Quello sporcaccione di Picasso

sabato 15 aprile 2023


Un giorno, forse tra alcune chiliadi di anni, qualcuno riuscirà a far comprendere che gli artisti possono incontrare o meno il gusto personale, ma nessuno è autorizzato a vilipenderne la memoria come tali. Ve lo sta dicendo uno che non ha mai amato Pablo Ruiz y Picasso, né come artista né per le sue posizioni ideologiche, pur tuttavia trovandolo un singolare, unico e irripetibile personaggio, che in maniera divertente ha saputo movimentare la scena artistica parigina, in maniera circense, insieme con Amedeo Modigliani, a suon di revolverate.

No, Picasso non mi piace, non amo il suo stile e ho sempre ritenuto Guernica sopravvalutato, ma questo non significa che sia accettabile che il pittore spagnolo venga annichilito dai soliti esponenti del politically correct sul Guardian, in quanto rienuto “sessista” dalla penna del critico Adrian Searle che proprio su quelle pagine definisce lo spagnolo un “vampiro, sociopatico, narcisista che si è lasciato dietro tradimenti e suicidi”.

Apprendiamo dalle pagine de Il Giornale che Picasso è stato posto al rogo, dunque, massacrato post mortem dagli stessi propugnatori di libertà che egli ha sempre difeso, in quanto sarebbe esecrabile per essere stato un “mostruoso misogino” e persino un “vampiro”. Quest’ultima definizione mi sorprende in maniera particolare, giacché nessuno potrebbe attribuire all’artista di Malaga, le caratteristiche crepuscolari e decadenti del “vampiro”. Picasso non è Lord Byron, né Dante Gabriel Rossetti; egli è frutto d’un altro tempo postromantico.

Gli vengono poi affibbiati titoli che sono ovvi per qualsiasi grande artista e pittore, quale “narcisista” o “sociopatico” e ovviamente il meno perdonabile di tutti, quello di essere un “misogino”. Sarebbe tale perché come la stragrande maggioranza degli artisti maschi, in duemila anni di storia, frequentava bordelli e prostitute? Vivaddio! Nulla più delle donne da bordello ha contributo a far sì che i sommi pittori creassero capolavori insuperabili! Siano lodate e ringraziate sempre le prostitute, le cortigiane e tutte le donne amate carnalmente da costoro! L’arte non sarebbe mai tale senza i committenti, senza la Chiesa e senza le donne!

E questo sarebbe essere misogini? Ma povero Pablo, lasciatelo in pace, ricordatelo come quell’antifascista dichiarato, quel comunista convinto che fu – forse – ma non attribuitegli colpe che non ha.

Un tempo, essere un tombeur de femmes, un conquistatore di cuori e di altre parti anatomiche femminili, era una virtù, un vanto e un pregio per scrittori, pittori e musicisti. Oggi questa normalità è divenuta una dannazione da vituperare con orrore moralistico, bigotto e realmente sessista da parte di quegli esponenti, per lo più anglosassoni, di una cancel culture, che olezza particolarmente di “caccia alle streghe” del nuovo secolo.

Insomma, secondo il Telegraph, Picasso avrebbe avuto l’improntitudine di esercitare la propria “mascolinità tossica”, dando così un pessimo esempio alle giovani generazioni. “Abusatore di donne” secondo alcuni fanatici, stando al pensiero critico di Eliza Goodpasture, il cubista spagnolo sarebbe stato affetto da “famigerata crudeltà e misoginia” e da un “disprezzo sfrenato per le donne”. Verrebbe da chiedersi cosa mai potrebbe dire la dotta Goodpasture se leggesse un solo sonetto di Pietro Aretino o i versi immortali di Charles Baudelaire, per tacere di quelli di Arthur Rimbaud o di Charles Algernon Swinburne! Diociscampi! Quali pessimi esempi di brutalità virile e disprezzo verso le donne, danno costoro! Al rogo ogni loro libro di versi! Si brucino dunque dipinti e stampe da loro creati!

Il pittore andaluso è stato criticato dunque, non per la sua attività artistica, ma per la sua vita privata… per aver avuto numerose amanti… come se questo non avvenisse sin dall’alba dei tempi. Tutto ciò non rasenta più il ridicolo ma lo oltrepassa, raggiungendo i vertici inferi del grottesco, in questa primo ventennio di un millennio sempre più cupo e oppressivo, repressivo e corrotto nel pensiero e nell’idea morbosa e ammorbante di voler appiattire tutto sotto il tallone “democratico” del “politicamente corretto”.

Forse sarebbe ora che l’arte e gli artisti, ricominciassero a frequentare i bordelli, e con loro, soprattutto i critici!

(*) Nella foto l’Arlecchino pensoso del 1901. L’opera è conservata al Metropolitan Museum of Art di New York


di Dalmazio Frau