lunedì 9 ottobre 2023
Roma, 2017. Un serial killer si aggira per la Città eterna. Cinque prostitute vengono brutalmente uccise nell’arco di sette mesi con un’arma da taglio multilama che simula un artiglio. Questi agghiaccianti delitti recano la firma del “Lupo”. Come tale si presenta l’assassino con una laconica telefonata fatta alla polizia. Dietro il sedicente Lupo si cela Saverio Gobbi, un uomo affetto da turbe mentali che si reca in commissariato addossandosi la responsabilità degli omicidi. “Io sento di essere un lupo, capite? So di essere un lupo. Se non fossi un lupo in quel momento, non potrei fare quello che faccio. Ma è proprio perché sono un lupo che posso farlo, che riesco a ucciderle, la mia forza viene da lì”, recita l’incipit. Un anno dopo, sempre a Roma, lo scrittore Michele Rolli assiste alla conferenza del professor Giacomo Strazzani, un criminologo e psichiatra che si è occupato a lungo degli omicidi e nello specifico di Saverio Gobbi.
Durante la conferenza che ha per tema i delitti del “Lupo”, Strazzani fa riferimento a un celebre caso avvenuto a Roma nel 1583, quello del principe Urbano Vaiardi, colpevole di una serie di efferati omicidi, commessi nella convinzione di essere un licantropo. Rolli è alle prese con la stesura di un’opera letteraria ispirata ai delitti del “Lupo” in cui il caso del principe Vaiardi si intreccia con quello dell’attuale serial killer. A tal fine, vorrebbe consultare un testo scritto da Bernardino Ricci, inquisitore generale durante il processo Vaiardi e che si troverebbe custodito nella biblioteca dell’attuale discendente del principe. Intanto, “il Lupo” colpisce ancora e torna a uccidere.
In questo romanzo dai risvolti noir a sfondo esoterico, con tinte fosche e psicologie in chiaroscuro dei personaggi, Amos Monticini tiene la suspense dalla prima all’ultima pagina. Come in un giallo da manuale l’indagine e la narrazione prendono le mosse dopo che si sono verificati i fatti (cinque macabri omicidi). Si tratta dunque di ricostruire quanto è avvenuto prima. La trama incalzante e avvincente è costellata di colte citazioni filosofiche e letterarie. Il titolo, La forma della bestia, evoca un processo di trasmutazione interiore in lupo che il negromante Annibale Savelli insegnò al principe Urbano Sisto Vaiardi nel Cinquecento. La trasformazione di Vaiardi in lupo mannaro sembra che avvenisse “in virtù di una cintura che il diavolo stesso gli aveva consegnato e che, una volta indossata, gli consentiva di praticare la sua metamorfosi. Questo specifico della cintura magica, o unguento, dono del demonio e in grado di provocare la metamorfosi da uomo in animale in chi la indossa o, nel caso dell’unguento, spalmandoselo addosso, è un elemento ricorrente del folklore e della mitologia legati alla stregoneria”. Tuttavia, l’inquisitore generale del processo, Bernardino Ricci, nutriva dei dubbi su questa versione ritenendo che vi fosse qualcosa di ulteriore.
Insomma, una cintura magica come quella di Peter Stubbe, licantropo della città tedesca di Bedburg che verso la fine del XVI secolo divenne tale in seguito alla stipula di un patto del diavolo. Già nelle Metamorfosi di Ovidio si raccontava di Licaone, re degli arcadi, il quale osò servire a Zeus a un banchetto carne umana e pertanto venne da lui punito e trasformato in un lupo. Ma i greci probabilmente hanno rubato l’idea della licantropia da un antico culto fenicio risalente al 1200 avanti Cristo. In ogni caso, ci sono resoconti storici da tutta Europa e soprattutto nella mitologia norrena citata nel libro, secondo la quale si definisce hamrammr la capacità di cambiare forma e assumere sembianze di animali come il lupo o l’orso. Nelle pagine del racconto si narra del processo che vide imputato il nobile Vaiardi, accusato di avere ucciso nell’arco di circa due anni una dozzina di adolescenti, convinto di essere un lupo mannaro. Il processo, che si svolse a Roma nel 1583, ebbe un enorme risalto, secondo solo a quello al barone Gilles de Rais, avvenuto in Francia nel 1440. Centrale il ruolo avuto dal negromante Savelli nella vicenda del principe. Gli atti del processo documentano il rapporto intercorso tra Savelli e Vaiardi, e il modo in cui quest’ultimo venne introdotto all’arte nera, attraverso “De Aspis Throno”, il libro scritto da Savelli e fatto distruggere dal Santo Uffizio, salvo per la copia personale in possesso del negromante che egli portò con sé quando fuggì da Roma prima dell’inizio del processo.
Le atmosfere noir del libro riportano alla mente il Segno del comando, la serie cult che segnò la storia della televisione italiana degli anni Settanta, uno sceneggiato che tenne incollati per cinque settimane davanti al piccolo schermo i telespettatori accendendo la loro fantasia. Due mistery dai risvolti esoterici accomunati da un’indagine intorbidata da fosche presenze che animano le notturne strade di Roma (nel caso del feuilleton) e da un’inchiesta giornalistica-archivistica (nel caso de La forma della bestia) che ripercorre l’oscura storia di una principesca famiglia romana, quella dei Vaiardi, dalle complesse e intricate dinamiche familiari nelle quali agiscono conflitti personali irrisolti. Da un lato c’è un medaglione con su raffigurata una civetta che ogni cento anni è capace di donare l’immortalità a chi è predestinato a ritrovarlo e dall’altro un processo rituale attraverso il quale la parte oscura e ferina dell’uomo giunge a trasformarne radicalmente l’interiorità. Sullo sfondo, una Roma gotica e sinistra, impalpabile e irreale, ambigua e vulnerabile, scrigno di fitti e arcani misteri.
I delitti del Lupo sono delitti magici? Il lettore lo scoprirà soltanto leggendolo, e pagina dopo pagina verrà catapultato e condotto con mano esperta nella trama e nella ricerca del Whodunnit, cioè della risposta alla domanda: “Chi è l’assassino?”. Curiosità questa non intellettuale e/o morale, ma viscerale. Le circostanze coinvolgeranno il lettore a tal punto che egli finirà per essere fagocitato dalla trama di questo noir, un colore che allude alla notte, al buio dell’anima e al brancolare nelle tenebre. Parafrasando l’imperscrutabile conte di Cagliostro, al secolo Giuseppe Balsamo, “io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da colui che voi percepite, io divento colui che desidero”: così si attua il processo della trasmutazione interiore in bestia. La forma della bestia è il primo di una trilogia di romanzi che include Arcana e Filius Perditionis, i volumi successivi.
(*) La forma della bestia di Amos Monticini, Kindle, Amazon, 232 pagine, 15,89 euro (Ebook 104 pagine, 6,68 euro)
di Angelita La Spada