Quest’estate andremo tutti al cinema?

martedì 23 maggio 2023


In occasione della cerimonia di premiazione dei David di Donatello, che si è tenuta il 10 maggio scorso, il sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni ha affermato che “il cinema va visto in sala”. Tra l’altro, proprio in questi giorni, è in corso il Festival di Cannes, anch’esso sostenitore di un’identica visione, contraria all’approdo dei film prodotti dalle piattaforme direttamente all’on demand senza passare dalla sala. E da Cannes, lo stesso sottosegretario del governo italiano ha spiegato che alle parole seguiranno i fatti: “Abbiamo messo in campo un investimento di venti milioni di euro per sostenere le sale nei mesi estivi. Una promozione mai vista prima, in supporto dei film italiani ed europei: per vederli al cinema nel periodo che va dal 16 giugno al 16 settembre il biglietto allo spettatore costerà soltanto 3,50 euro perché il resto lo metteremo noi”.

Stando ai dati Cinetel, nell’anno 2022 le sale cinematografiche hanno incassato poco più di 300 milioni di euro, per un numero di biglietti venduti pari a 44,5 milioni. Rispetto alla media del periodo 2017-2019, il calo è stato del 48,2 per cento degli incassi e del 51,6 per cento delle presenze. In mezzo c’è stata la pandemia, che – come è stato ripetuto più volte – ha accelerato alcune tendenze e che ancora lo scorso anno comportava il rispetto di precisi obblighi, come quello di indossare le mascherine in sala (obbligo rimasto in vigore fino al 15 giugno). I dati riguardanti i primi mesi del 2023 sono più positivi rispetto a quelli dello stesso periodo del 2022, anche grazie ai risultati fatti registrare da una produzione spettacolare americana come Avatar o da fenomeni nati sul web come gli youtuber Sofì e Luì.

La misura pensata dal governo si presta a diverse considerazioni. Prima di tutto si tratta di un provvedimento “una tantum” e con un orizzonte temporale molto limitato: l’estate è sempre stata il periodo di minore afflusso di pubblico, per ovvie ragioni di natura “climatica”, che portano le persone a preferire altre attività e con la conseguente decisione di non distribuire durante quei mesi titoli importanti per qualità e potenziale commerciale. Per questa disaffezione cronica a frequentare le sale nel periodo più caldo dell’anno, anche da una prospettiva “welfarista”, che intenda valutare una politica pubblica in base ai presunti benefici attesi (per gli esercenti) rispetto ai costi, si può considerare tale scelta con scetticismo. Inoltre, adottando un altro punto di vista, non legato all’efficacia ma all’equità, con tale misura il governo intende incentivare una determinata modalità di fruizione dei film, che come sappiamo non è l’unica, abbandonando qualsiasi neutralità, per (cercare di) modificare “dall’alto” determinate dinamiche che sono semplicemente il risultato delle scelte e delle preferenze degli individui: che i film vanno visti in sala non sta scritto né nelle Tavole della Legge e neppure nella nostra Costituzione.

(*) Direttore editoriale Istituto Bruno Leoni


di Filippo Cavazzoni (*)