Visioni. “Sono Lillo”, la serie tivù comica convince a metà

venerdì 13 gennaio 2023


Lillo Petrolo è il protagonista assoluto di una serie tivù comica dall’andamento ondivago. Sono Lillo è un tormentone nato durante il programma Lol, Chi ride è fuori che diventa uno spin-off dall’esito incerto: a tratti irresistibile, in alcuni momenti faticoso. Il soggetto e la sceneggiatura sono firmati dallo stesso interprete e da Matteo Menduni e Tommaso Renzoni, per la regia di Eros Puglielli (autore de Gli idoli delle donne, Copperman, Nevermind). Il 60enne attore romano è un fuoriclasse riconosciuto. Insieme a Claudio Gregori costituisce una delle migliori coppie della comicità nazionale. Con Sono Lillo si misura con un interessante progetto televisivo solista, diviso in otto episodi, della durata di quasi mezz'ora ciascuno. Un’idea ambiziosa che nasce dalla collaborazione di Amazon Prime Video e Lucky Red. La serie è stata presentata in anteprima nell’ottobre scorso alla 17ª edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione non competitiva Freestyle. Lo stesso mese è stato pubblicato il primo trailer ufficiale. La serie è una sorta di romanzo di formazione in cui Lillo affronta la rottura di una relazione sentimentale e la deriva del percorso professionale. Entrambi i rapporti sono intrecciati alle fortune del personaggio di Posaman, l’alter ego e la coscienza dell’attore. Una specie di Grillo parlante in calzamaglia che dispensa consigli, lancia ultimatum, ma non vuole sparire. Naturalmente Lillo, come ogni attore, vuole evitare di fossilizzarsi su un personaggio. Quellunico personaggio che rappresenta la metafora dellimmobilismo. Per queste ragioni, sperimenta strade nuove. Deve confrontarsi con un universo grottesco di una Roma elegante, tra Ostiense e il Colosseo, popolata da ex comici da cabaret, amici bizzosi che amano i giochi di ruolo, agenti petulanti, camorristi beoni, registi intellettuali costretti a lavorare nel cinema hard o nella pubblicità. 

Così medita di entrare nell’azienda vinicola di famiglia. Riallaccia i rapporti con il fratello Edoardo (un didascalico Cristiano Caccamo) e la madre Veronica (una cattivissima Anna Bonaiuto). Si mette in discussione per riconquistare la moglie (una querula Sara Lazzaro ) che lo ha abbandonato. Sente arrivato il momento di cambiare, letteralmente, vita. La strada per il rinnovamento è sorvegliata da alcuni amici: l’agente Sergio Locatelli (un ispirato Pietro Sermonti ), che “rappresenta artisti” e Sante (uno spiritato Marco Marzocca ), che prova a risolvere in maniera improbabile ogni problema. Il luogo che Lillo frequenta con maggiore trasporto è il Kabuki, un teatro off gestito da un altro amico, Agenore (un ossessivo Paolo Calabresi), un ex comico invidioso dell’altrui talento, che vive nel ricordo di un fantomatico successo ottenuto anni prima in Cina. Sul palco del suo teatro, in ogni episodio, si assiste all’esibizione di cabarettisti italiani, nei panni di sé stessi. Si alternano Valerio Lundini, Edoardo Ferrario, Emanuela Fanelli, Caterina Guzzanti, Stefano Rapone, Michela Giraud, Maccio Capatonda. La serie non nasconde i numerosi omaggi. Da Boris (presente con quasi mezzo cast) alla serie Vita da Carlo di Verdone. Oltre all’omaggio più evidente, nella struttura, nell’ambizione e nella musica: il Woody Allen di Manhattan. Non a caso, l’intero progetto è contrappuntato dalle note della Rhapsody in Blue di George Gershwin . Al di là della prova eccezionale di Lillo, va segnalato il cammeo più divertente in assoluto, quello dello straordinario Corrado Guzzanti, che interpreta l’artista concettuale tedesco Sasha Von Tapper. La sua interpretazione è un’autentica perla. Da vedere e rivedere. Però il plauso al grande attore non nasconde le numerose pecche presenti nella serie tivù. Un racconto diseguale che vive di momenti a tratti tediosi, accelerazioni improvvise, ironia surreale, autoironia deflagrante, commedia romantica, comicità demenziale, umorismo molto poco raffinato. La serie tivù non convince del tutto. La scrittura meritava una maggiore attenzione. La narrazione si sviluppa, senza una vera conclusione, in maniera frammentaria, lungo gli otto episodi. Troppi.


di Andrea Di Falco