Giovanni Palatucci, “Giusto tra le Nazioni”

mercoledì 14 giugno 2023


Si è svolto in questi giorni un importante evento, al Senato, sulla figura di Giovanni Palatucci, funzionario di Polizia, nativo di Montella (Avellino), reggente della Questura di Fiume nel 1944. Nato nel 1909, morirà a Dachau nel 1945, per aver sottratto ai tedeschi diversi ebrei. Su tale personaggio, “Giusto tra le Nazioni” per Israele, Medaglia d’Oro al merito civile per la Repubblica italiana e “Servo di Dio” per la Chiesa cattolica, abbiamo voluto intervistare il professor Pier Luigi Guiducci. Docente universitario in più Atenei, relatore al ricordato convegno al Senato, Guiducci è stato presidente della Commissione internazionale che, dal 2010 al 2015, esaminò le carte Palatucci, pubblicando, alla fine, un Rapporto favorevole alla figura e all’operato dell’ex reggente della Questura di Fiume.

Il Convegno al Senato ha rappresentato un’occasione anche per soffermarsi rapidamente sulla storia civile e culturale di Fiume (oggi Rijeka, in Croazia). Argomento, questo, sul quale abbiamo parlato con il professor Giovanni Stelli, presidente della Società di studi fiumani (che ha sede a Roma in via Antonio Cippico, nel quartiere Giuliano-Dalmata, dove è visitabile anche l’Archivio-Museo storico di Fiume, diretto dal professor Marino Micich).

“Una storia, questa di Fiume – ricorda Stelli, studioso della città dalle origini ad oggi – che in sintesi, dopo l’impresa di D’Annunzio del 1919-’20 e il Trattato italo-jugoslavo di Rapallo del novembre 1920, che ne faceva una Città-Stato autonoma, nei primissimi anni ’20 fu dominata dal contrasto tra gli autonomisti, guidati dal fiumano Riccardo Zanella, nel ’21-’22 presidente dello Stato libero di Fiume, e il Blocco Nazionale (con dentro fascisti, liberali, democratici e altri) che voleva l’annessione all’Italia. Col Trattato di Roma del 1924 veniva sancita l’annessione di Fiume al Regno d’Italia. Ma i fermenti autonomisti in città restarono ancora vivi. Dopo che Palatucci, nel ’37, arriva alla Questura di Fiume (come responsabile dell'ufficio stranieri e poi commissario della Polizia), avrà dei contatti anche col movimento autonomista locale di Don Luigi Polano, friulano, sacerdote cattolico (movimento che poi sarà attivo anche nella Resistenza, ma non certo in senso filo-titino, ndr). E questo, purtroppo, nel 1944 sembra aver avuto un peso, nella decisione nazista di arrestare Palatucci”.

Professor Guiducci, lei ha studiato per anni le vicende storiche delle terre dell’Adriatico orientale…

Sì, le mie pubblicazioni hanno riguardato la figura dell’arcivescovo Alojzije Stepinac (poi cardinale), le vicende delle Chiese locali perseguitate dai fiduciari di Tito, le iniziative promosse a Fiume e in altre località per salvare gli ebrei. Ciò mi ha permesso di studiare anche fatti riguardanti la Slovenia, la Serbia, e le aree dell’Istria, della Dalmazia e di Fiume.

Adesso si è arrivati all’evento che ha avuto luogo al Senato…

È stato un momento significativo per la presenza di autorità e di vari studiosi, ma soprattutto perché sono stati oltrepassati due estremi: il trionfalismo e la celebrazione priva dell’analisi storica.

Come è nato, professore, il suo interesse per la figura di Palatucci. E quali suoi aspetti, oggi, ritiene più significativi?

Ho incominciato a studiare la figura di Palatucci nell’ambito delle mie ricerche sulla Shoah. In seguito, sono voluto intervenire in modo accentuato per rispondere al Centro ebraico di New York, che aveva polemizzato sull’ex reggente della Questura di Fiume. L’attualità di quest’ultimo si trova soprattutto nella sua capacità di fermarsi davanti a persone ingiustamente perseguitate e intervenire in loro favore.

Se non erro, su Palatucci sta per uscire anche un suo libro…

Sì, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano pubblicherà, per la prossima Giornata della Shoah, un mio libro dal titolo “Shoah a Fiume. Giovanni Palatucci, Giusto tra le Nazioni. Ricerca storica. Testimoni. Documenti trovati. Evidenze”.

