Sanremo, top e flop della serata cover

sabato 5 febbraio 2022


Noemi: si lancia spericolatamente in un pezzo leggendario di Aretha Franklin, ma pronuncia l’inglese come Matteo Renzi al cospetto del sultano. Francamente, nonostante l’immotivata convinzione, non regge il confronto con l’originale. Inoltre deve essere seguita da uno stylist daltonico. Questo non è il suo Sanremo, su. Voto: 4.

Giovanni Truppi con Vinicio Capossela: avevano a disposizione uno dei capolavori (cioè, sono tutti capolavori) di Fabrizio de André, ma lo interpretano un po’ stile cantata sul pullman in gita scolastica. Con loro Mauro Pagani all’armonica, meravigliosamente. Comunque è sempre un bene bene che qualcuno venga a ricordarci che per quanto ci crediamo assolti siamo per sempre coinvolti. Voto: 6,5.

Yuman: fa la scelta autolesionistica di confrontarsi con “The Voice” nel suo brano simbolo. All’inizio pare vergognarsene, e infatti sussurra. Sul finale si riprende. Voto: 6.

Le Vibrazioni” con Sophie and The Giants: la prima esibizione degna della serata. Col Maestro Beppe Vessicchio che non dirige ma suona il piano, creano una bella atmosfera rock-sinfonica per “Live and let die”. Voto: 8.

Sangiovanni con Fiorella Mannoia: per cominciare, va premiata la scelta di “A muso duro” di Pierangelo Bertoli, che quando è uscita, probabilmente, non erano nati nemmeno i genitori di Sangiovanni. E proprio i giovani farebbero bene ad impararla a memoria. Comunque, lui è – financo troppo – disinvolto e la Mannoia canta, perché canta. Voto 6.

Emma con Francesca Michielin: l’arrangiamento avrebbe anche reso sopportabile uno dei manifesti dell’inconsistenza – musicalmente parlando – degli anni ’90 (“Baby one more time” di Britney Spears). Però lo cantano maluccio, la Michielin meno peggio. Voto: 5.

Gianni Morandi con Jovanotti: propongono un medley autocelebrativo di un paio di successoni di entrambi, ché un rinforzino della Siae non fa male nemmeno a loro. Senza grandi pretese interpretative, però è chiaro che si divertono parecchio. Il pubblico li premia perché lo fa da decenni. Voto: 6,5.

Elisa con Elena D’Amario: una canta, l’altra balla “What a feeling” di Irene Cara. Bene, ma per chi ha vissuto la generazione Flashdance è chiaro che gli originali erano una spanna sopra. Voto: 7.

Achille Lauro con Loredana Bertè: durante l’esibizione Achille lascia la scena alla Bertè, perché è evidente che come “bellissima” (nonché come cantante) sia più credibile lei di lui. Poi se la riprende alla fine, facendo recapitare alla collega un mazzone di rose rosse e la lettera che l’uomo della canzone avrebbe dovuto scrivere. Tutto un po’ paraculo, ma meglio di tante altre cose viste e – purtroppo – udite ieri sera. Voto: 6.

Matteo Romano con Malika Ayane: con “Your song” è difficile sbagliare. Non brillano ma se la cavano. L’insieme faceva un po’ nave scuola col pupo, ma nel bassissimo livello generale della serata di ieri è andata di lusso. Voto: 7.

Irama con Gianluca Grignani: fa sempre tristezza pensare a ciò che Grignani avrebbe potuto essere e non è stato. Cantano il suo pezzo di esordio “La mia storia tra le dita”, Irama ce la mette tutta, ma alla fine l’esibizione va a casaccio. Voto: 5,5.

Donatella Rettore e Ditonellapiaga: loro sono le vere regine di questa edizione, quindi, con un pezzone come “Nessuno mi può giudicare”, ti aspettavi scintille. Invece giusto qualche miagolio. Voto: 5.

Iva Zanicchi: abbigliata come la madre dello sposo, propone “Canzone” di Milva, che compare inizialmente in un video d’epoca. Il tutto serve solo a far rimpiangere l’artista scomparsa da poco. Voto: 5.

