Il lascito di Francesco Alberoni

venerdì 1 settembre 2023


La scomparsa di Francesco Alberoni mi rattrista personalmente. Non come dispiace la scomparsa di un uomo, ma come scomparsa di un uomo conosciuto, in certi periodi frequentato, con qualche condivisione culturale. Alberoni fu tra gli iniziali partecipanti ai miei seminari sulla protesta giovanile che tenni alla Facoltà di Statistica, affollatissimi. Mentre accadeva la rivolta giovanile io la analizzavo, ne rendo memoria nel mio recente libro: Ho vissuto la vita, Ho vissuto la morte (Armando Editore). Alberoni si precipitò. Si riteneva il decifratore dei fenomeni sociali di quel genere. Era già piuttosto manco di chioma, occhi scuri, alto, fluente parlatore. Alberoni definiva i fenomeni sociali secondo una nomenclatura afferrata dai sociologi francesi e tedeschi, vale a dire: esiste una fase di cova, animazione, eccitazione, entusiasmo individuale contagioso; l’individuo si sente “fuso” con l’individuo, dagli individui si perviene alla collettività, si respira altruismo, causa d’insieme, sacrificio l’un l’altro, è il momento dell’entusiasmo, la vita può affrontare anche la morte per la causa collettiva, è la fase del “movimento”, dello “stato nascente” (Max Weber).

Non è una condizione eterna, sfocia nella “istituzione” (Émile Durkheim), la stabilità, la legge, l’ordine, le regole, anche se ispirati dall’entusiasmo precedente. Movimento e istituzione, un testo di Alberoni con queste concezioni gli assicurò identificazione: divenne il sociologo dei movimenti. In verità, non avrebbe avuto la notorietà che ebbe se non avesse aggiunto una intuizione estensiva, e problematica. E se anche nella vita intersoggettiva avvenisse il simile dei fenomeni collettivi: periodo entusiasmante, fusionale, io sono tutto tuo, tu sei tutta-tutto per me? Alberoni trasporta il “movimento” nelle relazioni personali, segnatamente la vita sentimentale, ne viene Innamoramento e amore.

La medesima escursione: entusiasmo, tu sei la donna-l’uomo più bella-bello, vivo per te, siamo due in uno, è lo stato nascente, l’innamoramento, la fusione; poi la relazione si istituzionalizza, legalizza, diventa quotidianità anche pratica con esigenze concrete non soltanto sentimentali, è la fase della istituzione, dall’innamoramento si trascorre nell’amore, come dal movimento collettivo si passa all’istituzione. Da questo parallelismo tra sociologia e psicologia, che non del tutto piace ai sociologi e agli psicologi, Alberoni invece trasse originalità e nome. In realtà, una separazione categorica tra movimento e istituzione è inconcepibile, come è inconcepibile una separazione assoluta tra innamoramento e amore. Nell’uno e nell’altro fenomeno abbiamo momenti di innamoramento, momenti di amore connessi, momenti di movimento, momenti di istituzioni intersecati, presso che mai siamo pazzi e, dopo, saggi, eccitatissimi e poi quietati, la vita non è precisabile in categorie così irrigidite, uno può vivere l’innamoramento, passare all’amore, tornare all’innamoramento. Glielo dissi e glielo scrissi.

Così come segnai talune erroneità filologiche in taluni suoi libri. Niente di che. Alberoni era persona colloquiale, dialogante, animata. I suoi scritti incisero elementi da considerare come modalità interpretativa dei fenomeni collettivi e individuali. Anzi, questo tentativo di unificare l’interpretazione dei fenomeni collettivi con lo stesso criterio dei fenomeni individuali è una metodologia che abolirebbe la separazione tra sociologia e psicologia, al modo di Sigmund Freud. È Freud che nega la diversità dei comportamenti individuali dai comportamenti collettivi, per dire: il complesso di Edipo si ha in famiglia e nella società (Totem e tabù). Ed è il lascito divulgativo del rimpianto Francesco Alberoni.


di Antonio Saccà