Le origini di un popolo e le evoluzioni socio-economiche

venerdì 1 aprile 2022


Lo storico romano Ammiano Marcellino, scrivendo intorno al 390, in una digressione della sua opera dipinge gli Unni come un popolo rozzo e incivile: “Il popolo degli Unni… supera ogni limite di barbarie. Siccome hanno l’abitudine di solcare profondamente con un coltello i bambini appena nati, affinché il vigore della barba, quando spunta al momento debito, si indebolisca a causa delle rughe delle cicatrici, invecchiano imberbi, senz’alcuna bellezza e simili ad eunuchi. Hanno membra robuste e salde, grosso collo e sono stranamente brutti e curvi, tanto che si potrebbero ritenere animali bipedi o simili a quei tronchi grossolanamente scolpiti che si trovano sui parapetti dei ponti… sono così rozzi nel tenore di vita da non aver bisogno né di fuoco né di cibi conditi, ma si nutrono di radici di erbe selvatiche e di carne cruda di qualsiasi animale, che riscaldano per un po’ di tempo tra le loro cosce e il dorso dei cavalli… Adoperano vesti di lino oppure fatte di topi selvatici, né dispongono di una veste di casa e di un’altra per fuori. Ma una volta che abbiano fermato al collo una tunica di colore sbiadito, non la depongono né la mutano finché, logorata dal lungo uso, non sia ridotta a brandelli… E nelle assemblee… tutti in questo medesimo atteggiamento discutono degli interessi comuni… Nessuno di loro ara né tocca mai la stiva di un aratro. Infatti tutti vagano senza aver sedi fisse, senza una casa o una legge o uno stabile tenore di vita. Assomigliano a gente in continua fuga sui carri che fungono loro da abitazione. Quivi le mogli tessono loro le orribili vesti, qui si accoppiano ai figli sino alla pubertà… Sono infidi e incostanti nelle tregue, mobilissimi ad ogni soffio di una nuova speranza e sacrificano ogni sentimento ad un violentissimo furore. Ignorano profondamente, come animali privi di ragione, il bene ed il male, sono ambigui ed oscuri quando parlano, né mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizione, ma ardono di un’immensa avidità di oro. A tal punto sono mutevoli di temperamento e facili all’ira, che spesso in un sol giorno, senza alcuna provocazione, più volte tradiscono gli amici e nello stesso modo, senza bisogno che alcuno li plachi, si rappacificano”.

La descrizione di Ammiano, secondo lo storico revisionista Christopher Kelly, non è del tutto attendibile, in quanto influenzata dal topos letterario della contrapposizione tra lo straniero percepito come “rozzo” e “incivile” e i “civilizzati” Romani. A detta dello storico australiano, tutti i popoli al di fuori del confine romano, erano considerati razze inferiori e senza leggi, e venivano caratterizzati dunque come brutali, disonesti, irrazionali, feroci, incolti, senza una buona forma di Governo o una vera religione. Inoltre, la descrizione di Ammiano è influenzata dai suoi modelli letterari (in primis Erodoto quando descrive gli Sciti), ed è improbabile, secondo il suddetto storico, che Ammiano abbia mai fatto personalmente conoscenza con un unno, a differenza dello storico del V secolo Prisco di Panion, che visitò la corte di Attila e fa una descrizione più attendibile e positiva, e meno stereotipata degli Unni.

Potrei continuare a parlare delle provenienze e delle origini del popolo russo ma voglio evitare, perché ho paura di cadere in un banale atteggiamento razzista; un atteggiamento che non solo contrasterebbe con i grandi contributi storico-culturali prodotti da grandi uomini russi, ma, soprattutto rischierebbe di assolvere la follia commessa da un cittadino russo come Vladimir Putin; cioè rischieremmo di provare solo un senso di pietà per un uomo che con un simile Dna non poteva fare altro che possedere queste folli mire espansionistiche.

Tuttavia, non posso non riprendere un passaggio dello storico romano Ammiano Marcellino prima riportato che, a mio avviso, descrive, in modo davvero sconcertante, un atteggiamento del popolo unno che non credo, nel settore del giornalismo moderno, qualcuno sia stato in grado di utilizzare per caratterizzare Vladimir Vladimirovič Putin: “Ignorano profondamente, come animali privi di ragione, il bene ed il male, sono ambigui ed oscuri quando parlano, né mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizione, ma ardono di un’immensa avidità di oro. A tal punto sono mutevoli di temperamento e facili all’ira, che spesso in un sol giorno, senza alcuna provocazione, più volte tradiscono gli amici e nello stesso modo, senza bisogno che alcuno li plachi, si rappacificano”.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)