L’astrattismo vitalistico di Filippo Minolfi

lunedì 11 luglio 2022


La scomparsa di Filippo Minolfi è un evento qualsiasi, un evento inesistente, quasi che egli appartenesse alla categoria degli anonimi. Io pure la apprendo adesso, tardi. Mi spiace radicalmente non poterlo rivedere. Se fossi tornato a Messina di certo l’avrei rivisto. Abitava di rimpetto alla casa dei miei familiari, una zona quasi liberty, senza nominare gli arredi di massicci mobili, poltroncine a gambe storte e armadi colossali. Borghesia di vecchio stampo, “persone per bene”, diciamo. Mi sembrava di tornare a qualche secolo passato. Poi, sotto casa lo studio, e solo quadri. Centinaia. Minolfi dipingeva per se stesso. Mai una figura umana, immagini geometriche, rettangolari, cubiche, longitudinali, o superfici assolute di un colore o colori accostati. Un quadro grande con una specie di asse di legno che sembrava uscire dalla tela e si scagliava nell’infinito. Era uno dei dipinti più prepotenti, ardimentosi di vita che abbia mai visto.

Certi piccoli quadri azzurri, colore mare dello Stretto geometrizzato, ineguagliabili. Era nitido, pulito, astratto, ma non inaridito, un vero mondo di queste composizioni che, pur mancando di presenza umana, facevano gioire chi le guardava. Astrattismo vitalistico, dinamico. Che ne sarà? Il fratello, un collezionista di antiquariato che mi faceva compagnia quando tornavo a Messina, in un mercatino dove si trovavano pezzi imprevedibili (autografi di Giovanni Gentile, se ben ricordo, e sia pure in lontana fotocopia, l’autografo di Alessandro Manzoni de Il Cinque Maggio, e mobili locali da metterseli in tasca), purtroppo è morto.

Che ne sarà di quei quadri? Era riservato, anacoretico, umilissimo, l’eccessivo pudore del farsi valere o l’eccesso di concentrazione nel fare lo distoglieva dal saperci fare. Ne esistono molti. Quando più frequentemente tornavo in Sicilia ovunque conoscevo persone che non temevano confronto, però chiusi, imprigionati nella periferia e spesso ornate dal famoso scetticismo meridionale. Che sarà dei quadri di Filippo Minolfi? Dovrebbe esistere un ente che raccoglie quadri, scritti, musiche, che salva la cultura. E se esiste occorre renderlo conosciuto. Vi sono patrimoni creativi di persone che furono artisti, pensatori per se stessi. Amico nella vita e amico dopo la vita. Filippo Minolfi, pittore.


di Antonio Saccà