Centenario di Ugo Tognazzi: grande amante ma non misogino

martedì 5 aprile 2022


Comico, drammatico, grottesco, anticonformista. Nel cinema, teatro, spettacolo ha interpretato tutto. Dalla commedia all’italiana ai ruoli intensi con la regia di Alberto Bevilacqua (La Califfa), Bernardo Bertolucci (La tragedia di un uomo ridicolo), Marco Ferreri (La grande abbuffata), solo per citarne alcuni. Nella memoria collettiva Ugo Tognazzi è soprattutto “Il federale”, senza dimenticare la trilogia di “Amici miei” e “Il vizietto”. A cento anni dalla nascita – a Cremona il 23 marzo 1922 – di “Ottavio” ribattezzato Ugo si può dire abbia incarnato “l’amante per antonomasia” di cucina, amicizie, convivialità. E di donne. Tre compagne e quattro figli: Pat O’ Hara, ballerina britannica di origine irlandese con cui si fidanzò nel 1954 e da cui ebbe Ricky, il maggiorenne attore, regista, sceneggiatore e produttore; Margarete Robsham, attrice norvegese, sposata nel 1963, da cui nacque Thomas, arrivato alla candidatura degli Oscar 2022 con “La persona peggiore del mondo”; Franca Bettoja sposata 1972 la quale, con i figli Gianmarco e Maria Sole versatili dietro e davanti la macchina da presa, è stata “la sultana” di Tognazzi uomo, amico e padre.

Nessuno più di lui è stato antesignano di mode e costumi precorrendo i tempi coi travestitismi e con la famiglia allargata. Erano gli anni della cattolicissima Democrazia Cristiana, dei tre Papi Giovan Battista Montini, Albino Luciani e Giovanni Paolo II, del Partito Comunista italiano del divorzio e del compromesso storico. All’arguto non sfuggì il grande cambiamento, così che l’arte continuava oltre il set, nella vita privata. Oggi questa dimensione domestica e paterna è il capolavoro della storia di un italiano. All’epoca a chi lo intervistava sui suoi scandalosi amori, andava ripetendo: “Non tramonterà nulla, la mia è la famiglia oltre la famiglia”.

Questo legame forte e intrinseco lo raccontano i figli Ricky, Gianmarco e Maria Sole, che per la celebrazione hanno scritto a otto mani – con il fratello norvegese Thomas – “Ugo. La vita, gli amori e gli scherzi di un papà di salvataggio” (Rai Libri). Il trio ha presentato la pubblicazione alla effervescente Mondadori Bookstore di Velletri, dove Ugo e Franca avevano stabilito dimora epicurea, così come l’estate la scena si spostava a Torvaianica nel villaggio che ancora porta il suo nome. Oggi “La Tognazza” veliterna è una tenuta ricca di memoria, curata dal figlio Gianmarco, che produce il noto “Conte Mascetti” e altri vini dei Castelli Romani e ospita assaggiatori, cinofili nonché amanti del quieto vivere.

A sei anni ho capito la potenza del cinema”, racconta Ricky. “Era il 1961 e andavo a trovare papà sul set de “Il federale” di Luciano Salce, in cui Ugo faceva il fascista Arcovazzi che nella Roma liberata ancora sfilava con la divisa. Ricordo le scene dei bombardamenti, sembravano vere. Dai, che è cinema, minimizzava papà. Ma anche alla prima all’Adriano gli tenni la mano per tutto il tempo terrorizzato, mentre lui mi consolava sono io papà, quello vero. Quel giorno ho intuito quanto fosse potente la macchina da presa e lì sono nato a questo mestiere”.

Tognazzi papà di salvataggio” in quanto genitore spesso assente, talvolta distratto, ma come le ciambelle delle barche nel momento cruciale sempre disponibile con i preziosi consigli e il suo originale savoir-vivre.

Io con lui ho avuto un rapporto burrascoso”, spiega Gianmarco, di recente nel cast in “Tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese e “A casa tutti bene” di Gabriele Muccino oltre alle serie tv con Alessandro Gassmann. “L’adolescenza è il tempo delle ribellioni e papà non gradiva essere contraddetto. Fatale tra noi fu la mia partecipazione al Festival di Sanremo nel 1989, di cui seppi all’ultimo minuto quando finalmente Pupi Avati mi aveva scelto spontaneamente per una parte. Non mi puoi far fare queste figure, urlava papà incitandomi a scartare l’offerta. Non ci parlammo per un anno e per tre anni sono finito esiliato dai set, così che mi diedi a studiare teatro”.

Un papà autorevole, ma anche autoritario”. Maria Sole è stata la più in disparte, la più pudica, colei che “il padre l’ha partorito” dopo la scomparsa, prematura a 68 anni, nel sonno, per emorragia cerebrale. “Mi intimidiva farmi riconoscere come sua figlia”, ricorda l’ultimogenita regista, che sul celebre genitore ha realizzato il documentario “La voglia matta di vivere”. “Di lui mi hanno attratto più di altri i film di Marco Ferreri. Li guardavo e pensavo, cavolo, ma allora quel tizio che veniva così spesso a cena, quell’uomo con la barba che dava la sensazione di essere sempre incazzato, quella figura che un po’ mi spaventava era in realtà un genio, un genio assoluto”.

Un istrione sagace, tagliente, ma buono. La comicità di quegli anni aveva il privilegio di scalfire l’ordinario, di graffiare il politicamente corretto, ma non odiava, nutriva invece quel nucleo originario italico misto di ironia e di bontà.

Ugo Tognazzi non era un misogino”, conclude Simona Izzo, da quasi trent’anni compagna di Ricky, sceneggiatrice, attrice e regista, che della famiglia custodisce la fenomenologia: “Lui amava le donne e la curiosità lo spingeva a fare esperienza. Ma la sua forza era il riuscire a farle tutte amiche, tutte rispettate, tutte amate, a convivere con ognuna una parte esclusiva di sé”.

(*) Ricky, Gianmarco, Thomas e Maria Sole Tognazzi, “Ugo. La vita, gli amori e gli scherzi di un papà di salvataggio”, Rai Libri, 18 euro


di Donatella Papi