Cinema ed etno-antropologia: “Panquiaco” di Ana Elena Tejera

giovedì 10 novembre 2022


Nel panorama delle cinematografie minori, quella panamense è tra le meno conosciute in Italia. Panquiaco, primo film della regista e attrice Ana Elena Tejera è stata un’autentica sorpresa. Il lungometraggio è stato presentato a Scoprir, decima edizione della rassegna del cinema iberoamericano, che si è da poco conclusa alla Casa del cinema di Roma. La regista, già nota per aver realizzato parte del restauro degli archivi militari di Panama e per aver ideato il Festival della Memoria, spazi urbani riqualificati con installazione di immagini provenienti da archivi politici, con questa sua opera prima si conferma artista originale e versatile.

In Panquiaco, prodotto nel 2020 e presentato in anteprima al Festival del cinema di Rotterdam per il concorso ufficiale Bright future, Ana Elena Tejera è riuscita a compiere la non facile operazione di documentare la dimensione etno-antropologica, attraverso una storia di nostalgia, senza mai compromettere le esigenze estetiche, la coerenza della narrazione filmica e senza mai cadere in una dimensione didascalica.

Panquiaco è il racconto della vicenda umana di un indigeno di Panama, emigrato in un villaggio nel nord del Portogallo, che sceglie di ritornare nella sua terra d’origine – la riserva di Guna Yala – per trascorrere gli ultimi giorni della sua vita. La nostalgia, in tutta la sua complessità, è il tema centrale. Il protagonista vive la lacerante e dolorosa contraddizione tra il distacco dalle proprie origini e il disagio di un’irrealizzata integrazione nel Paese d’adozione. Allora decide di ritornare a Guna Yala, dove ritrova il fratello, che gli mostra come si è trasformato il mondo che aveva lasciato e lo guida, con la sua saggezza ancestrale, in uno stato di consapevolezza interiore. La composizione delle scene è realistica e ben curata. Belli i colori accesi dei vestiti locali e le immagini dei suggestivi paesaggi lagunari.

La scansione del film è ben calibrata in uno sviluppo narrativo che procede inizialmente con lentezza per evolversi nella catarsi, con un andamento funzionale ai tempi dei momenti rituali della vita indigena determinanti per il raggiungimento della pacificazione del protagonista con se stesso. La regista fissa usi e costumi fondamentali nella vita Kuna: la famiglia, le feste, la morte e la religione. I canti, ripresi nel film sono in lingua originale, il Kuna, studiato negli anni Novanta dai ricercatori di etno-antropologia dell’Università di Siena, che ha così collaborato per preservare l’idioma dall’ estinzione, con una ricerca che ha consolidato le relazioni italo-panamensi.

Con questo film Ana Elena Tejera riesce a divulgare, a beneficio di un pubblico più vasto, le tradizioni di Guna Yala, unica riserva lagunare, tra le sette riserve della repubblica panamense. Panquiaco è l’ennesimo esempio che dimostra come l’estetica del cinema sia un potentissimo veicolo per trasmettere conoscenza.


di Laura Bianconi