Landis: “Il cinema è un’arte ancora molto nuova”

mercoledì 5 ottobre 2022


John Landis è tornato fra gli ospiti dell’edizione 2022 delle Giornate del cinema muto di Pordenone. Il regista americano ha ricordato John Belushi, l’attore e amico che ha diretto nei suoi due film cult, Animal House e The Blues Brothers. “Ci si dimentica – sostiene Landis – quanto sia ancora nuova l’arte del cinema. Il suo sviluppo è recentissimo, rispetto ad altre come la pittura o la scultura”. Ci colpisce quanto la settima arte “sia cambiata velocemente, e guardando ai film muti è incredibile il mondo nel quale geni come Griffith nei abbiano creato il linguaggio. Secondo me nel 1916 i film avevano già lo stesso valore di quelli di oggi”.

Landis è intervenuto insieme alla moglie costumista, Deborah Nadoolman Landis, la direttrice del David C. Copley Center for Costume Design dell’Ucla, che inaugura al festival una serie annuale di conferenze dedicate al tema dei costumi nel cinema muto, con l’incontro “Vestire Norma: la moda nel cinema delle origini”. Il cineasta ha partecipato alla fine della conferenza stampa della moglie, moderata dal direttore del festival Jay Weissberg. “Ho iniziato a lavorare nel cinema negli anni Sessanta – sottolinea Landis – Deborah negli anni Settanta, quando molti di loro, come Hal Roach o King Vidor erano ancora vivi ed erano a Los Angeles. Sono andato a cercarli e mi sono fatto raccontare come lavorassero”.

Landis ricorda John Belushi. “Era una persona straordinaria, non va identificato con i suoi personaggi. Quando abbiamo realizzato Animal House era libero dalle dipendenze, ma sfortunatamente quando abbiamo girato insieme The Blues Brothers, era tossicodipendente dalla cocaina, e ciò porta a bere e ad altre conseguenze. Chiunque conosca le dipendenze sa che l’unico capace di controllarle è la persona stessa, non si può intervenire dall’esterno”. John “era una persona di grande talento, amabile e dolce, adoravo lavorare con lui. La sua morte è stata una grande tragedia. Non abbiamo avuto l’occasione di vedere tutto ciò che sarebbe stato capace di realizzare”.


di Eugenio De Bartolis