Oscar 2022: un’edizione di basso livello, dalla pace alla violenza

lunedì 28 marzo 2022


L’Oscar che doveva promuovere la pace sarà ricordato per un atto di violenza. Will Smith (nel corso della serata riceverà la statuetta per il miglior attore) ha sferrato un pugno in pieno volto al comico Chris Rock, reo di avere pronunciato una pessima battuta sul conto della moglie del collega. Il conduttore aveva ironizzato sull’aspetto di Jada Pinkett Smith (testa rasata per via dell’alopecia di cui soffre da tempo), sostenendo che il suo prossimo film sarebbe stato il seguito di Soldato Jane. Il riferimento evidente è al film in cui Demi Moore interpretava un soldato e aveva la testa rasata. Tornato al proprio posto Smith aveva inveito duramente contro Rock. Purtroppo non era uno sketch programmato. Nella serata in cui si è osservato un minuto di silenzio per le vittime dell’invasione russa in Ucraina, l’attore premiato per King Richard - Una scelta vincente (sulla storie delle tenniste Williams) ha dato un pessimo esempio in mondo visione. Numerosi i nastrini giallo-azzurri indossati dalle star, ma l’atteso collegamento con il presidente ucraino Volodymyr Zelenksky non si è realizzato, nonostante gli appelli di Sean Penn, che aveva minacciato di fondere in diretta le sue due statuette se questo non fosse successo.

Tutto il resto è passato in secondo piano, in questa 94esima edizione (di basso livello). A vincere per la categoria miglior film è stato I segni del cuore – Coda di Siân Heder, superando Il potere del cane di Jane Campion. Dunque, Apple ha battuto Netflix. Ma la Campion ha ottenuto il suo riconoscimento personale. È stata la terza donna nella storia degli Oscar a vincere come miglior regista per quel western atipico arrivato alla vigilia dei premi con ben 12 nomination, vincendone uno solo. È stata la rivincita su Steven Spielberg, candidato per West Side Story che le aveva sottratto il premio quando era entrata in cinquina per Lezioni di piano.

L’Academy Award ha deluso l’Italia: sono rimasti fuori Paolo Sorrentino, che correva per il miglior film internazionale con È stata la mano di Dio e ha perso contro il giapponese Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi. Non ce l’hanno fatta neanche Enrico Casarosa, per il cartone animato Luca (impossibile battere Encanto) e Massimo Cantini Parrini dei costumi di Cyrano, battuto da Jenny Beavan di Crudelia. Tanti temi sono venuti alla ribalta: la disabilità in primo luogo, e poi i diritti Lgbtq evocati da Jessica Chastain vincitrice (con standing ovation di tutto il Dolby Theatre di Los Angeles) come migliore attrice per Gli occhi di Tammy Faye nel ruolo di una telepredicatrice popolarissima negli anni Ottanta che, in controtendenza con l’ortodossia della destra religiosa negli anni dell’Aids, si era presa a cuore la causa dei gay. Tema anticipato già da un altro Oscar storico: quello a Ariana deBose migliore attrice non protagonista per la parte di Anita in West Side Story, non solo la seconda latina dopo Rita Moreno per lo stesso ruolo nel 1962, ma anche la prima persona apertamente Lgbtq a vincere un premio per la recitazione.

Troy Kotsur, premiato come non protagonista di Coda è il primo attore sordo a vincere un Oscar. Belfast, ispirato all’infanzia di Kenneth Branagh ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura originale. Dune ha sbaragliato sul fronte tecnico: di 10 nomination, sei sono diventate statuette, tra cui la colonna sonora di Hans Zimmer. Billie Eilish e il fratello Finneas hanno vinto con No Time to Die il premio per la migliore canzone. E per i documentari la Summer of Soul del festival di Harlem 1969 riportata alla luce da Questlove. Un rapido omaggio ai 50 anni del Padrino, con Francis Ford Coppola, Al Pacino e Robert De Niro sul palco. In chiusura, un altro momento di commozione: una fragilissima Liza Minelli in sedia a rotelle ha presentato con Lady Gaga i dieci film in corsa per l’ultima statuetta.


di Eugenio De Bartolis