lunedì 31 luglio 2023
Talvolta, ormai, anzi spesso, purtroppo, perduto, tutto perduto, non: sembra perduto, è perduto, quella che viene definita cancellazione della cultura , sembra vincere, ormai. Anzi: vince; anzi: ha vinto. E non soltanto nella cultura ma ovunque e ovunque, alimentazione, una cancellazione, ed è dir poco, ci avviciniamo alla cancellazione dell' identità sessuale spartita tra uomini e donne, al non partoriti dal ventre materno, non più, e infine, il trionfo, la sparizione dell'intelligenza impersonata, ma delegata, alienata, pensiero e lavoro macchinizzati . E qualche parruccone se ne duole! Il passatista, il reazionariuzzo, l'erede di antichi regimi vorrebbero conservare natura, sessualità, presenza umana! Ed i laboratori perché esisterebbero se non laboratorializzato metamorficamente quanto esiste? Chissà, dubito, qualcuno è cosciente che il vero nodo impiccativo di una civiltà è renderla antinaturale, laboratorializzata, contraffatta, staccata dall'umanità? A che vantaggio la libertà se contro la natura e l'umanità ? Libertà di essere robot innestati di Intelligenza artificiale ? Libertà di nutrirsi (?) con alimenti progettati? Libertà di una sessualità distonica, anomica (anomica!), carne, pesce, quadrilaterale, il timore di attestare: sono uomo, sono donna, quale oltraggio al non so chi sono, al non so chi sei?
Di tremendo nel nostro divenire non è l'acquisizione a libera manifestazione dell' omosessualità , per dire, del tutto opportuna, vera libertà comprendente, ma che non si possa più apprezzare l'uomo non omosessuale, la coppia maschio-femmina , il figlio secondo copulazione, o la bistecca animale, il latte di capra non di piselli secchi, il lavoratore umano! Altro è ampliare la libertà, ben altro ampliare sopprimendo, cancellando. Lo stesso per gli stranieri. Vieni? Vieni! Ma non ci sostituisca. È la sostituzione che terrificante. In ogni diramazione. Mettere fuori legge mentale quel che esisteva giudicandolo passatismo, retrivo, reazionario, codino, paludoso, terriccio, catapecchioso, Sancho Panza sull'asino, beccamorto, ficosecco, Don Pasquale, spazzatura dei cassonetti romani, papaveri e papere, l'ultimo dei Mohicani ! Non si finirebbe! E la gente, temendo di essere retriva, ammutolisce o plaude. Se convinci che il nuovo è il ritrovato salvamondo, hai fedeli ciechi. In ciò la glorificazione della tecnica in sé dà l'impressione dell'avanzamento. In questa vicenda trasvalutava, chi difende natura, cultura, sesso all'antica è reputato vecchio, zoppo, mezzo cucco di mente, curvo di schiena, tigre scolorita di cerchi periferici. Le nostre civiltà si leucemizzano a tempo perso.
Ci sostituiamo da noi stessi millesimalmente, a dosi omeopatiche. Ci scopriremo “altri” e rinnegatori in una rivoluzione silenziosa che ha di orrido questo: negherà la libertà del dissenso, sarà una conquista di libertà contro la libertà. Se dichiari a udibile volume: cameriere una bistecca di vitello da vitello non da vitello da vitello laboratorializzato, i clienti non ti vorranno nel “loro” ristorante laboratorio; se confidi di congiungerti con la tua consorte o compagna e ti gioisce nello sguardo presente quel che sentirai, stringere chi ami, desideri, e magari, e ne hai l'età, immaginare che genererai la vita, un figlio, dal rapporto uomo-donna , la vita secondo natura, desiderio, piacere, corporeità attrattiva uomo-donna! Attento, taci. potrebbero venire accusato di oltraggio alle affittanze di uteri o degli uomini che partoriscono, o delle inseminazioni laboratorializzate (al solito!). Niente deve restare naturale. Figurarsi nell'arte!Disertare, necesse èst ! Rigoletto ? Un travestito ( Festival di Stresa ). Perché? Credo che non lo sappia neanche il regista, ma deve alterare secondo le regole del neo-confusionismo odierno che crede di attualizzare ciò che è eterno. Sono di moda, i travestiti?
E travestiamo Rigoletto, attualizziamolo. Gobbo, torto e travestito. Perché? Perché, quando si vuole suonare mortalmente una civiltà si espiantano le radici, naturali e culturali, si vive di cronaca passeggera, dell'effimero, una società diventa preda di chi domina, non ha alcunché da difendere come la sua identità. Rigoletto Robot, e perché no! Rigoletto spacciatore, anche! Divento il signor nessuno in balia di chi mi vuole nessuno. Chi sa chi è difende il suo essere. Ma strappato da un mio io divento una foglia volatile al minimo getto di vento, e prendo tutte le movenze. Continuiamo, finiamo nel non sapere chi siamo e che dobbiamo salvare. O peggio, approviamo e difendiamomo quanto ci rovina: antinatura, antistoria. Chinando la fronte ad ogni scempio nel timore, dicevo, di non essere attualizzati.
O così pare. Mi viene allo sguardo: il folle divario tra genio e realtà in Friedrich Nietzsche , pubblica L'Espresso 27 luglio , lo si trova sui media, Goffredo Bettin i è chi lo firma. Si tratta di Nietzsche, da curiosare. Lettere di Nietzsche da Torino, città a Lui gradita, città nella quale impazzì. Esordisce l'autore dell'articolo: “Non mi era capitato di leggere, né di conoscere, Le lettere da Torino di Friedrich Nietzsche: edite da Adelphi. Non aggiungere nulla al suo pensiero; forse è per questo che sono poco note e poco commentate”. Spero che l'autore, che non conoscesse queste lettere, conosca pure quanto sono conosciuto queste lettere e ogni giornata di Nietzsche a Torino. Io ne ho scritto la biografia ( Ho ucciso Dio, Nietzsche , 1985, ancora in vendita su Amazon), ne abbiamo tenuto convegni a Palermo e ovunque (talvolta presente Eugenio Scalfari che credo dirigeva L'Espresso ), le testimonianze del padrone della stanza di affitto, dell'amico Overbeck, le missive propriamente sono conosciutissime.
