La Treccani, l’asterisco e il form

giovedì 27 aprile 2023


La prestigiosa casa editrice Treccani, progressista e zelante nell’adeguarsi alla buonista e politicamente corretta neutralità di genere con l’uso dell’asterisco a fine parola, decide di sfregiare la lingua italiana che dovrebbe proteggere ricorrendo a parole inglesi. Tutto parte dalla pagina della casa editrice Capitali della cultura visionabile sul canale Facebook. Da quanto è osservabile sulla foto allegata della schermata, l’istituto ricorre alla parola inglese form al posto del lemma italiano modulo. Considerati i compiti culturali istituzionali di promozione, tutela e studio della lingua italiana, il ridetto istituto dovrebbe doverosamente spiegare i motivi che inducono a preferire una parola inglese.

Un’istituzione nazionale che si fa invadere da inglesismi inutili merita, nelle sedi opportune, una riflessione critica sul suo ruolo culturale che, attualmente, è quello di incoraggiare l’uso di correlativi italiani presenti nel suo grandioso “Vocabolario della Lingua Italiana” coordinato e pubblicato dal lessicografo Aldo Duro. Un’opera di cinque volumi a cui sono stati aggiunti negli anni successivi sei volumi, un disco ottico e un atlante di due tomi. Il ricorso a terminologie estere è corretto quando non ci sono correlativi nella lingua nazionale, come accade talvolta nelle terminologie scientifiche. Forse, questa istituzione andrebbe valutata per il parziale raggiungimento dello scopo istituzionale e prioritario di tutela della lingua italiana!

Nella parte finale bassa della schermata allegata, l’istituto, dopo il sagace uso dell’asterisco, riprende il genere maschile quando scrive “voglio essere ricontattato” senza l’asterisco finale. Conformismo ma anche incoerenza.

L’elaborazione del Vocabolario della Lingua Italiana fu un’impresa culturale compiuta in un arco temporale di oltre un decennio. L’opera ha elencato ed analizzato ben quattrocento settantamila lemmi, comprese le forme flesse! Quattrocento settantamila parole al macero! I loro attuali avveduti lessicografi dovranno spiegare perché è più esemplificativo usare termini inglesi! Avendo a disposizione il Vocabolario, uno strumento di tale vastità culturale e linguistica, abbiamo bisogno di ricorrere all’inglesorum, che ricorda l’ironico e corrosivo “latinorum” di manzoniana memoria? L’opera è stata poi rielaborata in forma ridotta con un numero inferiore di tomi, ma si tratta sempre di ricerche di alto livello culturale.

Nel caso dell’inglese form, abbiamo la prova della grettezza provinciale italica che, in assoluto, non ci si deve aspettare da una istituzione di tale importanza. Un provincialismo per il quale la acritica recezione esterofila continua ad essere vista come un segno di cultura. Un’altra prova della dilagante ignoranza degli italiani denunciata da Pasolini fin dal 1970. Un deficit che è aumentato ai tempi di oggi anche dal vizietto della maggioranza degli italici di cercare scorciatoie quali quella più ridicola di pronunciare e recepire – spesso impropriamente – parole inglesi per dimostrare di essere istruiti. La formazione personale è ben altra cosa. Lo ammoniva un certo Giacomo Leopardi facendo riferimento alle “sudate carte”. Lo disse il grande studioso e storico Luciano Canfora quando ironicamente iniziò una sua lectio magistralis dicendo: “Oggi vi parlo di una lingua pressoché sconosciuta che è l’italiano”.

Ben vengano iniziative dedicate alla tutela e alla promozione nazionale ed internazionale di una lingua armoniosa amata da centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Anche la politica nazionale sta mostrando recentemente interesse al tema della tutela della lingua italiana, giungendo alla valutazione che l’identità linguistica è altresì un tema di sicurezza nazionale. Si spera che non sia l’ennesimo fuoco di paglia demagogico.

Tutto ciò premesso, Treccani ancora uno sforzo! Rivalutiamo con passione l’italiano, la quarta lingua più studiata del mondo.


di Manlio Lo Presti