Addio a Sinéad O’Connor, stella tormentata

giovedì 27 luglio 2023


Le cause della morte sono ancora ignote. Sinéad O’Connor si è spenta ieri a 56 anni. La cantautrice irlandese, star mondiale della musica Folk rock, ha vissuto un lungo periodo carico di angoscia. Un comunicato diffuso da Scotland Yard afferma che qualcuno ha chiamato le forze dell’ordine alle 11.18 di mercoledì 26 luglio per riportare “una donna inerte di 56 anni in una residenza” nel quartiere di Brixton, situato nella parte sud di Londra. Nata a Dublino nel 1966, Sinéad Marie Bernadette O’Connor cambia il suo nome all’anagrafe in Magda Davitt, prima di convertirsi all’Islam e adottare, nel 2018, quello di Shuhadà Davitt. Un talento straordinario e un’anima tormentata. Arriva in modo dirompente sulla scena rock degli anni Ottanta: a 19 anni esordisce con The Lion and the Cobra, un album che tiene insieme rock ed elettronica, con una combinazione potente di malinconia e furore dominata da una voce dal timbro unico, in cui gli echi dei canti tradizionali si sposavano con l’attitudine rock.

Un’apparizione folgorante, con quel viso di una bellezza infantile in cui spiccano gli occhi dallo sguardo magnetico e carico di malinconia e il proverbiale taglio di capelli cortissimo. Anche l’America si accorge subito di lei. Quando nel 1990 pubblica Nothing Compares 2 U, un capolavoro firmato da Prince, fino ad allora nascosto, conquista le classifiche mondiali. In quegli anni diventa un’icona, il simbolo di un nuovo modo di essere artista donna, totalmente diversa dal divismo pop alla Madonna. Sinéad O’Connor è l’erede delle prime eroine del Punk e della New Wave, un personaggio fuori dal coro, che non ha mai avuto, paura di essere disturbante. Non a caso, sempre nel 1990, Roger Waters la scrittura nel cast All Star del mega concerto di The Wall, organizzato a Berlino in Postdamer Platz, per celebrare la caduta del Muro: in quell’occasione canta Mother insieme a The Band.

Ma già due anni dopo la serenità della sua carriera inizia a incresparsi. Sono due gli episodi controversi che caratterizzano la sua carriere. Prima l’annuncio che si sarebbe rifiutata di suonare nel New Jersey se fosse stato suonato l’inno americano, poi ospite del Saturday Night Live, cambia i versi di War, una canzone di Bob Marley, trasformandola in un attacco contro la Chiesa Cattolica, accusata di insabbiare i reati di pedofilia. Al termine dell’esibizione straccia una foto di Papa Wojtyla, dichiarando “combatti il vero nemico”.

Quel gesto, che è stato il primo sintomo di un rapporto sempre più sofferto con la religione, le è rimasto addosso come una lettera scarlatta, compromettendo il rapporto con il pubblico e l’industria, mentre il suo talento comincia a declinare e la sua stabilità a traballare. Impegni annullati, sparizioni dalla vita pubblica, annunci di ritiro dalle scene, ritorni, un paio di buoni album. Infine, la pubblica ammissione di soffrire di disturbo bipolare. Nel gennaio dell’anno scorso viene colpita da una tragedia familiare. Suo figlio Shane, appena diciassettenne, si toglie la vita dopo essere fuggito da un ospedale dov’è ricoverato proprio perché ha manifestato tendenze suicide. Nella disperazione di quel momento Sinéad annuncia in un tweet l’intenzione di “seguire mio figlio”. Poi le scuse. Ieri, la stella tormentata viene raggiunta dalla morte. Il caso è avvolto dal mistero. La famiglia ha chiesto che venga rispettato il suo diritto alla riservatezza.


di Guglielmo Eckert