisse rispetto ai vividi e brevi flashback. Tra visioni reali e oniriche (forse eccessivamente cariche di simbolismi), la madre in perenne fuga, si difende dalla dissoluzione del mondo. Jodie Comer offre una prova coinvolgente di totale immedesimazione. Quando sembra abbandonarsi allo sconforto, riesce a riprendersi in nome di un istinto primordiale per la conservazione. Secondo Mahalia Belo nonostante l’orrore, quando si tocca il fondo, si può soltanto risalire. È una speranza. È una visione del mondo.


di Andrea Di Falco