martedì 28 marzo 2023
Il nome di Hjalmar Schacht dice poco al lettore italiano contemporaneo (a meno che non sia uno storico dell’economia): banchiere, finanziere, commissario per la moneta (1923), presidente della Reichsbank, ministro delle Finanze e dell’Economia nazionale di Adolf Hitler. Dimessosi da ministro, nel 1944 fu incarcerato perché sospettato di aver avuto contatti con i congiurati del 20 luglio e, poco tempo dopo – giudicato per crimini di guerra (e assolto) dal Tribunale di Norimberga. Il suo prestigio era tale che continuava, nel Secondo dopoguerra a ispirare le riforme economiche e finanziarie nella Germania occidentale, e fare il consulente di altri Stati. Quale “tecnico” dell’economia, operò e collaborò con governi di quattro “formule politiche” (scriverebbe Gaetano Mosca): l’impero guglielmino, la repubblica di Weimar, il regime nazista e la repubblica federale. Il fatto che abbia goduto di fiducia e considerazione pluripartisan è la conferma delle sue capacità fuori dal comune; e dei risultati conseguiti. Pertanto, in un periodo storico come l’attuale, turbato da crisi la cui soluzione e – almeno in Italia – e secondo la comunicazione mainstream – dovrebbe essere “tutto il potere ai tecnici”, è quanto mai opportuna la ripubblicazione di questo libro. Non foss’altro per rendersi conto della differenza tra Schacht e qualche insegnante promosso a governare in Italia “per fare i compiti a casa”.
In effetti, Schacht appare come risolutore di crisi economiche. Tante ne dovette affrontare nella sua carriera di banchiere pubblico, e fu decisivo per superarle. Dall’inflazione del marco all’inizio degli anni Venti al pagamento delle riparazioni imposte a Versailles, dal pagamento del debito estero alla grande crisi del ‘29. Scrive Schacht: “Problemi, come quelli che il periodo 1920-1940 ha sollevato, non sono apparizione sporadica ma che, invece, di tempo in tempo, tornano a presentarsi nella medesima forma o in un’altra simile”. In effetti, problemi non troppo dissimili si sono presentati in questo secolo, anche in forma diversa e spesso attenuata dallo sviluppo del Welfare State dopo la crisi del ‘29. Quello che il grande banchiere non ha mai dimenticato è che la moneta e la banca si reggono sulla fiducia e quindi sulla responsabilità del banchiere nell’erogare il credito: “Alle false strade della politica monetaria appartiene l’assunzione di crediti quando sulla possibilità della loro restituzione non ci si dà, con eccessiva leggerezza e irresponsabilità, alcun pensiero”.
Emerge così dal libro quella che si può definire l’etica di ruolo del banchiere, soprattutto del banchiere centrale. Non bisogna dimenticare come Schacht, il quale con la sua genialità aveva contribuito a finanziarie la ripresa degli anni Trenta e il riarmo della Germania, si dimise nel 1937 da ministro quando si accorse che la politica hitleriana avrebbe portato la Germania alla distruzione (e quindi all’insolvenza). Nelle ultime righe Schacht scrive: “È sempre la magia del denaro a porre problemi. Problemi che cambiano sempre e per i quali, dobbiamo rendercene conto, non esiste un sistema risolutivo valido genericamente. Ogni nuova situazione richiede nuovi metodi, nuove intuizioni, nuove idee. Alla base di tutto, comunque, deve esserci sempre e soltanto questa considerazione: mantenere in buona salute la moneta tedesca”. Un libro da non perdere anche per capire e valutare l’oggi.
Magia del denaro di Hjalmar Schacht, traduzione di Giorgio Zampaglione, Oaks Editrice 2023, 310 pagine, 24 euro
di Teodoro Klitsche de la Grange