“Il compleanno”: l’energia oscura

mercoledì 8 febbraio 2023


Chi spara per primo sul pianista? L’autore dello spartito! Perché suona male? No: perché è un disadattato (non si sa se come Jack lo Squartatore o un semplice scappato di casa), in fuga dalla società civile e dalle sue regole. E così l’autistico Stanley vegeta come ospite altamente moroso nella piccola pensione di una minuscola cittadina inglese in riva al mare, curato dall’amore surrogato di una padrona di casa senza figli e da suo marito, pacifico guardiano dello stabilimento balneare sistemato a ridosso della loro pensioncina, con soltanto una stanza rimasta libera oltre quella Stanley. Quel che avviene nel giorno de Il compleanno (per la regia di Peter Stein e il testo di Harold Pinter) di quest’ultimo è raccontato nello spettacolo omonimo che va in scena alla Sala Umberto di Roma fino al 12 febbraio, che vede come protagonisti Maddalena Crippa (Meg), Alessandro Averone (Stanley), Fernando Maraghini (Petey), Alessandro Sanpaoli (McCann), Gianluigi Fogacci (Goldberg), Emilia Scatigno (Lulù). Tutto si svolge nell’unico spazio comune dell’abitazione: il tinello-sala da pranzo, con abbondanti teiere di tè più o meno caldo e corn flakes che vanno, scarseggiano e ritornano grazie alle navette di Meg al mercato. Mentre Stanley si trascina letteralmente dalla stanza da letto alla cucina per fare colazione assieme al marito di lei, il mite Petey, incapace di proteggere sia l’una che l’altro dal “Mondo di là fuori”, di cui il guardiano della spiaggia sembra cogliere esclusivamente l’aspetto meteorologico, anziché l’attimo fuggente, né avvertire tantomeno le tempeste dell’animo umano. Petey attinge all’attualità esclusivamente attraverso la lettura meticolosa di un quotidiano locale, i cui articoli più interessanti vengono ogni mattina riassunti o letti a Meg. Mai che nessuno dei due gestori della pensioncina si chieda da dove venga e chi sia quel loro ospite così sofferente nell’animo e nella mente. Per Pinter, evidentemente, entrambi rappresentano la parte che non si fa domande e pratica la tolleranza in una società ferocemente competitiva e conformista: i due “accettano” il diverso trattandolo e curandolo come un figlio, senza chiedergli nulla in cambio. Anzi, al contrario, Meg e una giovane e avvenente ragazza, Lulù, organizzano per lui una festa di compleanno, alla quale però curiosamente non parteciperà Petey, preso da altre questioni in quel suo affaccendamento inoperoso.

Ma, suggerisce Pinter, le ombre del passato molte volte tendono a non abbandonarci mai, raggiungendoci ovunque con i loro oscuri emissari che, volenti o nolenti, ci riportano al nostro punto di partenza. Così, quel giorno del compleanno di Stanley arriva una strana coppia di servitore e padrone, McCann e Goldsberg, entrambi buoni bevitori vestiti rigorosamente in grisaglie grigio-nere. Il duo ha tutte le caratteristiche dell’Angelo nero della Tentazione primordiale, che appare nella doppia veste sia del prete spretato, ferocemente vendicativo, braccio secolare e minaccioso del suo complice; sia del signore capitalista Goldberg (la radice “gold” del suo cognome già dice tutto) dissoluto, iroso e cinico. McCann si presta a essere il boia ed esecutore di una sentenza emessa da qualche strano tribunale di entità oscure, che tormenterà Stanley (così simile al povero Murphy di Qualcuno volò sul nido del cuculo, quando viene privato del proprio libero arbitrio) in un allucinante terzo grado per tutta la durata della propria permanenza.

E la festa, con un tamburo di latta per regalo, sarà simile a un rito orgiastico di perversioni sessuali sublimate, in cui Stanley fa la fantasia (o invece sarà reale per dono demoniaco?) di possedere Meg, sua madre putativa in tenuta elegante da sera, mentre Goldberg darà sfoggio delle sue doti di pervertito abusando per tutta la notte di Lulù, consenziente ma ubriaca come e più degli altri. Anche qui, il veicolo di disinibizione del diavolo è l’abuso di alcool, che scioglie freni inibitori e lingue biforcute. Perché nessuno, nemmeno Stanley in auto-esilio può affrancarsi dal conformismo alle regole sociali di produttore-consumatore, che sceglie il giusto Dio e il giusto Partito come vogliono i padroni del vapore. Spettacolo sulfureo al punto giusto, che sconcerta per tutta la sua durata e per l’assenza disorientante di una storia, di cui è possibile seguire tutto dall’inizio alla fine. Un concerto dodecafonico di voci, in pratica, in cui lo spettatore è chiamato a tirare a sorte per selezionare i dialoghi che gli offrono un filo conduttore e una interpretazione che vada oltre la follia!


di Maurizio Bonanni