Giulio Guidorizzi reinterpreta l’Edipo Re di Sofocle

mercoledì 12 gennaio 2022


Nella collana la voce degli antichi, edita dalla casa editrice il Mulino, è stata pubblicata di recente una nuova traduzione dell’Edipo Re di Sofocle, tragedia di enorme valore letterario, preceduta da un saggio scritto da Giulio Guidorizzi, studioso di letteratura greca e docente universitario. Ricorda Guidorizzi, all’inizio del suo saggio, che l’Edipo Re è molto più di un’opera teatrale, poiché Sofocle con la composizione di questo testo letterario drammatico e immortale diede vita ad un modello. Infatti, questo dramma, durante i secoli e nel corso delle epoche che si sono succedute, ha rappresentato un punto di riferimento imprescindibile per pensatori come Aristotele e Freud. Per Aristotele, L’Edipo Re era l’esempio della tragedia perfetta, per Freud conteneva elementi essenziali per esplorare la natura inafferrabile dell’inconscio. Come Guidorizzi ricorda nel suo saggio letterario, colto e profondo, i temi della tragedia sono: il destino, la volontà, le passioni, il carattere assurdo del dolore umano e della ingiustizia.

Ciò che rende affascinante questo testo, è la rimozione, la tensione che lo attraversa dovuta al sapere e al non sapere, al fatto che la storia rappresentata, riguardante l’indicibile, è sospesa tra il dire ed il nascondere. L’Edipo Re di Sofocle, proprio perché narra una storia terribile, pone il lettore e lo spettatore di fronte a ciò che è indicibile, poiché mostra e rivela che l’esperienza umana non è governata da regole ma dipende da un groviglio di fili dei quali non si può afferrare il capo. Il destino e la libertà, sono questi i temi fondamentali presenti in questa storia indicibile e terribile, Edipo che uccide il padre Laio, e sposa, senza saperlo, sua madre Giocasta. Infatti, come nella tragedia viene notato in più punti, Apollo aveva decretato e deciso il destino di Edipo Re prima ancora che venisse al mondo. L’Edipo Re, osserva Guidorizzi, dimostra che le azioni, da cui dipende il destino di una persona, possono essere separate dalla volontà.

Le azioni di Edipo, in apparenza libere, in realtà avverano la profezia divina e lo conducono, alla fine del dramma, a vivere la tragedia decisa da Apollo. Guidorizzi, da grande studioso, individua e coglie le due dimensioni che definiscono la personalità di Edipo, quella luminosa e quella oscura. Affidandosi al mito, la tragedia greca riesce ad evocare e a rappresentare la materia fiammeggiante dell’anima umana, in cui vi è la presenza di un groviglio di passioni, istinti e pulsioni che l’io razionale non sempre riesce a dominare e a governare. Edgardo Morin a questo proposito mette in luce il fatto essenziale che l’homo sapiens non può fare a meno di essere, in alcune circostanze, homo demens. Il delitto, di cui è responsabile Edipo Re che uccide suo padre Laio, avviene all’incrocio di tre strade. I protagonisti di questa terribile scena di violenza erano il padre ed il figlio, ma non lo sapevano, così come il figlio Edipo non sa che suo padre molti anni prima aveva cercato di farlo morire, abbandonandolo, indifeso e neonato, nelle montagne inaccessibili. Sul luogo del delitto, dove Edipo inconsapevole uccide suo padre Laio, irrompono forze oscure e incoercibili quali la violenza, la rabbia inconsulta e la paura terrorizzante. Per Jean-Pierre Vernant lo scontro tra il padre ed il Figlio, Laio ed Edipo, assume un chiaro significato simbolico.

Infatti, a causa di una terribile profezia, il padre non accettava di convivere e condividere lo spazio vitale con suo figlio. A questo proposito, in riferimento al rapporto tra la libertà ed il destino, per Guidorizzi Apollo ha preparato il percorso che Edipo deve compiere, ma Edipo con la sua libera volontà lo segue senza esitazioni o dubbi. Infatti l’Edipo Re è ritenuta la tragedia della passioni, a cui il personaggio mitico non riesce a sottrarsi, poiché gli sfuggono di mano e lo travolgono grazie alla forza di impulsi incontrollabili. Per Aristotele la poesia è più filosofica della storia, perché mentre la prima tende all’universale, la seconda si riferisce a casi particolari e specifici. La passioni che travolgono Edipo, non riguardano suo lui, inteso come personaggio mitico, ma sono comuni al genere umano, come la paura, l’odio, la foia erotica. Laio, il padre di Edipo, appare nella tragedia come un uomo che non possiede nessuna idea della giustizia ed è privo di sensibilità umana e morale.

