giovedì 6 luglio 2023
Il 29 e 30 giugno del 1908, il quotidiano torinese La Stampa, diretto da Alfredo Frassati, informava dettagliatamente i lettori di una serie di perquisizioni disposte dalla Procura del Re negli uffici di un’azienda che allora aveva meno di dieci anni, ma era destinata a diventare addirittura uno dei simboli del capitalismo italiano. La Fiat, Fabbrica italiana automobili Torino, fondata, a luglio 1899, dal conte Cacherano di Bricherasio, insieme a Cesare Goria Gatti (ambedue appassionati di motori), e a pochi altri soci, tra cui il giovane sindaco di Villar Perosa, Giovanni Agnelli (futuro nonno dell’Avvocato). Il 23 giugno, pochi giorni prima, Agnelli era stato denunciato, col coinvolgimento del presidente Fiat, Lodovico Scarfiotti, e del consigliere Camerino, per truffa, alterazione di bilanci sociali e aggiotaggio. Mentre l’azienda si trovava sull’orlo del fallimento, iniziava un’istruttoria penale, con un processo che si sarebbe concluso solo nel 1913, con Agnelli difeso da uno stuolo di avvocati e, forse, favorito, dietro le quinte, dal presidente del Consiglio, Giovanni Giolitti (inutile dire che la Fiat non fallì, mentre nessuno finì in galera). È quanto leggiamo nelle prime pagine de Gli Agnelli – Tragedie e misteri e retroscena della famiglia che ha dominato il Novecento italiano: nuova edizione, per il ventennale della morte di Gianni Agnelli (24 gennaio 2003), di un documentato saggio (Diarkos edizioni, 18 euro) che Antonio Parisi, giornalista collaboratore di importanti testate quotidiane e periodiche, già direttore dell’emittente tivù Rete Mia e del quotidiano Il Meridiano, e autore di saggi di attualità e storia contemporanea, ha dedicato alla storia della Fiat. E, soprattutto, della dinastia familiar-imprenditoriale che da sempre ne regge le sorti. Storia complessa, quella di casa Agnelli, sia nelle vicende dell’azienda che nei suoi altalenanti rapporti con la politica: e costellata anche di gravi lutti familiari, con morti spesso per cause accidentali e violente. Parisi dedica particolare attenzione alla più enigmatica di queste morti: quella di Edoardo Agnelli, figlio di Gianni, trovato morto, la mattina del 15 novembre 2000, ai piedi di un viadotto dell’autostrada Torino-Savona, all’altezza di Boschetti, frazione del comune di Fossano, in provincia di Cuneo.
Suicidio vero o inscenato? L’autore, nei primi capitoli del libro, ripercorre il tormentato rapporto tra l’Avvocato e il figlio, giovane sensibile e portato più ai temi umanistici, esistenziali, religiosi che ad economia e motoristica: e che il padre (preso, diremmo, da una sorta di “sindrome di Pietro Bernardone”, padre di Francesco d’Assisi), non vedendo evidentemente di buon occhio una sua futura successione ai vertici dell’azienda, sin dagli anni Ottanta aveva cercato inutilmente di indurre a firmare un atto di rinuncia ai suoi diritti societari. Perché – come più volte sottolineato, negli ultimi anni, anche da Marco Bava, consulente e amico intimo di “Edo”, e tenace fautore d’una riapertura dell’inchiesta sulla sua morte – sulla salma di Edoardo, in quei giorni di novembre 2000, non fu fatta regolare autopsia, lasciando così molti dubbi sulla dinamica della morte, anzitutto sulla natura delle lesioni presenti sul cadavere, difficilmente compatibili con l’ipotesi di un volo di 80 metri? Parisi ricorda, tra l’altro, la diversa linea seguita, anni dopo, dalla stessa magistratura di Cuneo in un caso simile a quello di Edoardo: cioè la morte di Raffaello “Ciccio Bucci”, già esponente di punta dei Drughi, il gruppo tifosi dominante della curva sud juventina, poi allontanatosene per attriti con Gerardo Mocciola, storico capo del gruppo, e divenuto infine dipendente della Juventus, responsabile dei rapporti coi tifosi. Bucci muore il 7 luglio 2016, sotto quello stesso maledetto cavalcavia di Fossano della Torino-Savona: l’ipotesi iniziale di istigazione al suicidio, alla base dell'inchiesta penale, sarà poi modificata in omicidio, sino all’archiviazione, per mancanza di risultati, nel 2021. Perché nel caso di Edoardo Agnelli, rileva Parisi, sempre la magistratura di Cuneo archiviò invece l’indagine penale sulla sua morte, accreditando frettolosamente l’ipotesi del suicidio, senza neanche provare ad indagare su possibili responsabilità delle cosche malavitose attive a Torino intorno al mondo della tifoseria juventina? Ma analogamente tragica era stata 35 anni prima, nel 1965, la morte di Giorgio, fratello minore di Gianni Agnelli: che si sarebbe gettato dall’ultimo piano di una clinica psichiatrica, in Svizzera, dove era stato ricoverato forzatamente dalla famiglia perché ritenuto schizofrenico. Mentre le cronache degli ultimi anni – ricorda ancora l’autore – hanno visto un altro membro “controcorrente” della famiglia, quel Lapo Elkann nipote di Gianni in quanto figlio di sua figlia Margherita (e fratello di John, detto Jaki, successore dell’Avvocato, e “nuovo Agnelli”) al centro di situazioni imbarazzanti. Ultimi, drammatici atti della “saga Fiat”: la morte (23 febbraio 2019) di Marella Agnelli Caracciolo di Castagneto, vedova di Gianni, e la scomparsa, nel luglio dell’anno prima (anche qui in circostanze non del tutto chiare, nell’arco di pochi giorni in un ospedale di Zurigo), di Sergio Marchionne, il manager teatino che era riuscito a risanare l’azienda guidandola alla fusione con la Chrysler, e proiettandola fortemente anche nei circuiti finanziari internazionali.
Gli Agnelli – Tragedie e misteri e retroscena della famiglia che ha dominato il Novecento italiano di Antonio Parisi, Diarkos edizioni, 224 pagine, 18 euro
di Fabrizio Federici