mercoledì 1 febbraio 2023
Esistono edizioni di classici della letteratura in versione ridotta nelle maggior parte delle lingue. Si tratta per lo più di versioni per le scuole che in genere sono completamente riscritte, e a volte riscritte piuttosto male, da cui emerge in sostanza la trama delle opere condita da qualche descrizione banalizzata dei personaggi e degli ambienti. Sia nelle discipline linguistiche, sia talora anche in lingua italiana, nel tentativo di familiarizzare i giovani lettori con i capolavori della letteratura vengono talora propinati agli studenti rifacimenti scolastici e privi di alcun rilievo letterario con la motivazione che sarebbero più accessibili in rapporto alle competenze linguistiche degli alunni.
La motivazione potrebbe forse essere valida se non esistessero dei bei testi e dei classici comunque accessibili anche in versione integrale, o edizioni integrali corredate da note che le rendono fruibili a chi sta studiando una certa lingua e una certa storia della letteratura, ma siccome queste alternative sussistono da tempo l’unica possibile spiegazione è che alcuni docenti delle nostre scuole siano totalmente indifferenti ai veri motivi per cui I promessi sposi sono I promessi sposi, I tre Moschettieri I tre Moschettieri e il Don Chisciotte il Don Chisciotte, tanto per fare solo degli esempi. Ovvero, molti docenti dimostrano d’ignorare, o comunque manifestano una sostanziale indifferenza, per le qualità propriamente letterarie di molti capolavori su cui fanno lezione ogni anno.
Alcuni di questi vengono così riproposti dopo aver sciaguratamente sostituito la loro prosa con altre al cospetto mediocremente posticce e lasciando quasi intatte trame e intrecci narrativi, che costituiscono soltanto lo scheletro di ogni romanzo. Sarebbe un po’ come se, per far apprezzare la bellezza o la sensualità di Marilyn Monroe ai giovani – che quasi mai hanno avuto occasione di apprezzare in qualche film, perché a scuola si considera culturalmente irrilevante la storia del cinema – si facesse loro esaminare accuratamente il suo scheletro.
Questo modo di procedere, purtroppo sempre più diffuso, ha iniziato gradualmente a prevalere anche sulla scia delle dottrine formaliste e strutturaliste che hanno fornito a molti docenti di materie letterarie l’illusione di occuparsi di discipline non meno scientifiche di quelle che erano tradizionalmente ritenute tali, fino a indurli a smarrire in alcuni casi il senso formativo del proprio insegnamento. A questa tendenza, cui per fortuna si oppongono ancora numerose eccezioni, si è poi aggiunto l’imperativo culturale di matrice scientista di addivenire a verifiche oggettive mediante test idonei all’uopo, test che hanno finito col rafforzare e incoraggiare procedure didattiche già in atto.
In realtà, far leggere a un giovane un brutto libro, o comunque la contraffazione di uno bello, educandolo a ravvisare nelle imitazioni le ragioni della bellezza dell’opera originale costituisce non solo un’azione profondamente diseducativa sotto il profilo della formazione letteraria, ma anche il segnale che quanto si studia a scuola è sempre più finalizzato al superamento d’interrogazioni nozionistiche, di test invalsi o test d’ingresso universitari piuttosto che ad una formazione culturale degna di questo nome, ovvero una formazione in grado d’incidere in modo duraturo sulla personalità degli studenti e di sviluppare in modo efficace il loro senso critico e il loro gusto estetico, la loro capacità d’interessarsi alla cultura in generale, di leggere con piacere e di approfondire quanto la scuola gli propone di studiare.
Ma già il parlare oggi di gusto estetico rischia di apparire una desueta ingenuità: è infatti opinione diffusa che sui gusti, anche letterari, non si debba disputare, per cui conviene, piuttosto che leggere i capolavori della storia della letteratura imparando a esprimere le proprie impressioni e riflessioni in merito, misurare le competenze che consentono di riconoscere elementi narratologici che poco contribuiscono al piacere della lettura e a renderla un nutrimento stabile nella vita di una persona. Le funzioni narrative e le trame dei romanzi che molti studenti sono indotti a memorizzare con grande fatica, fino a provare spesso disgusto per la lettura, sono infatti riconducibili a poche condivise tanto da capolavori quanto da opere insignificanti e costituiscono solo lo scheletro comune agli uni e alle altre. Un gruppo di ricercatori dell’Università del Vermont ritiene per esempio che esistano solo sei trame fondamentali in tutta nella letteratura inglese. Lo studio è stato svolto mediante un algoritmo che ha filtrato i testi in base alle parole che li compongono, confrontando tra loro millesettecento opere della letteratura anglosassone dotate di qualità letterarie assai diverse.
Continuando a concentrare l’attenzione, piuttosto che sulla specificità della prosa e lo spessore umano e psicologico dei personaggi, sulla fabula e l’intreccio e più in generale su funzioni narrative comuni a testi inconsistenti e a classici immortali, tra una decina d’anni nessuno si lamenterà della scomparsa di quelle competenze che la scuola dovrebbe consentire di sviluppare e della qualità letteraria che essa dovrebbe consentire di riconoscere. Questa risulterà pertanto invisibile e finiremo così col buttare a mare inestimabili capolavori.
Come ha messo bene in luce Paola Mastrocola, “a breve l’umanità non sarà più in grado di leggere Shakespeare, Goethe, Dante e così via. E quindi li elimineremo”, perché tanto nessuno sarà più in grado di cogliere le differenze tra le loro opere e qualche testo che grossolanamente ne evochi le trame, magari elaborato da qualche intelligenza artificiale o da qualche umano plastificato da anni di stereotipata acculturazione.
La lettura dei classici, con buona pace di Italo Calvino e di molti altri scrittori che hanno cercato di sottolinearne l’importanza decisiva, verrà finalmente tumulata, ma potremo sentirci comunque soddisfatti, perché non ci sarà quasi più nessuno in grado di rimpiangere quelle ormai trascorse competenze che erano necessarie per cogliere certe differenze cruciali. L’approccio alla letteratura, come del resto a ogni altra arte, sarà così perfettamente massificato e commerciale, reso sostanzialmente non formativo dall’indifferenza all’impatto che ogni opera letta avrà avuto sulla vita di ogni lettore, alle sue reazioni non misurabili e difficilmente catalogabili e alle trasformazioni che avrà saputo provocare nello sviluppo della sua personalità.
La conclusione che se ne può ricavare, e a cui giunge la stessa Paola Mastrocola, non può che essere molto amara: “Quando quasi quarant’anni fa Nanni Moretti ci mostrò il Preside del Liceo Marilyn Monroe che ammoniva i suoi docenti più esigenti spiegando che compito della scuola era “informare, non formare” ridemmo tutti per l’arguto paradosso. Oggi scopriamo che in realtà era una vera e propria profezia!”.
di Gustavo Micheletti