venerdì 24 febbraio 2023
Massimo Troisi viene raccontato dalla sua controfigura. Il mio amico Massimo, un documentario firmato da Alessandro Bencivenga, sposa il punto di vista di Gerardo Ferrara, autentico alter ego dell’attore sul set del Postino di Michael Radford. Le voci narranti del docufilm sono di Cloris Brosca e di Lello Arena, “spalla” storica di Troisi, prima nella Smorfia e poi nei primi due lungometraggi (Ricomincio da tre e Scusate il ritardo). Bencivenga inserisce le dichiarazioni di repertorio di showman come Pippo Baudo e Renzo Arbore e cineasti come Roberto Benigni (celebre il film diretto insieme a Troisi, Non ci resta che piangere). Numerose sono anche le interviste ad amici storici come Alfredo Cozzolino ed esponenti del mondo dello spettacolo, tra cui: le attrici Clarissa Burt e Maria Grazia Cucinotta; e gli attori Massimo Bonetti, Carlo Verdone, Nino Frassica, Ficarra e Picone. Curiosamente, mancano i ricordi di Enzo Decaro (il terzo componente della Smorfia) e Anna Pavignano (la cosceneggiatrice di tutti i film diretti da Troisi) e dello stesso Lello Arena. Ma soprattutto, è assente la testimonianza dell’attrice Nathalie Caldonazzo, l’ultima compagna di Troisi, sempre snobbata nel corso delle rievocazioni del grande attore. Una grave mancanza.
Il documentario è una produzione Piano B, Lambda, Screen Studio, Spaghetti Pictures, prodotto da Gianni Russo e Gabriele Costa, distribuito in sala dal 15 al 21 dicembre 2022 da Lucky Red, approda su Tim Vision dallo scorso 17 febbraio. Il mio amico Massimo racconta il percorso artistico dell’attore-regista napoletano a 70 anni dall’anniversario della nascita. Il docufilm lega sue esibizioni cabarettistiche, teatrali e televisive, backstage e foto d’epoca. Tutto comincia mostrando un gruppo di ragazzini che gioca per le vie di San Giorgio a Cremano (Napoli). Il loro leader è un giovanissimo Massimo, voglioso di calcare i campi di calcio della serie A. Ma la vera storia è l’amicizia solidale fra Troisi e Ferrara. Gerardo, nativo di Sapri, nel Cilento, è proprietario di un locale sul lungomare. Un giorno del 1994, per via della somiglianza con l’attore, viene invitato a inviare le sue foto a Cinecittà.
Di lì a breve viene richiesto sul set del Postino. Sarà l’angelo custode di Troisi. La controfigura dell’attore mostra il libro di poesie di Pablo Neruda (un ispirato Philippe Noiret) utilizzato nel film. Il testo contiene una dedica: “A Gerardo, per la disponibilità, la pazienza e l’abnegazione con la quale ha reso più piacevole e meno faticoso sul film Il postino. Ti auguro mille successi e grazie”. Firmato: “Massimo Troisi”. Dal teatro al cinema, passando per la tivù, il comico dei sentimenti è artefice di un’inimitabile poetica attraversata da ironia spiazzante mista a un pessimismo alleniano. Ma Bencivenga adotta una decisione radicale: non mostrare fotogrammi del cinema di Troisi. Una scelta coerente che però non viene compensata da trovate formali alternative. Anche la ricostruzione storica del Massimo bambino appare potenzialmente una buona trovata che, però alla fine, risulta essere fuori luogo perché non conduce ad alcuno sbocco narrativo. Il registro stilistico segue le storie d’archivio, le interviste e la finzione. Ma in questa triade linguistica non emerge uno sguardo autoriale, un sussulto espressivo. La temperatura narrativa è affidata esclusivamente alla commozione dei testimoni.
di Andrea Di Falco