“Sulla riva del mare” del premio Nobel Abdulrazak Gurnah

martedì 1 febbraio 2022


Per la cultura occidentale esiste la necessità di misurarsi con la eredità storica e culturale del colonialismo, in virtù del quale la vecchia Europa ha dominato altri popoli e civiltà. Il premio Nobel del 2021 è stato attribuito allo scrittore Abdulrazak Gurnah, scrittore e docente universitario di letteratura inglese, che su questo periodo della storia ha scritto libri memorabili e straordinari, uno dei quali è da poco approdato in libreria, pubblicato dall’editore La Nave di Teseo con il titolo Sulla riva del mare. All’inizio della narrazione compare Saleh Omar che avverte il bisogno di fare il resoconto dei piccoli drammi a cui ha assistito nella sua vita, ed in cui ha svolto un ruolo, ed il cui inizio e la cui conclusione si allontanano dal presente per essere confinati nella dimensione della memoria e del passato. Per Saleh Omar non è facile evitare di ammettere il significato di quello che ha visto e sperimentato nella sia vita. Passeggiando e vagando per la via della città inglese dove adesso vive, pensa che bisogna tenere presente una differenza essenziale, tra l’atmosfera superiore, in cui vi è la mancanza di agitazione, perché li vivono Dio e gli angeli, impegnati a discutere di alta politica e a scongiurare il tradimento e la ribellione. E La seconda atmosfera, che lui definisce oscura e dolorosa, la quale gli pare popolata da prigionieri innocui e fantasiosi, inclini a credere a qualsiasi cosa e disposti ad inchinarsi dinanzi a qualsiasi autorità, che formano una massa priva di spirito e sottomessa al potere arbitrario degli uomini.

Saleh Omar confessa di appartenere a questa seconda atmosfera, essendo un rifugiato politico, che ha lasciato il suo Paese in Africa in età matura. Ricorda, quando giunse in Inghilterra, il dialogo che ebbe con un rappresentante della autorità governativa inglese, Kevin Edelman, a cui esibì un falso documento di identità e al cospetto del quale finse di ignorare la conoscenza dell’inglese. Kelvin Edelman, in questo dialogo letterario che mostra cosa rappresenti lo sradicamento per gli immigrati, fa notare a Saleh Omar che nessuno gli darà lavoro, essendo anziano, che dovrà affrontare il peso della solitudine e, qualora dovesse ammalarsi, nessuno si prenderà cura di lui. In questa prima parte della narrazione, Saleh Omar medita sul periodo del colonialismo e riconosce che il mondo intero aveva già pagato per i valori europei, anche se per molto tempo aveva pagato e basta, senza poterli godere i valori europei tanto esaltati e celebrati. I portoghesi, pensa, sbucarono, dopo avere circumnavigato il continente, inaspettati e animati da uno spirito distruttivo da quel mare sconosciuto e ignoto, per porre fine alla geografia medievale e tracciare nuovi confini e nuove mappe. l’impero britannico cominciò a dissolversi e una triste ritirata divenne ineluttabile, anche se il colonialismo durò a lungo, poiché doveva ancora arrivare la crisi di Suez, e le crudeltà del Congo e dell’Uganda, e altri terribili crimini contro i diritti umani, pensando ai quali era impossibile negare che il dominio britannico non aveva portato altro che benefici ai popoli africani. Pensando alla istruzione che aveva ricevuto nella sua patria, Saleh Omar ricorda che gli insegnanti parlavano della nobiltà di chi nella storia si è opposto alla tirannide e poi di sera applicavano il coprifuoco oppure mandavano in prigione quanti si ribellavano al loro dominio, invocando la indipendenza.