Definiamo la figura del reggente della Questura fiumana anzitutto come cattolico: che rapporti ebbe con la Chiesa e il movimento cattolico italiano già prima di operare, come funzionario di polizia, sul litorale adriatico?

Palatucci proveniva da una famiglia profondamente cattolica. Tre suoi zii facevano parte dell’Ordine dei Frati minori Conventuali: la sua interazione col mondo cattolico del tempo venne quindi facilitata. Egli ebbe anche modo di partecipare alla vita di confraternite.

E che rapporti ebbe, in particolare, a Fiume, col movimento cattolico autonomista di Don Polano?

Dagli studi effettuati risulta che Palatucci ebbe contatti con un numero significativo di interlocutori. Le sue iniziative potevano contare su una rete di solidarietà. Egli ebbe la possibilità di conoscere anche esponenti autonomisti, ma non risultano interazioni particolari. L’ex reggente della Questura, infatti, sosteneva l’italianità di Fiume, quindi l’inserimento di questa città nel territorio italiano.

Veniamo al punto essenziale. Nel 2013, il “Centro internazionale di Studi Primo Levi” di New York avanzò alcuni dubbi sulla corretta ricostruzione storica delle vicende di Palatucci. In seguito a questa ricerca, la sua immagine fu rimossa da un’esposizione al Museo dell'Olocausto di Washington. Lo Yad Vashem di Gerusalemme e il Vaticano iniziarono a  esaminare la nuova documentazione emersa. Yad Vashem, però, di recente, ha giudicato irrilevanti gli studi condotti dal Centro Primo Levi, e ha confermato il titolo di “Giusto” a Giovanni Palatucci. Qual è l’esatta verità storica?

Una certa confusione è stata individuata in quella fase storica che accentuò le celebrazioni in onore di Palatucci, riservando una debole attenzione alla ricerca storica. È stato quindi facile, per taluni detrattori, individuare la non esattezza di vari dati. In seguito, grazie all’apporto di storici qualificati, è stato possibile focalizzare in modo corretto la figura e l’opera di questo funzionario di Polizia, vissuto in un periodo terribile.

Penso che anche su Palatucci non sia stata facile la ricerca storica documentale…

Sì, ogni indagine che affronta fatti avvenuti a distanza di tempo si presenta complessa. Si è riusciti, però, a intervistare diversi testimoni. Sono state poi studiate varie carte a Fiume, a Trieste, a Napoli. Proprio in un archivio di quest’ultima città è stata ritrovata la lettera che Palatucci scrisse sul treno che lo trasportava a Dachau. Sono state anche acquisite delle foto che erano conservate in Australia, a Melbourne. Purtroppo, a Belgrado continuano a esistere difficoltà. Inoltre, non siamo riusciti a trovare le carte tedesche che riguardarono l’arresto dell’ex reggente, il processo, la motivazione della condanna a morte, e il provvedimento che mutò la condanna in detenzione a Dachau.

Palatucci nelle sue iniziative ebbe contatti segreti con gli Alleati, specie inglesi?

Dalle mie ricerche non risultano documenti che attestano un’interazione con agenti inglesi. D’altra parte, vari esponenti del Regno Unito già conoscevano la storia di Fiume, la proclamazione a Stato Libero (1920-1924), l’annessione all’Italia (27 gennaio 1924). Quindi, in tale contesto, l’azione di Palatucci rimaneva marginale. Il reggente della Questura si appoggiò piuttosto alla rete di amicizie che arrivava a Milano, a Campagna, a Trieste, al conte Marcel Frossard de Saugy (nato a Graz ma residente in Svizzera, che gli offrì, nel 1944, di rifugiarsi presso di lui).

Professor Guiducci, Palatucci, come Giorgio Perlasca, ha contrastato la Shoah ma era iscritto al Partito Nazionale Fascista ed aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana. Niente speculazioni politiche, certo, ma in sede essenzialmente storica, questo può in parte avvalorare la tesi che fosse possibile un fascismo diverso, non antisemita e non nemico spietato di ogni opposizione?

Palatucci fu costretto a iscriversi al Partito unico perché, altrimenti, non avrebbe potuto affrontare gli esami per procuratore legale ed entrare in Polizia. Verso i perseguitati del tempo mostrò pietas, humanitas e caritas. Purtroppo, dovette affrontare realtà estremamente dure. Si pensi alle leggi razziali (1938), alla decisione di Benito Mussolini di respingere gli ebrei in fuga dalla Croazia (vedere due documenti del 1942), all’occupazione tedesca (1943 in poi).


di Fabrizio Federici