Il mio vicino Adolf: le sorprese della vita

domenica 30 ottobre 2022


Quando il significato e la sorpresa finale stanno tutti nelle braghe di zio Adolf Hitler, dato che dopo di lui il Male non ha più nulla da imparare, lasciando così il posto al paradosso! Un bel giorno, negli anni Sessanta, subito dopo la cattura del criminale di guerra Adolf Eichmann, qualcosa e qualcuno viola la solitudine di un moderno eremita ebreo polacco, Polsky, che vive in una sperduta località della Colombia, unico e lunatico abitante di una casa a due piani che si trova in stato vegetativo per incuria e abbandono, sia all’interno che all’esterno, lungo una desolata strada sterrata senza numero civico (accessibile solo a un postino-eroe che spinge in salita la sua scassata bicicletta di servizio per la consegna dei quotidiani).

Un bel giorno Polsky, mentre tenta di prendere sonno nella sua branda malmessa, vede all’improvviso arrivare in quella sua desolata stradina operai, mobili e facchini per tirare a lucido la casa accanto, già in condizioni molto più lamentevoli della sua. I problemi con i misteriosi vicini arrivano subito, a causa di un cane aggressivo e irascibile, finto alsaziano, al quale il nuovo padrone dà ordini in tedesco e che, per prima cosa, viola il suo santuario in cui triste e solitaria vive una pianta di rose nere, le cui spine sono numerose come i terribili ricordi di Polsky, unico sopravvissuto e ritornato dai lager nazisti di una numerosa famiglia ebraica. Figurarsi la sua reazione quando ascolta i dialoghi in tedesco del nuovo e del tutto indesiderabile vicino, mentre conversa animatamente con una donna bionda di mezza età, che non si capisce se svolga funzioni di badante o di segretaria, o entrambe.

Grazie a una staccionata manomessa, vicina al rovo di rose nere, Polsky va a bussare furiosamente e a più riprese alla porta del vicino, incontrando due occhi azzurri di ghiaccio che lo terrorizzano perché gli ricordano quelli di Hitler, da lui incontrato di persona a un campionato mondiale di scacchi di Berlino. Da quel momento ha inizio la storia paradossale del film “Il mio vicino Adolf” del regista Leon Prudovsky, con interpreti principali David Hayman (Polsky) e Udo Kier (il presunto Adolf Hitler). A partire da quella visione traumatica, la vita di Polsky viene completamente sconvolta e da lì ha origine una sorta di copia caricaturale di Simon Wiesenthal, soprannominato il “Cacciatore di nazisti”, per smascherare il Fuhrer del genocidio. E non importa se l’ex internato dovrà all’occorrenza improvvisarsi ladro, scassinatore e topo di appartamento. Il tutto, pur di documentare al consolato israeliano le prove incontrovertibili che quel suo inquietante vicino è proprio il famigerato Adolf, l’ideatore della Shoah. Così Polsky si improvviserà detective privato, con tanto di teleobiettivo e macchina fotografica, alla stregua di Harry, interpretato da Gene Hackman, nel film di Frank CoppolaLa Conversazione” in cui il protagonista, fobico e con evidenti disturbi di socialità, cerca di evitare il più possibile coinvolgimenti di tipo affettivo e confidenziale.

Ambedue i protagonisti, a causa di circostanze fortuite, dovranno dolorosamente rinunciare ai loro grandi amori: il cane per Adolf; il cespuglio di rose nere per Polsky costretto a cedere al vicino una striscia del suo giardino, in base alla sentenza “salomonica” di un curioso giudice civile al quale il polacco aveva fatto ricorso. Per uno strano scherzo del destino, Polsky e il presunto Adolf hanno una passione in comune: gli scacchi, in cui il primo eccelle essendo stato a suo tempo un grande maestro che ricorda a memoria gli schemi di attacco e di difesa delle partite più famose. Intanto, Polsky colleziona e compara tutti i particolari delle caratteristiche somatiche di Hitler, prende nota delle abitudini e dello stile di vita del Fuhrer, compresa la tecnica pittorica con cui produce mediocri quadri, disegnati con la mano sinistra. La vera svolta avviene al momento in cui Polsky posa per il mancino Adolf, che gli regala poi il quadro con il ritratto. E, meraviglia delle meraviglie, il tratto pittorico coincide “esattamente” con quello di Hitler. A questo punto, il gioco sembra fatto. Ma, appunto, basta calare le braghe e le certezze evaporeranno come neve al sole.


di Maurizio Bonanni