Ana Mena con Rocco Hunt: c’è da credere che la ragazza, dopo questo Sanremo, in Italia non la vedremo più tanto di frequente. Le giurie non sempre azzeccano il podio, ma sulle ultime posizioni vanno forte. Look ed esibizione - un medley di pop anni Ottanta italo-iberico - di difficile commento. Nulla può Rocco contro l’inconsistenza della compagna. Voto: 2.

La Rappresentante di lista con Cosmo, Margherita Vicario e Ginevra: una delle meno peggio cover della serata. Portano la mitica “Be my baby” delle Ronettes e la reinterpretano in versione elettronica. Il tailleur in domopak è, forse, un omaggio all’ Elio de “La terra dei cachi”. O forse no. Voto: 7,5.

Massimo Ranieri con Nek: scelgono “Anna verrà”, l’omaggio di Pino Daniele alla Magnani. E si potrebbe chiudere qui, ma l’abbinamento delle due voci fa un po’ l’effetto delle cozze con la Nutella e, comunque, erano sottotono entrambi. Voto: 4,5.

Michele Bravi: ci conferma che la tendenza per l’anno in corso è il capello unto e bisunto, che è una grande comodità per chi ha poco tempo libero da impegni lavorativi. E le belle notizie finiscono qui. Per il resto il buon Bravi fa scempio di “Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi”: non imbrocca una nota che è una, fa un’espressione più schifata di quella che avevamo noi spettatori e, alla fine, non ci risparmia l’omaggio ai nonni defunti, nell’infondata speranza che qualcosa possa la pietà. Voto: 1.

Mahmood e Blanco: non stiamo a girarci in torno: se questi due vincono il Festival ci sta. Cantano bene, il piccolo anche meglio del grande. “Il cielo in una stanza” è quello che è e loro la interpretano con grande rispetto per il brano e per l’autore. Aggiungasi che ormai sono due modelli delle grandi firme che li hanno vestiti in queste serate, che decisamente non hanno lesinato creatività. Il voto risente delle valutazioni comparative, ma quest’anno il convento passa ciò. Voto: 9.

Rkomi: niente, questa è l’edizione dell’ascella en plein air, che anche il rapper milanese non ha, generosamente, mancato di infliggerci. Porta un medley di tre brani di Vasco Rossi pre-andropausa (quindi ancora accettabili) e, con grande coerenza, li stona e li storpia tutti. Il tutto veramente poco comprensibile. Voto: 2.

Aka7even con Arisa: a petto avanti in spregio al pericolo, sceglie “Cambiare” del compianto Alex Baroni. Uno che, a differenza di Aka, la voce ce l’aveva. Arisa prova a spiccare il volo, il compagno la tira giù. Sotto la sufficienza. Voto: 5.

Highsnob e Hu con Mr. Rain: la risposta alle tesi complottiste sulla morte di Tenco: è vero, Sanremo non vuole bene al mai troppo compianto cantautore genovese. Il duo prende “Mi sono innamorato di te” e la strazia, nonostante l’ottimo arrangiamento orchestrale. Mr Rain infligge il colpo di grazia con una intro e altri inserti rap che chi glieli avrà chiesti boh... Voto: 4.

Dargen D’Amico: porta “La Bambola” di Patty Pravo, sa stare sul palco, diverte e canta anche bene. Sarebbe stato un degno papabile per il podio, invece il popolo lo ha retrocesso, nella classifica generale di ieri sera, al tredicesimo posto. Questo Paese è sempre meno comprensibile. Voto: 8.

Giusy Ferreri con Andy dei Bluevertigo: la butta sul facile, con “Io vivrò senza te” (Lucio Battisti) e la canta dignitosamente con un arrangiamento accattivante. Ma non basta. Questo Sanremo è andato, Ferrè. Voto: 6.

Fabrizio Moro: solo lui, soli gli uomini che canta (Pooh, vincitori a Sanremo 1990), stecche a passo di carica. Quanta tristezza. Voto: 4.

Tananai con Rosa Chemical: Tananai è, giustamente, ultimo in classifica generale e ormai non lo insidia più nemmeno Ana Mena, già ribattezzata sui social “Anna MENAteglie”, per dire. Un massacro, povera Raffa. Voto: 0.


di Maria Chiara Aniballi