L’America pre-reaganiana raccontata nel film di James Gray

venerdì 7 aprile 2023


Dopo la presentazione al Festival di Cannes 2022 e alla Festa del cinema di Roma, Armageddon Time – Il tempo dell’apocalisse di James Gray dal 23 marzo scorso è finalmente giunto nelle sale italiane. Anche Gray, come recentemente hanno fatto altri importanti registi (Cuarón, Sorrentino, Iñárritu, Branagh e Spielberg), ha deciso di portare sul grande schermo una sua vicenda autobiografica. Il regista per i ruoli dei suoi genitori ha scelto Anne Hathaway e Jeremy Strong, mentre per il personaggio del carismatico nonno materno ha voluto Anthony Hopkins e per la parte di sé stesso adolescente (Paul nel film) il giovane Michael Banks Repeta. Il film, che affronta problematiche di integrazione razziale e di classe sociale, si svolge nel quartiere newyorchese del Queens degli anni Ottanta e racconta le dinamiche relazionali della famiglia di Gray, mettendo a fuoco i ruoli svolti dal padre e dalla madre sulla sua formazione e il fenomeno del razzismo di cinquant’anni fa (ancora oggi non sopito completamente) vissuto sulla pelle dell’amico di colore Johnny (interpretato da Jaylin Webb), un amico conosciuto sui banchi della scuola pubblica, con il quale sviluppa un’amicizia a dispetto dell’ostilità, dovuta soprattutto a motivi di “colore”, dei genitori, che nell’inutile tentativo di separarli, decidono di trasferire Paul in una prestigiosa e costosa scuola privata, mentre per Johnny era stato disposto l’affidamento ai servizi sociali in quanto l’anziana nonna, affetta dall’Alzheimer, non poteva più occuparsi del nipote. Johnny, incompreso e respinto da tutti nella sua realtà quotidiana, trova come unico alleato il suo Paul, dal quale, però, verrà sospinto a compiere un’azione, che lo condurrà al riformatorio. E a pagare sarà solo lui nonostante il dispiacere dell’amico.

Nel film sono presenti tanti dettagli. La ritualità delle cene in famiglia, momenti importanti che cominciavano in modo ordinato, ma finivano sempre nel caos: il padre che beveva caffè durante i pasti mentre mangiava spaghetti al pomodoro; le liti con il fratello che gli dava calci sotto al tavolo; Paul che ordinava cibo cinese non soddisfatto della cena della madre; la complicità sempre presente del nonno Aaron, l’unico che riusciva a comprenderlo davvero; le vicissitudini della bisnonna materna, ebrea nata e cresciuta in Ucraina, che ha sempre avuto vivo il ricordo dei cosacchi che senza motivo uccisero i suoi genitori e la sua lunga fuga della salvezza, attraverso la Polonia, la Danimarca, la Gran Bretagna e, infine, gli Stati Uniti.

Anche gli studi sono un passaggio significativo. Nel prestigioso college, il Kew-Forest, gli vengono impartite delle regole: “abbiamo una tradizione qui: lei ha l’obbligo di essere all’altezza di questa tradizione. Il suo rispetto per l’uniforme rispecchia il rispetto per la scuola”. Ed anche il fratello, al suo primo giorno di scuola gli dice: “Forza sveglia: è ora di mettere l’uniforme. Cerca di integrarti e sta tranquillo. Non parlare troppo. Se abbassi la guardia un secondo, ti saltano addosso”. Questa parte del film è, inoltre, impreziosito da un ben riuscito cameo di Jessica Chastain nella parte di Maryanne Trump, sorella dell’ex presidente Usa: “Tutti voi volete andare in un buon college, volete avere successo. Quando sono arrivata qui nessuno mi ha dato qualcosa gratis, nessuno. Come ce l’ho fatta? Con il buon vecchio metodo: il duro lavoro, è così che si ha successo. Sapevo che niente ti viene regalato. Al college, alla facoltà di legge, nell’ufficio del procuratore federale ero una femmina in un ambiente di maschi ma io non ho mai smesso di combattere. potete essere quello che volete in questo che è il più grande paese del mondo. Voi che fate parte di questa istituzione, arriverete in alto, fino in cima, e allora saprete che nessun favore vi è stato fatto, sarete in cima perché sarete stati voi a guadagnarvelo”. Il film, distribuito dalla Universal Pictures, descrive in modo convincente l’America alla vigilia dell’elezione del presidente Ronald Reagan grazie a una solida sceneggiatura che ha reso possibile alla regia di andare a fondo nei problemi sociali e nell’intimo dei sentimenti dei principali protagonisti, interpretati impeccabilmente dall’intero cast degli attori.


di Laura Bianconi