“Uno sguardo dal ponte”, il caos calmo

venerdì 17 marzo 2023


Storia di fame, Edipo e lavoro, quella raccontata nel dramma di Arthur Miller Uno sguardo dal ponte, che va in scena al Teatro Argentina fino al 2 aprile, per la regia di Massimo Popolizio, che interpreta il personaggio principale di Eddie Carbone, un immigrato siciliano a Brooklyn. Si fugge per disperazione dalla prima, cercando futuro e pane nella Terra dell’Avvenir, come lo era l’America dei primi decenni del XX secolo, in cui il reato di immigrazione clandestina veniva duramente punito. Si resta prigionieri a vita della seconda che, come tutte le opere “mentali” del demone che ci abita, produce vere e proprie sculture oniriche tridimensionali che l’umanità fallace scambia per bisogni vitali, offrendo in cambio di quel dono della pazzia la stessa propria vita di persona sceleris. Perché poi, fa dire Miller al suo doppio (l’avvocato Alfieri, intensa voce narrante dello spettacolo, immigrato siciliano anche lui, interpretato magistralmente da un monumentale Michele Nani) “che molti qui sono stati giustamente ammazzati da uomini ingiusti”. È il solo apparire della figura retorica dell’avvocato, seminatore del terrore della legge spesso ingiusta, a “portare male”, foriero di sventura e disgrazia per tutti quelli che hanno bisogno di ricorrere ai suoi uffizi. Ma l’avvocato è il prezzo da pagare per una civiltà non più di pionieri, con la pistola nella fondina sempre pronta a sparare per chi vuole farsi da solo giustizia, in cui sul tavolo al posto della rivoltella ci sono le carte del buon diritto!

Ed è così che, tra le mille cause noiose, ripetitive, emerge, come per Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda, il “fattaccio, una turpe storia famigliare che, però, vista con gli occhi del drammaturgo, è solo uno degli innumerevoli volti, soltanto la milionesima sfaccettatura della personalità umana, dei suoi vizi e delle sue virtù. Un uomo ignorante, Eddie, né da condannare, né da compatire. Semplicemente un dramma interno, per quanto tabù, socialmente posto all’indice, esecrato, condannato e punito severamente dalla legge degli uomini. Eppure, tutto rimane mestamente, o talvolta magnificamente, prettamente “umano”. Così Eddie, zio e padre putativo di una giovane ragazza, Catherine, orfana di madre, viene sorpreso, sconquassato dal vento impetuoso della vita che vede la sua adorata bambina (l’unica che lo capisca e lo prevenga in tutte le sue esigenze domestiche, affettive e familiari, come e meglio di sua moglie Beatrice) germogliare improvvisamente in donna, con indosso quella sua nuova gonna perfettamente aderente, che ne mette in risalto le forme attirando l’attenzione dei maschi più o meno giovani. Allora, ecco piombare all’improvviso in un animo di faticatore puro, bestia da soma di scaricatore di porto che lavora per mantenere la sua famiglia, il famoso Caos calmo: proibire; minacciare; consentire e se sì, fino a che punto? E poiché la vita è il frutto di intersezioni, “una, cento, mille” in funzione degli intrecci delle relazioni umane e dei flussi continui di emozioni e stimoli che colpiscono la Psiche e dintorni, ecco che il destino gioca la sua partita a dadi con Eddie, come la figura della Morte del Settimo sigillo di Ingmar Bergman, gioca a scacchi con la sua vittima.

Le due donne e il capo famiglia sono in attesa di due lontani parenti di Beatrice, giunti clandestini in America e appena sbarcati dalla nave come marinai e, quindi, autorizzati alla sosta temporanea nel molo del North River. Mentre per Beatrice il dramma assoluto di questo arrivo, pur previsto, è un profondo, femminile dispiacere per l’inadeguatezza della sua casa (manca la tovaglia nuova per ricevere degnamente i due ospiti!), Eddie e Catherine sono come due animali pronti ad annusare l’aria di novità di quella visita destinata a protrarsi a lungo. Essendo inteso che Eddie e sua moglie daranno rifugio, un pasto e da dormire ai due fratelli divenuti clandestini, per offrire altre due paia di braccia ai moli di scarico delle merci, che non stanno mai fermi né di giorno, né di notte. Mentre nel frattempo Catherine avrà lasciato la scuola per fare l’impiegata in una ditta di idraulica, nonostante le proteste iniziali di Eddie che la vorrebbe prima diplomata e poi segretaria in qualche luminoso studio di avvocati a New York. Ed Eddie vede lontano: quando presto Catherine lascerà la sua casa, le sue visite da donna adulta e autonoma si faranno sempre più rade. Ed ecco in lui montare il caos calmo, che lo vede ormai rinunciare da mesi ai suoi doveri coniugali, sacrificati al culto edipico, rendendolo un vulcano in fase di preparazione della sua imminente pioggia di lapilli, sotto le cui ceneri si spegnerà il suo stesso destino. E tutto maturerà con l’arrivo dei due fratelli.

Marco, il maggiore dei due clandestini, è una montagna di muscoli, tutta lavoro e famiglia, avendo lasciato in Sicilia una moglie e tre figli bisognosi di tutto. L’altro, Rodolfo, biondo come un normanno, allegro, canterino e ballerino, buffo nei modi ma giovane e affascinante, scapolo per giunta, creerà quella polarità naturale, irresistibile dell’attrazione fisica e dell’innamoramento che attirerà la diciottenne Catherine verso i lidi naturali di un matrimonio, destinato a mettere in regola con la concessione della cittadinanza americana quel suo futuro marito. E là viene fuori il fuoco rovente della brace sempre attiva e inappariscente della gelosia paterna, che porterà Eddie a violare il più sacro dei principi d’onore della Sicilia primitiva: l’omertà e il patto del silenzio nei confronti di coloro ai quali si è data ospitalità, casa e lavoro in cambio della loro eterna amicizia e riconoscenza. Spettacolo imperdibile con un cast impeccabile, in recitazione, presenza e gestualità.


di Maurizio Bonanni