giovedì 10 marzo 2022
Da quando lo scopersi, molti anni fa, il mio fumetto preferito, anzi la mia graphic novel, per essere più precisi, d’elezione è il capolavoro di Brian Talbot, Le avventure di Luther Arkwright, una vera e propria monumentale opera d’arte, giocata su tali e tanti livelli che qui non è possibile affrontare in breve spazio. Uno dei personaggi nei quali s’imbatte il Capitano Arkwright degli Ussari di Sua Maestà Britannica, in un rutilante multiverso che è debitore dell’immaginario infinito di Michael Moorcock, è la singolare “amazzone” russa, anzi al tempo ancora sovietica, chiamata Octobriana, con la quale lo stesso Luther condividerà non soltanto azioni di combattimento contro le forze disgreganti, ma notti infuocate ad alto tasso erotico.
Octobriana viene ripresa da Talbot e riportata così alla vita della grande narrativa grafica degli anni Ottanta, riesumandola da un passato che altrimenti l’avrebbe relegata a un curioso fenomeno di costume underground della Guerra fredda. Lei è una supereroina – ma niente a che vedere con l’americanissima Wonder Woman – creata da Petr Sadecký sui disegni di Bohumil Konečný e Zdeněk Burian, due dissidenti sovietici che negli anni Sessanta facevano parte di un gruppo politicamente schierato dal nome Progressive Political Pornography, definito poi più semplicemente dall’acrostico PPP. Non si sa ancora oggi se ciò corrisponda a verità o se sia un’ennesima leggenda metropolitana, ma è invece plausibile che Octobriana nasca negli ambienti goliardici delle università sovietiche di quel tempo, finendo per assumere i suoi connotati slavi, caucasici e mongolici quasi definitivi, nel 1966.
La stampa del fumetto underground era difficoltosa con gli strumenti dell’epoca, ma questo non fermò il suo successo e ben presto l’eroina dalla chioma biondo platino, d’oltre cortina, approdò in Occidente divenendo subito una vera e propria icona laica del fumetto samizdat, ovvero di quel particolare tipo di pubblicazioni clandestine che venivano create e stampate “in proprio” e poi distribuite personalmente. Octobriana, nell’idea dei suoi creatori, dovrebbe incarnare – e di carne ne ha molta – i principi della Rivoluzione d’Ottobre, appunto, ma in realtà combatte sempre contro qualsiasi tipo di dittatura e di oppressione, sia essa comunista sia occidentale.
La leggenda della sua genesi, la vorrebbe figlia di una vichingo – non dimentichiamo che la Rus era in origine una nazione creata da genti nordiche – e di una principessa tolteca di nome Mahari. Un insolito connubio dunque che già fa presagire l’assoluta singolarità della progenie, ma sarà il suo immergersi nelle fiamme radioattive di un vulcano a rendere immortale Octobriana non soltanto come eroina ma anche libera a tutt’oggi da qualsiasi diritto d’autore e di copyright. Fatto più unico che raro nel mondo del fumetto, che ha fatto sì che il suo personaggio potesse essere utilizzato liberamente per le più varie cause e da differenti artisti.
L’aspetto ipergiunonico di Octobriana, dalla curiosa e barbarica capigliatura, è sottolineato non soltanto dai suoi tratti somatici ma soprattutto dalla stella rossa che porta tatuata sulla fronte. L’eroina sovietica affascinò anche David Bowie, che avrebbe voluto portarla sul grande schermo in un film, interpretata dall’amica Amanda Lear, nell’ormai lontano 1974. Lo stesso anno in cui usciva nelle sale The Final Programme di Michael Moorcock, tratto dall’omonimo suo romanzo con la regia psichedelica di Robert Fuest, con il suo altrettanto bizzarro e mercuriale personaggio di Jerry Cornelius, ma questa è un’altra storia.
Octobriana, come qualunque eroe che si rispetti è conosciuta anche con molti altri nomi: “Il Drago bianco” o ancora “la ragazza dal bianco volto che giunge dal cielo” e persino con l’apocalittico “la madre delle sette stelle rosse”, armata di un revolver, di un coltello e di una collana di denti di squalo che l’avvisano della presenza di radiazioni, combatte i suoi nemici con la furia di una guerriera provetta in storie che offrivano al lettore titoli tra l’ironico e il grottesco come La sfinge vivente dal vulcano radioattivo Kamchatka 1934 oppure Octobriana e i figli atomici del presidente Mao. Per rappresaglia politica allora, la stampa sovietica, affermò sulla Literaturnaya Gazeta che i suoi ideatori erano non soltanto dei criminali della peggior specie, ma anche dei noti omosessuali, facendo sì alla fine che il creatore della supereroina venisse condannato in contumacia ad otto anni di carcere.
Non ultimo tra i suoi estimatori, il cantante pop degli anni Ottanta, Billy Idol si fece tatuare su un braccio l’effige di Octobriana e in seguito, più precisamente nel 2003, parrebbe sia stato realmente girato anche un film intitolato Octobriana e il dito di Lenin nel quale l’eroina russa è interpretata dall’attrice Noora Pili, con la regia di Jyrki Pitkä. Anche questa pellicola resta tuttavia avvolta nel mistero. Insomma, Octobriana, con tutti i suoi risvolti politici, sociologici e artisticamente anarcoidi, resta ancora indelebilmente impressa nell’immaginario fantastico – ed erotico – di tutti coloro che hanno vissuto il tempo della Guerra fredda e degli blocchi contrapposti, e adesso ritorna d’attualità spingendoci a seguirla idealmente in nuove avventure, lei matrona immortale incarnante l’eterno femminino, non femminista ma donna d’azione, libera e autodeterminata, tanto da farci chiedere se non potrebbe essere proprio le sue curve a rappresentare l’attuale nuova Russia dello “Tsar” Vladimir Putin… del resto lei è immortale, nata dalle fiamme radioattive di un vulcano.
(*) Tratto da Pangeanews
di Dalmazio Frau (*)