Saleh Omar ricordava il dialogo che aveva avuto con la rappresentante dell’Onu per i rifugiati, Rachel Howrand, a cui aveva confessato che Rajab Shaaban non era il suo vero nome, ma si riferiva alla identità di un uomo con cui aveva avuto nel suo Paese di origine una lunga e tormentata disputa legale. Rachel, supponendo che Saleh Omar non conoscesse l’inglese, si preoccupò di trovare un interprete. L’interprete era Latif Mahmud, docente di letteratura inglese a Londra. Rachel, confessa a Latif Mahmud, di cui conosce le doti di studioso di letteratura, che l’uomo per il quale dovrà fare da interprete ricorda per la sua rassegnata remissività e passività al cospetto delle vicissitudini che hanno segnato il suo destino, il personaggio di un grande racconto di Hermann Melville intitolato Bartleby lo scrivano. Presto si scoprirà che Latif Mahmud è il figlio di Riab Shaaban Mahud, la persona dietro la cui identità si è nascosto Saleh Omar, appena approdato in Inghilterra. In questa parte del libro è straordinaria la descrizione dei due percorsi esistenziali che delineano i destini di due uomini che, una volta rotti i ponti con l’Africa, si ritrovano in Inghilterra. Lathif Mahmud era giunto a Dresda per studiare e diventare un medico, visto che la Germania dell’est aveva stabilito di favorire la formazione intellettuale dei giovani africani. A Dresda, la citta di Wagner e Schiller, Lathif Mahmud si era trattenuto per un breve periodo, prima di decidere di trasferirsi in Inghilterra, dove era diventato un noto docente universitario di letteratura Inglese. In Inghilterra, il Paese in cui Saleh Omar aveva ottenuto il riconoscimento di rifugiato politico grazie alla legge che in Inghilterra ne prevedeva la concessione ai cittadini in fuga dalle nazioni in cui era a rischio la loro vita, avviene l’incontro tra queste due persone che conversando e dialogando rivivono le vicende della loro rispettive famiglie. Saleh Omar, osservando negli occhi Latif Mahmud, ricorda che si era sposato nel 1963, l’anno in cui vinse la causa contro suo padre Rajab Shaaban Mahmud. Saleh Omar, per farsi perdonare, ricostruisce tutta la vicenda che aveva avuto un esisto infausto per il padre di Latif Mahmud. La vicenda nella narrazione mostra come l’avidità per i possesso dei beni e delle proprietà possa offuscare la mente degli uomini. Saleh Omar, che allora era un ricco commerciante di mobili, aveva concesso un prestito ad un uomo di affari, Hussein, il quale aveva dato come garanzia, per la mancata restituzione della somma di denaro, la casa che apparteneva a Rajab Shaaban Mahmud.

Poiché Hussein non aveva restituito la somma di denaro a Saleh Omar, questi legalmente era divenuto proprietario della casa del padre di Latif, che di fatto aveva perduto tutto ciò che gli apparteneva. In seguito, quando la rovina si era abbattuta sulla sua casa, Rajab Shaaban Mahmud si rivolse alla religione con trasporto, iniziando un periodo di pentimento e di rinascita spirituale. Saleh Omar, per essere divenuto il proprietario della casa di Rajab subì una vera persecuzione. Infatti la moglie di Rajab, Asha, donna avvenente, era l’amante del ministro dello sviluppo e delle risorse economiche, sicchè fece di tutto per iniziare una seria di azioni vendicative e palesemente persecutorie contro Saleh Omar. Saleh Omar venne rinchiuso per anni in carcere, perdette la moglie e la figlia quando era stato privato della libertà personale, e dovette subire un lungo periodo di sofferenze che anni dopo lo indussero a lasciare il suo Paese in Africa per giungere in Inghilterra. In questa seconda parte della narrazione questi episodi sono tali da assumere un chiaro significato simbolico, poiché mostrano il fallimento politico dei sistemi di governo che sono sorti in Africa dopo la fine e la conclusione del periodo coloniale che ebbe il suo culmine con il dominio dell’impero Inglese. Questo del premio Nobel Abdulrazak Gurnah è un libro bello e profondo per capire i rapporti tra l’Europa e la civiltà africana e per riflettere sul periodo storico del colonialismo.

Sulla riva del mare di Abdulrazak Gurnah, La nave di Teseo 2021, 384 pagine, 20 euro


di Giuseppe Talarico