Verso il non uomo

martedì 13 dicembre 2022


Fui invitato a una riunione. Mi dissero: “Ti piaceranno argomenti e studiosi, scienziati quelli che me lo riferiscono”. Lessi quotidianamente costoro, ampia comunicazione, scrissero del passato e specialmente del futuro, tantissime proposte, sorvegliarono il pianeta, mi nominarono chi avrebbe parlato, non decifrai il nome, avrei avuto notizie strabilianti. Rarissimamente uscivo. Un saloncino, pieno, un posto, per me. In fondo, il tavolo, dietro un uomo nervosetto, mosse con la testa come gli uccelli, a scatti, segno di intelligenza, lo notai in persone non comuni, e animali vigili, lucertole, in specie, manguste. L’oratore fu presentato senza essere presentato. Avvio immediato, eccolo: “L’uomo deve finire anzi l’uomo è finito. Un periodo non lungo nella storia della natura ma abbastanza lungo per l’uomo come è stato e non sarà. Io vi annuncio l’estinzione dell’uomo”.

Il pubblico ebbe qualche movimento eccitato, qualche minimo sussurro, contenuto, devo dire. Un signore accanto a me, disse: “Perfetto, ha sentito?” e mi guardò come significare: “Ha capito la novità? Non diedi parole né gesto”. Il signore mi guardò ancora, chiedeva un apprezzamento, suppongo. Ma io non pronunciai parole né diedi movimento al corpo. “L’uomo è superfluo!”, continuò l’oratore. Anche stavolta mormorio della gente, il signore girato verso di me: “Ha sentito? Approvi”. Gli feci capire (mi toccai l’orecchio) che avevo sentito e mi voltai per ascoltare il magretto nervoso. “Nel campo del lavoro e perfino nel campo intellettuale l’uomo non è più necessario!”. Il pubblico rumoreggiò, qualcuno accennò di alzarsi, per la vibrazione nervosa, suppongo, ma tutto controllato. Il signore accanto non si rivolse a me, forse scontento della non reazione alle sue voglie. Gesto ampio allargando le braccia, e mani stese, l’oratore: “Noi vogliamo, noi decidiamo la fine dell’uomo!”. Una signora davanti a me si alzò di scatto come se una molla appuntita la ferisse e stramazzò ricadendo.

“Il lavoratore, l’uomo, la natura da questo momento sono aboliti! Noi decretiamo la cancellazione, la cancellazione del termine uomo, del termine natura, il passato al passato nel passato, il futuro a noi per noi. Viva il futuro! Non vogliamo un uomo come gli uomini che furono detti uomini, pensate, un uomo come altri uomini, una ripetizione, noi vogliamo il nuovo, noi vogliamo il non uomo!”. Uno scoppio applausivo, voci, bravo, bene, uno a voce turbolenta: “Sì, vogliamo il non uomo!”. Complimenti, pacche, strette di mano. L’entusiasmo ebbe effetto anche nell’oratore, credo, ridisse: “Non vogliamo un uomo come gli uomini che furono detti uomini”, e aggiunse: “Da questo momento è abolita a forza ogni manifestazione naturale dell’uomo in ogni vicenda, niente deve risiedere o passare dalla natura, né il cibo, né la procreazione, né il pensiero. Metteremo nel cervello oggettini e condurremo l’uomo come un serpente svelenito al suono del piffero. Chi usa la natura naturale, che riceverà?”. La condanna a morte! A morte, morte, gridarono (non tutti, però, alcuni restarono taciturni e rigidi.

Erano contrari, o soltanto riservati?). “Impediremo accoppiamenti fecondativi tra esseri viventi, umani e animali”. Stavolta vi fu un quasi silenzio, un certo sbandamento, posso errare. Il mio vicino mi toccò a zampetta con il gomito, se lo fece apposta, a dirmi: “Vede a che punto di generosità, invece di far morire centinaia di migliaia, milioni, miliardi non facciamo nascere, se il genere umano è inutile perché farlo nascere?”. L’oratore continuava il discorso, e io volevo ascoltarlo: “Ma, ma, ma, ma signore e signori la maniera sicura che è inutile generare uomini inutili è la morte presso che universale voluta da noi sull’umanità, non soltanto non far nascere ma chi è nato muoia in fretta o sospeso alla morte, così non genera!”.

Fragorosi gli applausi, la sala pareva una bomba, una signora lanciò dei fiori, un cagnolino tenuto nascosto nella borsa grande abbaiò terrorizzato e non si zittiva. Chissà, come mai uomini inneggiavano alla fine dell’uomo? Erano stati convinti che qualsiasi evento purché appaia come nuovo e di gran conto dobbiamo provarlo e approvarlo? Che portentoso accadimento un uomo non uomo, un uomo innaturale, un uomo che non crea, un uomo con innesti di tecnica, di alterazioni genetiche, un uomo guidato dall’esterno, un uomo che non usa come strumento la tecnica ma fa parte della tecnica. Non usa il mezzo ma è usato dal mezzo, un uomo senza interiorità, predisposto da fuori, soprattutto: un uomo superfluo, la società non ha più bisogno dell’uomo, l’uomo è un animale superato, tutto ormai può essere compiuto con le macchine e minimo impegno di uomini.

Certo, certo, ma verso quelli che si esaltavano a rinnegare l’uomo, mi insorgeva avversione. La gente si prolungava in entusiasmi. Ma della risonanza interiore, della capacità di esprimere, a nessuno importa? Inaspettato, di colpo, lacerante, un grido, davvero, prolungato, dolorosissimo, all’estremo, insopportabile, chi soffriva disperatissimamente, invocava? Mi chinai e, oltremodo inconcepibile, un bambino, appena alla vita, roseo, nudiforme, il viso sgorbiato dal soffrire, lo presi a furia, lo colmai con le mani, lo posi sotto gli abiti, di netto il volto si placò. Mi sorrise e strizzò gli occhietti, anzi, non mi sbaglio, no, fece moto perché ce ne andassimo. Lo risistemai, tra le mani e gli indumenenti, un calore tra me e quel pargoletto carnosino odoroso di vita fresca genuina. Che voleva essere protetto non trasgredito. Come non capirlo! Era la Natura!


di Antonio Saccà