Infatti, per impedire che si avveri la profezia per la quale suo figlio lo avrebbe ucciso una volta venuto al mondo, Laio decide di abbandonarlo nelle montagne per provocarne la morte. Giocasta, la sposa sottomessa e fedele al marito, non interviene per impedire che questo atroce delitto sia compiuto da suo marito. L’identità di Edipo è mutevole, infatti da trovatello, tratto in salvo da un pastore mosso a pietà dai suoi vagiti, diviene re e potente a Tebe, dopo avere risolto con intelligenza l’enigma che la Sfinge gli ha posto sfidandolo con perfidia. Nella Atene del V secolo il parricidio e l’incesto vengono visti e considerati come crimini indicibili che sovvertono lo stato di natura e contaminano tutto ciò che vi è intorno: la casa, la famiglia, gli amici, l’intera città. Sarà la peste a mettere in ginocchio la città.

I dubbi sulla sua identità Edipo li ha ed inizia a provarli quando un ubriaco, durante un banchetto nella corte in cui si trova, lo insulta, rivelandogli che lui non è figlio del padre che ritiene di avere. In questo caso il destino appare ed assume la forma di una macchina che in modo inesorabile si rimette in moto. Fino a questo momento il silenzio e la reticenza hanno circondato la figura di Edipo, ignaro e inconsapevole della sua origine. Sarà sua madre Giocasta, una volta che l’avrà sposata, che con un indizio involontario fornirà a Edipo la conferma dei suoi peggiori sospetti. Infatti nel tentativo di rasserenarlo, per indurlo a non prestare fede ai vaticini, Giocasta descrive il modo come suo marito Laio è stato ucciso all’incrocio di tre strade, il luogo dove edipo in passato aveva commesso un delitto. Mosso dal bisogno di sapere, Edipo invia suo cognato Creonte al tempio di Apollo a Delfi per conoscere la verità.

Il responso della Pizia gli appare ambiguo e oscuro, e non dissipa i dubbi e i tormenti che attanagliano l’animo di Edipo. Edipo, re di Tebe, maledice l’assassino di Laio. In questo momento nella tragedia di Sofocle, per Guidorizzi, l’assassino del Re e l’uomo che afferma di seminare la sua vedova sono sempre quell’Edipo che sta maledicendo se stesso, poiché l’assassino, contro cui rivolge la sua maledizione, rappresenta il lato oscuro e la zona d’ombra che non ha ancora riconosciuto. Proprio per conoscere la verità, visto che il responso della Pizia al tempio di Apollo era stato ambiguo, Edipo chiede aiuto all’indovino Tiresia. Il dialogo tra Edipo e Tiresia costituisce uno dei momenti più nobili della tragedia, poiché viene messa a confronto la sapienza di Edipo, che appare legata alla razionalità e alla capacità di esprimere giudizi astratti, visto che è fatta di intelligenza, e quella di Tiresia, la cui origine è soprannaturale e proviene da una rivelazione divina.

Tiresia sa, ma non fa fatica per sapere, visto che la sua sapienza gli deriva da Apollo. Tiresia, sollecitato da Edipo, all’inizio oppone un rifiuto alla sua richiesta di conoscere la verità sulla sua origine e sulla morte di Laio. Poi, Tiresia confessa la verità, che verrà confermata dal pastore di Laio, unico sopravvissuto al delitto avvenuto all’incrocio delle tre strade. Nella parte finale della tragedia si ha la famosa agnizione, in cui Edipo conosce in preda all’orrore la sua identità e quella di Giocasta, sua madre. Per avere conferma della perfezione letteraria di questa tragedia, è sufficiente ascoltarne la storia per provare le emozioni tipiche di ogni tragedia: il terrore e la pietà. Giulio Guidorizzi ha scritto un saggio letterario sublime e fondamentale su questa tragedia di Sofocle.

(*) Sofocle, l’abisso di Edipo di Giulio Guidorizzi, Il Mulino 2020, 168 pagine, 14 euro


di Giuseppe Talarico