martedì 31 gennaio 2023
Per la gioia e la felicità dei lettori che amano i grandi classici, da poco è disponibile in libreria una nuova versione del grande libro di cui è autore Giovanni Pico della Mirandola intitolato La dignità dell’uomo, pubblicata dalla Einaudi nella collana nuova universale, curata da Raphael Ebgi, autore di una straordinaria introduzione, e tradotta dal latino da Francesco Padovani. Questo testo di Pico della Mirandola è fondamentale per comprendere la civiltà rinascimentale e la funzione che in essa ebbe la cultura umanistica, ricavata dallo studio degli scrittori e dei pensatori del mondo antico. Nella parte iniziale di questa dotta dissertazione, che Pico della Mirandola avrebbe dovuto leggere al cospetto dei dotti del suo tempo, evento che mai si verificò, l’autore richiama la celebre massima di Mercurio, secondo cui l’uomo è un grande prodigio. Infatti tra le creature occupa un ruolo intermedio, posto com’è tra quelle celesti, di cui è intimo, e uno sovrano su quelle inferiori, prive di ragione.
È in grado di cogliere e interpretare i misteri della natura, perché è dotato e possiede sensi acuti, oltre che per la propensione a fare indagini razionali sulla realtà da cui è circondato, visto che la sua mente è ravvivata e illuminata dal lume della ragione. Per queste sue peculiari caratteristiche l’uomo, rispetto alle altre creature, possiamo considerarlo un grande prodigio. Questo è avvenuto, secondo la interpretazione straordinaria fornita da Pico della Mirandola, poiché l’artefice della creazione, a opera avvenuta desiderava che qualcuno cogliesse sia il senso vasto di una impresa così imponente sia la smisurata bellezza in essa racchiusa. L’uomo, in quanto contemplatore della natura e dell’universo, non poteva essere collocato in una posizione immutabile, a differenza della natura degli altri esseri viventi la cui condizione è vincolata dalle leggi imposte dall’artefice della creazione. Diversamente l’uomo, libero da qualsiasi vincolo, potrà decidere la sua natura e collocazione nel mondo in base al suo libero arbitrio.
Pertanto in base alla libera determinazione del suo volere, l’uomo potrà ridursi al livello delle creature inferiori prive di ragione, oppure mediante la conoscenza andare incontro a una rinascita grazie alla unione con le creature superiori, che hanno una natura divina e quindi perfetta. Il cielo non è tale per il corpo sferico, ma per la razionalità che lo informa. Allo stesso modo, a definire l’angelo non è la sua separazione dal mondo ma la natura eminentemente spirituale della sua intelligenza illuminata dalla luce divina. Se capita di incontrare un uomo che è soggiogato dalle illusioni della immaginazione ed è schiavo dei sensi, proprio come tra i miraggi di Calipso, è evidente che ci troviamo al cospetto di un uomo che regredisce a livello bestiale e ferino. Invece, se ci si trova dinanzi a un uomo capace di discernere ogni cosa usando la retta ragione, che conduce alla conoscenza della natura, appare innegabile che si presenta come una creatura celeste che merita ammirazione e venerazione. Sia nei sacri testi mosaici sia in quelli cristiani l’uomo è designato con la efficace espressione di ogni carne. Infatti è lui che può cambiare e modificare la sua forma, adattandosi alle circostanze esterne e alle condizioni esistenziali più diverse. Questo avviene, ed è importante comprenderlo, perché siamo nati in una condizione tale per cui possiamo essere ciò che vogliamo.
Osservando l’artefice della creazione e l’opera dell’artefice, come uomini ci abbandoniamo all’ozio fecondo della contemplazione, sicché saremo indotti a emanare la luce sfavillante che emana dagli angeli e dalle creature poste a contatto con il divino. L’ordine palladico, che si riferisce alla filosofia coeva all’epoca di Pico della Mirandola, porterà e condurrà l’uomo al culmine dell’amore e della carità verso il prossimo. L’uomo dovrà emulare e imitare la perfezione degli angeli e dei cherubini per liberarsi dal dominio delle passioni e dei sensi grazie alla scienza e alla filosofia morale, cosi come saprà dissipare, grazie al riferimento alle entità celesti, le tenebre che offuscano la ragione e liberarsi dalle incrostazioni dei vizi e della ignoranza. Giacobbe, il santissimo padre, è una figura essenziale per l’autore di questo libro, poiché secondo la sua descrizione viveva nel mondo inferiore me vegliava in quello superiore e divino. Analizzando l’anima, Pico della Mirandola nota che il piede dell’anima si riferisce alla sua parte più spregevole, poiché è legata alla materia, e quindi alla facoltà di nutrirsi e cibarsi, e riguarda la libidine e la mollezza dei sensi.
