“L’inganno”: un libro coraggioso e insieme terrificante

lunedì 16 gennaio 2023


Ci vuole un gran coraggio per scrivere un libro come “L’inganno” di Alessandro Barbano. Ci vuole un gran coraggio a pubblicarlo (se ne renda il giusto merito alla Marsilio, la cui collana di saggi sta diventando qualcosa di imprescindibile). Non è un libro di “errori”, ma di “orrori” giudiziari, consumati “in nome del popolo italiano”. Si può ben immaginare con quanta amarezza si rammenta un passaggio di un libro “infantile” come il “Pinocchio” di Collodi; quando il burattino si trova a dover fare i conti con il giudice di Acchiappacirulli: innocente, quindi paghi. Mica tanto “infantile”, se andate a pagina 153 e seguenti.

Nella Calabria del procuratore Nicola Gratteri “non mancano le assoluzioni di massa di persone portate a giudizio, e spesso arrestate, da innocenti”. Errare è umano, si dirà; umani sono anche i magistrati, sicuro. Però, senza accusare nessuno d’essere diabolico, si resta perplessi di fronte alla quantità ripetuta di casi. Lo scrittore Mimmo Gangemi (di cui si consiglia la lettura di tutti i suoi numerosi libri), si è posto la domanda di quanti siano.

Leggiamo: “...Nel libro ‘Il caso Giustizia’, che però non ha mai visto la luce. La casa editrice che gliel’aveva commissionato, infatti, dopo aver letto il manoscritto, l’ha rispedito al mittente, considerando la tesi e le conclusioni dello scrittore calabrese troppo impegnative. In realtà Gangemi, che di formazione è ingegnere, ha compiuto un’operazione aritmetica, mettendo a confronto l’esito finale delle principali inchieste giudiziarie antimafia condotte in Calabria negli ultimi vent’anni. Il risultato è desolante: nei processi definiti, appena il 42 per cento degli imputati portati a giudizio è stato condannato, meno della metà. Il restante 58 per cento è stato assolto, con una percentuale minima di prescrizioni. Vuol dire che più della metà degli imputati è stata processata indebitamente. Se l’analisi si sposta sulle principali maxi inchieste coordinate dal procuratore Gratteri nella regione, e conclusesi con un giudicato, il bilancio è addirittura da brividi. Inchiesta Marine, Platì 2003: 215 indagati, 121 in carcere, alla fine i condannati risulteranno solo 8. Inchiesta Circolo formato, Marina di Gioiosa 2011: 49 a giudizio, 27 condannati, 22 assolti. Inchiesta Saggezza, Vibo Valentia e Locride 2012: 46 imputati, 19 condannati, 23 assolti. Inchiesta Ada, Melito Porto San Salvo 2013: 114 indagati di cui 65 arrestati, 43 condannati e 71 assolti. Inchiesta Metropolis, Africo e Marina di Gioiosa 2013: 25 indagati, 20 in custodia cautelare, 8 condannati e 17 assolti. Inchiesta Stige, Crotone 2018: 169 indagati e 104 per ora a giudizio con rito abbreviato, 66 condannati in primo grado”.

Fin qui le inchieste del procuratore Gratteri censite da Gangemi, hanno collezionato 171 condanne su 553 persone portate a giudizio. Meno del 31 per cento. Significa che su tre persone finite nel mirino della sua azione penale, due non meritavano il supplizio di un processo spesso lungo, costoso, doloroso. Il saldo di questo bilancio è parziale. Mancano gli esiti dell’ultimo blitz dell’agosto 2022 nel Cosentino con 202 indagati, e quelli del maxi processo Rinascita Scott, dopo il blitz scattato nel Vibonese nel 2019... C’è una formula giudiziaria che suona ancora più odiosa della vecchia “insufficienza di prove” che lasciava sempre un dubbio; la formula è “il fatto non sussiste”. Come può essere, come può accadere, che investigatori, pubblici ministeri, Gip, Gup, giudici di vario titolo e grado dibattano, studino, discettino; e alla fine stabiliscano che “il fatto non sussiste”. Non c’è. Non c’è mai stato. Un qualcosa di terrificante. Si vada a pag.51 del libro di Barbano, la storia del presunto auto-salone dei signori Capra e Deturres. Da manuale: un fatto che non sussiste è oggetto di una vera e propria odissea giudiziaria, con danni economici e psicologici irrisarcibili. Odissea ben concreta e reale, che sussiste provocando sconquassi e disastri. Capperi, se questi sussistono. Libro inquietante. Per chi ancora ha fiducia nel diritto e nella giustizia, un incubo, e non si esagera.


di Valter Vecellio