“Siccità”: con l’acqua alla gola

martedì 4 ottobre 2022


Che cos’è Roma senz’acqua, dove camminano sul letto del fiume Tevere (completamente essiccato, cosparso di relitti e spazzatura, sul quale si muovono grandi cavie fuggite dal laboratorio) un somarello, una donna incinta seduta all’amazzone, e un falegname palestinese che lo conduce con una rudimentale corda, ricordando così il prodromo dell’Epifania? Rappresentano queste sacre figure soltanto un’eco vicina e lontana dell’aridità dell’animo umano contemporaneo, o un monito escatologico nel giorno in cui l’acqua diverrà preziosa più dell’oro, provocando il ritorno al Pianeta delle scimmie?

Siccità di Paolo Virzì è interpretato da Silvio Orlando, Valerio Mastandrea, Elena Lietti, Tommaso Ragno, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Monica Bellucci, Diego Ribon, Max Tortora, Emanuela Fanelli, Gabriel Montesi, Sara Serraiocco. Il film è la narrazione di un delicato gioco a incastro e di prestigio attorno a un globo di veli sovrapposti e istoriati: sfilato il primo ne appare subito un secondo più interno, con la sua storia nella storia e così via, per cui eventi all’inizio privi di sinapsi, man mano sviluppano un proprio tessuto connettivo che li collega progressivamente, interferendo e unendosi tra di loro mentre si arricchiscono di progettualità poi abortite e fallite.

Vite umane alla deriva, di grandi ricchi arroccati nei loro castelli del privilegio e di poverissimi allungati in file chilometriche per l’acqua, in cui l’avidità dei primi si somma alle infinite miserie e allo splendore caratteriale dei secondi, che a tratti aprono fauci da belve contro i loro stessi fratelli e sorelle di sfortuna. Uno scenario sempre complesso, dinamico e inafferrabile, in cui ad esempio non bastano a sciogliere il grumo atavico di rancore le lacrime di una figlia incinta, sposata con una specie di Neanderthal, ricercata dopo trenta anni da un padre uxoricida, semi infermo di mente e straccione, auto reclusosi a vita in una prigione come Rebibbia che è la sua unica, vera casa di barbone.

Stesso destino per la ricca “cornuta” di lusso, che fa scudo con la propria oligofrenia sapiente al furto d’acqua pubblica da parte della grande catena alberghiera di famiglia, dove in hotel extralusso, blindati all’interno del loro paradiso artificiale, vip viziati, incoscienti ed egoisti fanno il bagno in piscine riscaldate e termalizzate, assediati appena fuori i cancelli dalla protesta popolare, contenuta da polizia e bodyguard infedeli. E poiché i flagelli vengono a stormi, anche la siccità ha i suoi fedeli esecutori per lo sterminio di massa, in uno scenario apocalittico, dove le terapie intensive e gli obitori sono i contabili delle vittime di una terribile febbre narcolettica veicolata dalle blatte, che infestano case, luoghi pubblici e strade.

Nel rimescolamento dei ruoli, i figli educano con la loro confusa sofferenza e dolcezza in musica genitori assenti e adolescenziali, che giocano il tradimento di coppia, tutti prigionieri della palla avvelenata dei social, in cui Narciso è un animale gigante coprofago, che si nutre degli escrementi dell’Amore. Nell’humus di un meccanismo numerico universale che tritura vite e ossa senza scheletro, proliferano i lavoretti tipo Uber, ai quali si dedica un bravissimo Valerio Mastrandrea nel ruolo di autista improvvisato, in cui i fantasmi del passato sono in pratica i suoi unici clienti che lo tengono sveglio quando il virus del contagio inizia il cammino per infestare la sua ragione. Poi, c’è la scienza che danza assieme a tutti questi frammenti, con lo scienziato televisivo che dice e predice il destino collettivo di una società umana senz’acqua, denunciando le responsabilità collettive e il tradimento dei pubblici poteri, corrotti, impreparati e irresponsabili.

Ma il sapiente è pur sempre un uomo e la sua carnalità è corruttibile come quella di tutti gli altri e, se messa alla prova, viola tutti i tabù auto imposti bevendo Martini immerso in una piscina privata assieme a una grande attrice sua ammiratrice, malgrado le migliaia di pagine scritte per ammonire il mondo sulla siccità incombente e profetizzare la riconquista delle terre emerse da parte degli oceani. Per non parlare di moglie e figlia che lo deridono e parlano esclusivamente del suo aspetto, senza dare peso a una sola sua parola quando lo scienziato parla al pubblico televisivo di un mondo che sta morendo di siccità!

Ma, fortuna che esiste il ridicolo, per cui un professore in disarmo (un bravo Diego Ribon), che dorme in macchina con il suo sontuoso cane da caccia, scopre l’ironia e la solidarietà con il diverso, un giovane immigrato che ha tante cose da dire sull’uso ancestrale di come risparmiare la rarissima acqua nelle regioni assetate dell’Africa, al quale nessuno dà veramente la parola, sfruttandone unicamente l’immagine a beneficio del Politically Correct! Per contrappasso e a irridere la scienza della catastrofe, alla fine piovono abbondanti lacrime di pioggia che si fanno nubifragio, macerando tomi di superflua sapienza e rendendo finalmente uguali tutti i cittadini sotto lo stesso cielo, coperto di nubi piene di vita che cancellano l’orrore della morte. Da non perdere.


di Maurizio Bonanni