Per liberarsi dalla schiavitù perniciosa dei sensi l’uomo saggio e illuminato dalla sapienza divina deve affidarsi alla filosofia morale. Quando l’uomo avrà raggiunto questo risultato grazie al discorso e al discernimento razionale, potrà esaminare i diversi livelli della natura sul piano filosofico e conquistare la verità suprema. Per il filosofo Empedocle, che secondo Pico della Mirandola è l’interprete autentico di Giobbe, la nostra anima possiede una duplice natura; la prima ci conduce in alto fino alle realtà celesti, l’altra, invece, ci trascina verso il basso, fino alle realtà inferiori. Le due nature dissimili e in opposizione l’una con l’altra sono indicate con i nomi di discordia e amicizia, pace e guerra. Spetta alla filosofia della natura placare i dissidi che tormentano l’anima, trascinata da una parte all’altra dalle opinioni cangianti e mutevoli, rendendo possibile la conoscenza della verità. Grazie alla filosofia naturale tutti gli animi convergono verso la unica mente e sono posti nella condizione di contemplare le realtà divine attraverso il lume della ragione. Belle nel libro, questo grande classico della cultura europea, le interpretazioni proposte di due massime della filosofia morale, nulla di troppo, la prima, e conosci te stesso, la seconda.
Il primo si riferisce alla regola appropriata per ogni virtù etica, il secondo, in base all’insegnamento di Zoroastro e di Platone, dimostra che chi conosce se stesso ha la possibilità di comprendere i misteri della natura e della creazione. Per Pitagora la virtù eviterà che l’uomo arrivi a trascurare la parte razionale del suo animo, impedendo che si abbandoni alla inoperosità oziosa, ma lo indurrà a esercitare la dialettica e le facoltà della mente. Infatti è la dialettica che consente all’anima razionale di esaminare, giudicare e confrontare ogni cosa. Secondo Zoroastro l’anima nella sua essenza è alata, sicché quando le ali cadono, essa viene scacciata e precipita nel corpo, quando le ali ricrescono può volare di nuovo verso gli dei del cielo e contemplare la verità suprema.
Rispondendo ai critici del suo tempo, che gli muovevano la contestazione di avere posto in tenera età, ancora giovane, i grandi temi della creazione e della natura dell’anima umana e del divino imperscrutabile, Pico della Mirandola ricorda che per i grandi filosofi di ogni tempo, come Platone e Aristotele, non vi era strada più sicura per conseguire la conoscenza della verità che ricercavano, del dibattito libero e basato sul confronto dialettico delle grandi idee. Per i filosofi del mondo antico, il pensatore equilibrato non doveva abbracciare nessuna scuola particolare, ma era principio comune non tralasciare la lettura e lo studio di ogni trattato, tanto è vero che Platone chiamava lettore Aristotele.
Infatti, per l’autore di questo libro, è tipico delle menti ottuse e limitate aderire a una sola scuola tra il portico e l’accademia, per fare riferimento all’antica Atene. Pico della Mirandola cita nel suo testo il celebre libro di Agostino, Accademici, in cui il grande filosofo riconosce che in molti hanno tentato di dimostrare con le loro sottili e sapienti argomentazioni che le filosofie di Platone e Aristotele fossero parti costitutive di un unico pensiero, tesi fatta propria dall’autore di questo libro. In molte delle sue ricerche e dei suoi studi Pico della Mirandola è arrivato alla conclusione che vi sia accordo tra le posizioni, tradizionalmente considerate discordanti, di Scoto e Tommaso, da un lato, e dall’altro lato, tra quelle di Averroè e di Avicenna. Belle in questo grande libro sono le pagine sulla legge mosaica, sulla magia, sul rapporto intrinseco tra la filosofia greca e il cristianesimo. Un libro fondamentale per capre la cultura umanistica da cui ha tratto origine la civiltà rinascimentale.
La dignità dell’uomo di Giovanni Pico della Mirandola, Einaudi, 134 pagine, 22 euro
di Giuseppe Talarico