Il dramma di Miguel de Unamuno nel film di Amenábar

giovedì 9 giugno 2022


L’intera vita di Miguel de Unamuno, il più importante personaggio della cultura spagnola, filosofo, romanziere, drammaturgo e poeta, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, è, tutta, dolorosamente segnata dal destino della Spagna, in progressivo declino e sconvolta da ricorrenti guerre civili. Il film di Alejandro Amenábar Lettera a Franco (uscito, a causa della pandemia, nelle nostre sale a fine maggio scorso, mentre nelle sale spagnole l’uscita è avvenuta nel settembre 2019) racconta la vicenda personale e politica di Miguel de Unamuno, rettore dell’Università di Salamanca allo scatenarsi della Guerra civile spagnola del 1936. Nel tentativo di risollevare la Spagna Miguel de Unamuno, interpretato da Karra Elejalde, impegna tutto se stesso confrontandosi e scontrandosi con il potere politico, spesso anche a rischio della sua libertà e della sua vita.

L’esistenza intera di Unamuno ha tutti gli elementi per un film avvincente, ma certamente gli ultimi mesi della sua vita, sono quelli più tormentati e controversi: il governo della Repubblica aveva sollevato il filosofo dalla sua carica di rettore per le sue simpatie golpiste, ma successivamente la giunta di Burgos lo reintegra chiedendogli, però, di redigere un manifesto ufficiale in sostegno del golpe. Miguel de Unamuno, inizialmente si rifiuta, ma successivamente sarà costretto ad accettare.

Alejandro Amenàbar per ambientare il suo ultimo film sceglie proprio questi ultimi mesi di vita del grande intellettuale spagnolo, che coincidono con l’inizio dell’ultima guerra civile, drammatico evento storico che pesa ancora oggi enormemente nella coscienza della Spagna. Miguel de Unamuno sosteneva la repubblica, ma rimanendone deluso a causa del fanatismo e degli eccessi ideologici che suscitavano violenti contrasti, caos e morte, vide, inizialmente, nel sollevamento dei militari uno strumento per un ritorno a una normale vita democratica nell’ambito dell’ordinamento repubblicano, ma fu ancora una volta amaramente deluso e dovette ricredersi: capì presto, che il pronunciamento di Franco portava in una direzione altrettanto ideologica e fanatica, piena di contrapposizioni violente, arresti arbitrari e uccisioni.

In particolare, all’arresto e alla successiva morte di due suoi cari amici, il pastore evangelista Atiliano Coco (Luis Zahera) e il professore universitario socialista Salvador Vila Hernandez (Carlos Serrano-Clark), con i quali aveva avuto vive discussioni a causa delle sue iniziali simpatie golpiste e per i quali aveva cercato di intercedere senza successo presso il “caudillo” Franco (Santi Prego). L’arresto del sindaco socialista di Salamanca prima e dei suoi amici poi, lo rendono consapevole di quanto fosse stata sbagliata la sua iniziale valutazione politica. Decide così di riparare pubblicamente al suo errore, a rischio della sua stessa vita nel suo noto discorso, pronunciato il 12 ottobre 1936 in qualità di rettore dell’Università di Salamanca, in occasione di un’importante cerimonia.

In una scena concitata, magistralmente descritta dal regista, Miguel de Unamuno, davanti alle massime cariche militari e a un pubblico di fanatici legionari, afferma: “Voi vincerete perché avete soverchia forza bruta. Ma non convincerete. Perché, per convincere, bisogna persuadere. E per persuadere occorre quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta. Io considero inutile esortarvi a pensare alla Spagna”. Gli risponde brutalmente il generale Millàn-Astray (Eduard Fernàndez), gridando il motto dei legionari spagnoli: “Viva la Morte!”. Unamuno risponde “Viva la vita!”. Unamuno esce dall’ateneo rischiando di essere linciato e si salva solo perché gli è a fianco la moglie di Franco, Carmen Polo (Mireia Rey), ma seguono la sua immediata e definitiva destituzione dall’incarico e gli arresti domiciliari fino alla sua morte, avvenuta il 31 dicembre 1936. Il film è molto coinvolgente, ben diretto dal regista e interpretato in modo convincente da tutto il cast.


di Laura Bianconi