Insomma, la circostanza che Goffredo Bettini ignorava quelle lettere diventa ignoranza altrui su queste lettere, laddove, incredibilmente, è l’opposto, sulla vita di Nietzsche, tra le più percepite da quando era bambino, i due momenti risaputi al fulmicotone, questi, la vicenda con Lou von Salomé, la vicenda torinese. Non è il caso di vagliare perché Nietzsche divenne pazzo, se per infezione luetica, per il male del padre (demenza precoce). Da segnare il “punto”: Nietzsche esplose in follia abbracciando un cavallo colpito da una bestia umana, piangendo e chiamandolo fratello. Nietzsche aveva erezioni priapesche e si dava a balli dionisiaci nudo. Tra Dioniso e Cristo. Tra compassione e superomismo. Nietzsche visse come mai altri che compiere alcunché di sostanzioso nella breve esistenza tutta condannata al nulla (l’eterno ritorno è illusionismo parodistico dell’immortalità dell’anima) esige una società a favore dell’uomo di genio, spietatissima con i mediocri, gli inetti, i ciandala, gli “schiavi”, li definiva.
Favorendo questi ultimi la società si infosserebbe. Ma oltrepassare la compassione per gli ultimi (la morale cristiana) significa non patire se esiste chi soffre. Nietzsche inventa una ragione per essere spietati: il povero, l’inetto, il fallito, il mediocre non sono buoni, anzi: risentiti (rassentement), incarogniti contro chi ha qualità, e cercano di suscitare la pietà e la colpa per obbligarli a sostenerli: “Devi essere buono verso di me povero e disgraziato!”. Nietzsche pone l’interrogativo mai posto almeno con eguagliata nettezza: e se il povero e il disgraziato fossero anche gaglioffi prepotenti che, aiutati, vulnerano, o attuano una società al degrado, la prevalenza del peggiore? Su quale tavola morale è inciso che il povero, l’ultimo, il non riuscito sono buoni e meritano attenzione sociale? E se il vero soggetto da curare perché ultrasensibile, è l’uomo di ingegno, l’artista, il pensatore, e la società dovrebbe coltivare tale pianta umana non sperperarsi in chi non vale, ed è, può essere perfino maligno?
Sorge nel dilemmatico Nietzsche il Superuomo, al di sopra del male, della colpa verso gli “schiavi”, i poveracci, e impone la sua affermazione per affermare la civiltà. non come uomo superiore ma superuomo (deferentissimi). Facile a dirsi. Quando il dolore altrui si espone e i viventi, uomini o animali, sono umiliati e offesi scoppia la disposizione cristiana, il Superuomo naufraga, naufraga Dioniso, insorge Cristo. Nietzsche non vuole questo naufragio, è il difetto dell’uomo superiore (Pascal, Leopardi, innanzi a tutti Gesù). È l’errore del Cristianesimo. La catastrofe del socialismo, per Nietzsche. Nietzsche lottò contro la pietà, temendo che desse vittoria ai poveracci, i malaticci, i falliti, tutt’altro che buoni, i quali avrebbero fondato la società dei mediocri, al loro, basso, livello. Concepì il Superuomo, senza colpa nel volersi imporre. Ma per scopi di civiltà e di potenza. Civiltà e potenza, non soltanto potenza con gli orrori che ne verrebbero. Non fu personalità unilaterale. Sentirsi al di là del male era tutt’altro che sopportare la presenza del dolore. Non riuscì a rendersi Superuomo, al di là della pietà. Si martoriava. Dioniso? Cristo? Dioniso? Cristo? Alla fine, impazzire, non lottare in sé, la pazzia cessò la guerra tra Dioniso e Cristo.
Friedrich Nietzsche un immoralista morale, con Zoroastro, Buddha, Gesù, creatore di religione valoriale. Ecco, ad un certo livello di tensione mentale, la mente ha una via di scampo, la follia. “Questo” rivelano le missive torinesi. Basta, non voglio più combattere in me la pietà contro il superomismo, il superomismo contro la pietà, il bisogno di infinito contro il limite individuale (Io amo te, eternità), ma superare il limite individuale farsi superuomo urgeva la spietatezza, la capacità di raggiungere i fini con ogni mezzo, svincolarsi dal micro io (quest’ultimo, tema grandioso, Nietzsche era dominato dal limite individuale nel cosmo, al pari di Blaise Pascal e Giacomo Leopardi, ciascuno a suo modo) non volgendo le forze alla sopravvivenza degli “schiavi”.
Nietzsche non era Gabriele D'Annunzio , non era André Gide , non era unilateralmente immoralista, non si facilitava le scelte, Nietzsche lottava il cristianesimo perché sentiva l'attrattiva della compassione e ne temeva i malefici, a suo giudizio. Preferire i “poveracci”. Essere spietato superuomo sentendo tuttavia pietà dovette spezzargli la mente più della sifilide. Basta. Non pensare. I dieci anni che gli restano suona il pianoforte. La musica al di là del male senza fare il male. Riusciva a suonare. Sciaguratamente, tutto perduto. Eppure, esiste un Nietzsche compositore. E di musica “sacra”, di Lieder taluni da incubo a porte chiuse, ed una sonatina pianoforte-violino degna di Franz Schubert .
di Antonio Saccà