“Oliva Denaro”, un “no” per cambiare la storia

venerdì 2 settembre 2022


Se nasci gemella di un fratello maschio nella Sicilia degli anni Sessanta, sei di certo su una “sliding door”. Se, poi, hai per sorella maggiore una che si chiama Fortunata, alla quale capita di abortire dopo essere stata violentemente picchiata dal proprio marito che ne rinnega la paternità, benché costretto a sposarla proprio a causa di quella gravidanza, allora sei sull’otto volante senza la cintura allacciata. Perché una femmina adolescente che ha avuto le “sue cose” è perennemente a rischio di ridursi a una brocca rotta che, come una “carta sporca, nessuno se la riporta”, ovvero diventa una persona disonorata, praticamente impossibile da maritare in quella parte di profondo Sud.

Viola Ardone, con la sua ultima opera, Oliva Denaro (Einaudi editore 2021), ricostruisce in versione romanzata una storia vera, tratta da un fatto clamoroso di cronaca effettivamente accaduto nella seconda metà degli anni Sessanta ad Alcamo (Martorana, nel romanzo), in provincia di Trapani. Protagonista di quel dramma fu Franca Viola, figlia di contadini e fidanzata a un figlio di un mafioso locale. Dopo la rottura del fidanzamento, la famiglia di Viola fu assoggettata a una serie di violente minacce e intimidazioni: il loro vigneto venne distrutto e il casolare annesso bruciato. Finché l’ex fidanzato, Filippo Melodia, decise di rapirla con l’aiuto di ben dodici complici. Franca fu violentata, malmenata e lasciata a digiuno, quindi tenuta segregata per otto giorni.

Cosicché i suoi genitori non solo fecero arrestare il Melodia, ma rifiutarono la così detta paciata, convenzione sociale non scritta per mettere le famiglie dinnanzi al fatto compiuto del matrimonio riparatore che, avendo già compiuto Franca i 14 anni, per l’articolo 544 del Codice penale di allora (noto come il “Codice Rocco”), poi abrogato mezzo secolo dopo la sua promulgazione con la Legge 442/81, estingueva il reato sia per il Melodia che per i suoi complici, purché la vittima avesse acconsentito.

Ma Franca, per la prima volta nella storia, disse per l’appunto “No”, e Melodia venne condannato in primo grado a 11 anni di prigione, poi confermati in Cassazione. Il racconto della Ardone descrive magistralmente quel dramma secolare (il rapimento a scopo di matrimonio) che ha trovato una soluzione giuridica solo verso la fine degli anni Settanta, grazie alle battaglie e alle lotte di tante donne semplici e coraggiose di tutte le classi sociali. Quando nacque Oliva, all’inizio degli anni Cinquanta, in Italia esisteva ancora il “delitto d’onore” (articolo 587 del Codice Rocco, per cui si veniva condannati a pene detentive lievi per (pluri)omicidio, se attuato quest’ultimo per vendicare l’onor proprio o della famiglia di appartenenza), mentre lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona e, per tale motivo, punito con sanzioni lievi. Occorrerà attendere altri 15 anni dal 1981 perché lo stupro venga finalmente considerato nel 1996 come un reato “contro la persona”.

Nel romanzo, al centro di quell’universo gretto e provinciale (descritto con la tecnica del “Cristo Velato”, in cui il tessuto della Sindone non è di lino ma di marmo sottilissimo), la Ardone colloca la sua specialissima capanna del Presepe, con la Madre-Madonna calabrese, sartina di paese dai costumi più che austeri che vive di frasi fratte proverbiali, tratte dalla storia millenaria della sua terra di Calabria, e ha il terrore di “Che cosa dirà la gente”, avendo due figlie nubili da maritare.

Dall’altra parte del campo (letteralmente) c’è un meraviglioso padre contadino, che conosce la regola aurea del silenzio, del rispetto e dell’onore in una terra aspra e di lupara, coltivando con grande passione il suo orto e la salute mentale delle sue figlie, soprattutto quella della piccola Oliva, fedelissimo segugio che l’accompagna sistematicamente nella sua ricerca di lumache e di rane, da rivendere pulite e mondate nel mercatino locale. Poi, c’è per l’appunto lei, Oliva Denaro, donnina giudiziosa che meglio non si potrebbe, adolescente dotata e portata per gli studi, che vive di giorno in giorno i piccoli drammi del suo corpo acerbo che si trasforma più lentamente di quello delle sue coetanee, fino a raggiungere la piena maturità sessuale e diventare veramente bella, come leggerà per la prima volta negli occhi e nelle parole di sua madre, il Vangelo e il vero (apparente!) capofamiglia per i suoi figli e il marito.

Filippo Melodia si trasforma nel racconto (assai fedele, peraltro, alla storia vera) in un pasticcere con legami mafiosi come suo padre, e “tinge” di nero l’onore di Oliva, costringendola a ballare stretta a lui in una festa paesana, in modo da “comprometterla” agli occhi di tutti i presenti. Da lì, arricchito dai pettegolezzi feroci e spietati della piccola comunità locale, nasce il dramma umanissimo di Oliva, stretta dal cappio invisibile dell’impiccato, confezionato sul rosario delle maldicenze, che la costringe a lasciare la scuola magistrale, abbandonando il suo sogno di ricalcare i passi e l’esempio della Maestra Rosaria, un faro di modernità e di profondità intellettuale, all’interno di una gola temporale dove il tempo si è fermato a secoli prima.

Per fortuna di Oliva, nel buio appaiono due lanterne a indicarle la strada del riscatto e della resurrezione: la sua compagna di studi Liliana (che diventerà una brillantissima deputata del Pci e condurrà in porto la sua battaglia per i diritti della donna) e il padre di lei, Antonino Calò, comunista saggio e convinto che la introduce ai segreti del ragionamento politico e della consapevolezza delle scelte. Altra bellissima figura, che appare solo alla fine, quando c’è da istruire il processo e trovare un bravo avvocato che patrocinasse il caso “pro-bono”, è Maddalena: ragazza-madre, costretta dalla famiglia a dare in affido sua figlia alla nascita della bambina, intrisa di una profonda e affascinante pietas, unita alla voglia di combattere per le cause giuste riguardanti le donne e il loro vissuto, che le vede collocate ai margini di una società iper-maschilista.

Costruttivamente, il finale di Oliva che ritorna dopo molti anni passati sul Continente a insegnare a Martorana (un “atto politico”, che culmina con l’incontro freddo e glaciale con il suo rapitore invecchiato, che la sua vittima riesce finalmente a guardare negli occhi senza più alcun timore!) è arricchito di preziosi passaggi sul suo ricongiungimento con tutti i membri della famiglia, sposati, divorziati e risposati con figli. Le ultime pagine, in particolare, costituiscono un magistrale controcanto a due voci, quella del padre e di Oliva, cadenzati da brevi capitoli giustapposti, in cui i passaggi finali dei pensieri dell’uno coincidono esattamente con l’inizio dei ricordi dell’altra. Un libro imperdibile, in corso di traduzione in varie lingue così come lo è stato il primo, bellissimo romanzo della Ardone, Il treno dei bambini.

Oliva Denaro di Viola Ardone, Einaudi editore 2021, 312 pagine, 18 euro


di Maurizio Bonanni