“La quattordicesima domenica del tempo ordinario”, un film che esprime sentimenti autentici

sabato 17 giugno 2023


Bologna anni Settanta con il suo centro storico, i suoi portici, il chiosco di gelati di Romoli, evocativamente raccontato in bianco e nero, sia all’inizio che alla fine della pellicola, sono i luoghi cari nei quali si dipanano le intrecciate vite dei tre personaggi principali dell’ultimo film di Pupi Avati, La quattordicesima domenica del tempo ordinario. E la quattordicesima domenica del tempo ordinario, quella che segue la Quaresima e che anticipa l’Avvento – a cavallo tra la primavera e l’estate – consuetudinariamente dedicata ai matrimoni, è anche quella in cui si è sposato anche Pupi Avati con la donna della sua vita, Amelia Turri, la medesima domenica nella quale si è sposato anche Marzio, il protagonista del film. Rispetto ai precedenti lavori del regista bolognese, in questo suo 43° film, oltre alla summa delle tematiche che riflettono abitualmente le sue corde, sono presenti tratti autobiografici della sua vita privata, affrontati con coraggio, poesia e anche con molta nostalgia.

Ci racconta infatti – attraverso le vicissitudini del protagonista principale – dello scorrere del tempo ma, soprattutto dei sogni, quelli che, come ha affermato Pupi Avati, bisogna continuare ad inseguire, sempre: “È una necessità di testimoniare a chi è più giovane di me che cos’è la vita, di cosa è fatta la vita di una persona che ostinatamente ha tenuto dentro di sé un sogno e non ci vuole rinunciare. E non c’è niente da fare, diventa patetica, diventa ridicola, anacronistica, diventa tutto quello di più negativo possiamo immaginare. Ma lui al suo sogno non rinuncia”. Nel film, da quel posto speciale di Bologna, il chiosco dei gelati fra via Saragozza e via Audinot, luogo dove si esaudiscono i desideri, inizia il racconto del musicista Marzio Barreca, ormai anziano. Infatti è lì che ha conosciuto l’amore della sua vita, Sandra, divenuta poi sua moglie che rivede, dopo essersi lasciati e persi, quasi quarant’anni dopo, al funerale di Samuele, l’amico con il quale Marzio formava il duo musicale “I Leggenda” e proprio cantando la canzone che dà il titolo il film avevano provato a partecipare, senza riuscirci, a Sanremo.

Questo insuccesso determinerà le loro vite per sempre: Samuele sceglierà la sicurezza di una vita routinaria e raggiungendo l’apice professionale, diventerà il borghese presidente di una banca; Marzio invece, sempre fedele al suo sogno, rimarrà un musicista frustrato e dedito all’acool, che finisce per guadagnarsi la vita in spettacoli di secondo piano, a sfondo pubblicitario, nelle televisioni locali. Tra gli interpreti del film, sapientemente diretti, anche nei minimi dettagli da Pupi Avati che è anche autore della sceneggiatura, si evidenziano l’esordiente Camilla Ciraolo e il ritorno di Edwige Fenech assente dal grande schermo da sedici anni, rispettivamente nella Sara giovane ed in quella adulta. Doppi interpreti anche per i personaggi di Marzio e Samuele: rispettivamente con il cantante del gruppo Lo Stato Sociale, Lodo Guenzi e Gabriele Lavia per il giovane e l’anziano Marzio e Nick Russo e Massimo Lopez nei ruoli del giovane ed anziano Samuele.

Lo stile e la tecnica delle scene sono spesso retrò, non soltanto al fine di una necessaria narrazione di rivisitazione del passato, ma per una maggiore definizione della nostra contemporaneità che si ritrova a confrontarsi con quello che eravamo, quello che volevamo e quanto non siamo riusciti ad essere. Su questo punto ha affermato Lodo Guenzi: “Ho scoperto che anche quando realizzi i sogni in qualche modo non li realizzi mai per davvero, c’è sempre una malinconia di fondo, c’è sempre qualcosa che non raggiungerai: la distanza tra la realtà della vita e quello che tu hai sognato non si colmerà mai. In questo senso vivo un’empatia smodata per la figura di Marzio perché io sospetto veramente che se mi fossero andate male un po’ di cose ad un certo punto mi sarei arreso. E quelli che non si arrendono anche se si distruggono la vita li ammiro”. Nella lunga e prolifica produzione di Pupi Avati La quattordicesima settimana del tempo ordinario rappresenta un ulteriore tassello di una visione del mondo che il regista bolognese indaga con finezza psicologica e in una dimensione in cui per molti è possibile riconoscersi.


di Laura Bianconi