venerdì 17 febbraio 2023
Ricorre l’anniversario della messa al rogo di Giordano Bruno, il 17 febbraio 1600. Il frate filosofo domenicano, dopo l’arresto a Venezia il 23 maggio 1952 e il trasferimento nelle carceri romane dell’Inquisizione il 27 febbraio 1593, fu arso vivo a Roma, in piazza Campo de’ Fiori. Per eresia. La statua inquietante e cupa, del frate col cappuccio calato oltre il volto, è lì a ricordarlo, fotografata oggi per i selfie.
Le teorie suggestive di Giordano Bruno sono state tra le più analizzate da storici e teologi. Egli sosteneva che alla base dell’universo vi fossero due principi regolatori: l’anima del mondo, cioè la forma, e la materia universale. E l’universo gli appariva come un infinito essere animato, una visione che spinse la sua ricerca perfino al di là della metafisica, dentro la poetica, regalandoci pagine di elegia cosmica e di quella che poi sarà definita “la leggerezza dell’essere”.
L’Inquisizione lo torturò duramente per indurlo ad abdicare alle sue teorie. Ma Giordano Bruno parlava di Dio insistentemente e ne parlava intimamente. Lo descriveva nella duplice forma, come Mente al di sopra di tutto e tutti e come Mente presente in tutto. “Dio è fuori dal Cosmo”, diceva. “Ed è inconoscibile. Ogni tentativo è vano”.
Le leggende narrano di un uomo visionario, tradotto al rogo mentre decantava e vaticinava. “Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo... l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo.”
Numerose parti del pensiero di Giordano Bruno vanno dallo studio analitico escatologico alla credenza popolare. Nei secoli è stato citatissimo e ancora oggi è considerato “il padre della libertà”. Anche se se ne fa, e se ne è fatto, un uso speculare a volte rischioso, per cui ai tempi la Chiesa colse in quelle zone ambigue la sua colpa. È l’enigma di Giordano Bruno. Il suo mistero e la sua segretezza. Nella giornata dell’anniversario del suo martirio si possono leggere declamazioni, ma anche uscite che vorrebbero applicare le teorie del domenicano ai concetti fluidi e progressisti odierni, facendone il vate degli eccessi alle catene della Chiesa e dei commissari delle anime. Di certo Giordano Bruno fu condannato dall’Inquisizione, ma è fuorviante e limitante ridurlo a un ribelle religioso a favore del primato assoluto dell’uomo.
Solo una piccola memoria contro gli involontari tentativi di usare Giordano Bruno per i nostri universi frantumati. Leggo su una pagina di Facebook questo commento: “Mi auguro che molti ricorderanno la grandezza di Giordano Bruno, ma anche i suoi cupi carnefici. Gli eredi (consapevoli e non) di quei carnefici hanno forse cambiato le forme e la tecnologia del rogo. Ma la volontà censoria e l’intolleranza restano quelle”. Chi sarebbero questi tecnologi del rogo oggi? Un esempio delle oppressioni mentali e ideologiche che dannano i nostri inconsci.
A questo proposito cito l’opera cinematografica che ha realizzato nel 2022 Michele Placido, stando sul tema e sulla ricerca ampliandole alla figura e alla vita di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Ne “L’ombra di Caravaggio”, pellicola con la regia di Placido, in cui uno straordinario Riccardo Scamarcio interpreta la parte del pittore geniale e sovversivo, che vive allo stesso modo il peso di una condanna a morte, la trama si concentra nel momento in cui “l’ombra del potere” si sta allungando su di lui. E il seme del film sta proprio nell’incontro tra Caravaggio e Giordano Bruno in carcere nelle ore cruciali. È un film che va visto in sala. Io ero in un cinema quasi deserto e al termine, come le altre poche persone, ci abbiamo messo cinque minuti prima di muovere i passi. Abbiamo avuto lo stesso stordimento e la stessa visione. La scena finale racchiude tutto, nella sua violenza, nella sua condanna, nel suo grido disperato, nel torbido e nell’innocenza, in quel mistero per cui Bruno, come Caravaggio, indicava Dio ovunque. È l’ombra dentro di noi, che scende e scava.
di Donatella Papi